Suor Beena: Il mio pellegrinaggio nella piaga del Covid (I)
di Sr. Dr Beena Madhavath, UMI

Suor Beena Madhavath appartiene alla congregazione delle Orsoline di Maria Immacolata. Il suo ospedale a Mumbai è stato fra i primi a strutturare protocolli e aree adibite in modo speciale ai pazienti di Covid-19. Un’esperienza fatta di gioie, dolori, paure, ma anche speranze sostenute dalla fede.


Mumbai (AsiaNews) – Pronto soccorso, terapia intensiva, ma anche infondere speranza a chi è malato; confortare che è prostrato dalla solitudine del lockdown. Ma anche partecipare al dolore per i morti e trovare i segni di Dio nel buio di questa piaga… Sono alcune delle esperienze che suor Beena, da dottore, racconta in queste righe. Suor Beena Madhavath appartiene alla congregazione delle Orsoline di Maria Immacolata. È un dottore in ostetricia e ginecologia, con specializzazioni in Germania e Australia. Al presente è vice-direttrice dell’Holy Family Hospital di Mumbai e segretaria per il settore sanità dell’arcidiocesi. Ha voluto condividere con AsiaNews il suo “pellegrinaggio” nell’esperienza del Covid-19. La suora precisa che al suo ospedale hanno curato oltre 1200 malati di coronavirus, fra cui anche 10 sacerdoti e 10 suore. In India i casi positivi sono saliti a 2.647.663; i morti sono 50.921. Presentiamo qui la prima parte.

L’inizio del viaggio

Il mio pellegrinaggio nella pandemia di Covid-19 è iniziato nel febbraio 2020, quando ho sentito dei primi casi in India. All’inizio, ero bloccata dalla paura e dai timori sapendo bene cosa era successo in Cina e in Italia. E non sapevo come avremmo potuto gestire questa crisi, dato il contesto socioeconomico dell’India e le fragili infrastrutture sanitarie.

Il comitato amministrativo del nostro ospedale, l’Holy Family-Mumbai, ha compreso che il coronavirus sarebbe divenuto una enorme pandemia e avrebbe colpito in modo severo la nostra nazione, specie Mumbai. Così abbiamo iniziato subito a pianificare e metterci in azione. Siamo stati uno dei primi ospedali a prendere misure di controllo dell’infezione, compresi il trattamento delle febbri e la formazione. Mentre crescevano i casi positivi in tutto il Paese, abbiamo cominciato a offrire test e servizi di riferimento; invece, molti ospedali in India sono andati in lockdown per timore della pandemia. Verso metà marzo siamo riusciti a procurarci equipaggiamenti protettivi di alta qualità (PPE) per garantire la migliore protezione possibile al nostro personale medico. Per i dottori e gli altri impiegati abbiamo svolto diversi corsi intensivi di addestramento e di motivazione; allo stesso tempo, abbiamo preparato i diversi protocolli operativi standard.

A causa delle esigenze di maggior isolamento richieste, c’è voluto quasi un mese per trasformare e rendere operativa l’ala per i malati di Covid-19 e la terapia intensiva. Siamo stati uno dei primi ospedali a collaborare col governo nella battaglia contro il Covid-19, firmando un memorandum con le autorità locali e facendo partire un centro per la cura del Covid. Da allora in poi abbiamo assegnato 25 letti per l’uso esclusivo di pazienti Covid, oltre a 12 letti in terapia intensiva. Oggi, a causa della crescita a spirale del numero dei casi a Mumbai, ogni giorno ci prendiamo cura di circa 130 malati positivi al Covid, con 26 di loro sotto ventilazione.

Esperienze di gioia

Ognuno del personale sanitaria che si trova sul fronte di guerra contro il coronavirus deve affrontare il compito di curare i pazienti, ma deve anche combattere nel cacciare via le proprie preoccupazioni e lo stress emozionale.

Che cosa muove i dottori nel continuare a lavorare in queste strenue condizioni? Anzitutto, quando un paziente guarisce d diviene negativo al Covid, questo eleva il nostro spirito e ci motiva a fare ancora meglio il nostro lavoro e servizio ai pazienti e alla nazione. La mia esperienza personale come dottore è stata molto impegnativa, ma anche eccitante.

La gioia di salvare una vita: ricordo con chiarezza un incidente. Al pronto soccorso è arrivato un uomo di 71 anni con febbre e mancanza di respiro. Dopo averlo esaminato abbiamo notato un attutimento dei sensi e una saturazione di ossigeno al 58%. È stato dapprima stabilizzato e poi portato in terapia intensiva, con ventilatore. Ci sono volute quasi due settimane per farlo guarire in modo completo. Quando doveva andare a casa, è venuto a trovarci per dirci grazie con un fil di voce. Sono rimasta commossa da questo gesto e con me tutto il gruppo del personale medico: davvero un momento gratificante.

La gioia nell’alleviare la sofferenza: Ho avuto anche la possibilità di assistere al parto di una donna, positiva al Covid. Era la prima volta che assistevo a un parto indossando tuta, maschera, visiera, ecc… Dopo il parto, a mani giunte e con le lacrime agli occhi, la donna mi ha espresso tutta la sua gratitudine. Davvero un’esperienza di benedizione. Queste esperienze lasciano un’impressione duratura: nel mio cuore rimarranno sempre verdi e fresche. C’è anche un senso di compimento di soddisfazione in mezzo alle fatiche e al consumarsi che si prova in questi tempi così dolorosi.

La gioia di condividere le migliori pratiche con gli altri: Tutte queste esperienze sono state per me una grande occasione di apprendimento. Ho avuto anche la possibilità di condividere le mie conoscenze e alcune pratiche migliori con altri ospedali, attraverso due webinar organizzate dall’Associazione cattolica indiana per la salute (Catholic Health Association of India). Io sono anche membri dell’ufficio dell’arcidiocesi di Mumbai per la gestione della crisi, che tiene incontri regolati sulla situazione, verificando la risposta dei cattolici alla pandemia. Mentre condivido la mia esperienza, io vengo anche arricchita.

La gioia di donare responsabilità: Un altro impegno di frontiera con il Covid-19 è partito quando sono stata invitata dalla Catholic Health Association of India di partecipare a un progetto chiamato Corona Care Life (Prendersi cura della vita sotto il coronavirus). È una piattaforma web con alcuni call centre per chiunque volesse parlare sul coronavirus con una telefonata. Questo servizio è utile per le persone infette che cercano conforto e sostegno o persone che vivono nella paura e nel sospetto riguardo alla loro condizione. Abbiamo lanciato una piattaforma online offrendo incontri di sostegno in differenti lingue, lavorando con diverse organizzazioni: Chai, Project vision, Billion lives, Sister Doctor’s forum of India, e altre. Io ho coordinato le attività fra le suore che sono dottori in medicina. Alcune di loro hanno donato tempo per questo volontariato in modo generoso e hanno raggiunto i pazienti con compassione e gentilezza.

(Fine Prima Parte)