Camion di soldati russi si dirigono in Bielorussia
di Vladimir Rozanskij

Lo dimostrano video circolati sui social e analizzati dal gruppo Conflict Intelligence. Lukašenko (e Putin) citano le “minacce” della Lituania e della Nato. Proteste e scioperi in tutto il Paese. A Minsk, il presidente è zittito dagli slogan “Vattene! Vattene!”. Anche in Russia vi sono sostenitori delle proteste in Bielorussia.


Mosca (AsiaNews) - Numerosi camion Ural e KamAz senza numero di targa o altri segni distintivi, sono stati notati durante la giornata di ieri sulle autostrade che congiungono Mosca alla Bielorussia. I camion sono identici alle macchine in forza alla Rosgvardija, la guardia nazionale russa. I mezzi si dirigevano verso la frontiera bielorussa, secondo le conclusioni del gruppo Conflict Intelligence che ha analizzato i video fatti circolare sui social media (https://youtu.be/y5Yiruy0NXk). Anche diversi giornalisti hanno pubblicato informazioni al riguardo, come Vasilij Maksimov, che ha ripreso 30-40 camion a ovest di Smolensk, a circa 80 chilometri dalla frontiera con la Bielorussia. Alcuni video sono stati diffusi già il 16 agosto, anche con immagini di soldati dentro i camion; i dirigenti della Rosgvardija si sono rifiutati di commentare tali informazioni.

Nei giorni scorsi il presidente bielorusso Aleksandr Lukašenko ha avuto due colloqui telefonici con il presidente russo Vladimir Putin. Questi gli ha promesso “tutto l’aiuto necessario per assicurare la sicurezza della Bielorussia, in caso di minacce militari esterne”, alludendo a possibili interventi da parte delle forze lituane, o addirittura dalla Nato. Gli addetti stampa del Cremlino hanno comunicato la preoccupazione di Mosca per le “pressioni esterne” sulle proteste dei bielorussi. Le forze armate bielorusse hanno comunque cominciato “manovre di addestramento” nei pressi dei confini lituani.

Intanto nel Paese continuano da nove giorni le proteste e gli scioperi contro le elezioni contestate. La grandiosa manifestazione del 16 agosto ha ulteriormente rinvigorito la partecipazione di tutte le categorie di persone, rivelando ciò che alcuni osservatori chiamano “una crescita incredibile e rapidissima della coscienza civile del Paese”. A Minsk sono state esaurite le scorte di tessuto bianco e rosso, per realizzare le bandiere “autentiche” della Bielorussia, in contrapposizione a quelle rosso-verdi “sovietiche” imposte da Lukašenko.

Lo sciopero di ieri è stato esteso a tutto il Paese, compresi i principali giganti industriali. Le richieste degli scioperanti sono l’annullamento delle elezioni del 9 agosto e l’indizione di nuove elezioni, con l’ammissione di tutti i candidati, insieme al libero accesso alle fonti d’informazione e lo sblocco della rete internet, la fine delle violenze da parte della polizia e le dimissioni del presidente Lukašenko con tutto il comitato elettorale, accusati di falsificazioni. Anche l’unione dei giornalisti dei canali statali è scesa in sciopero, e perfino molti poliziotti abbassano gli scudi per abbracciare i manifestanti.

Lukašenko si è recato alla fabbrica di trattori di Minsk (foto 2), per incontrare gli scioperanti che lo hanno accolto con le grida “Vattene!” e “Vergogna!” (foto 1). Il discorso del presidente è stato drammaticamente inefficace, al punto da minacciare la folla: “Non ci saranno elezioni finchè non mi ucciderete… se eliminate il primo presidente, il nostro Paese verrà distrutto!”. Lukašenko ha promesso di “cedere parte dei suoi poteri, ma non sotto le pressioni della piazza”.

La candidata sconfitta Svetlana Tikhanovskaja, in “esilio” in Lituania, ha dichiarato in un nuovo video Telegram di essere pronta a rivestire il ruolo di leader del Paese in questo difficile periodo, e di voler organizzare nuove elezioni, questa volta libere e oneste. Il candidato rifiutato Valerij Tsepkalo ha invece comunicato la disponibilità delle opposizioni a concedere l’immunità a Lukašenko e ai membri della sua famiglia, se il presidente accettasse di farsi volontariamente da parte.

In Russia sono molti i sostenitori delle proteste bielorusse, sia nelle zone già in agitazione come la regione di Khabarovsk e dell’Estremo oriente, sia in diverse occasioni imprevedibili, perfino tra i tifosi delle partite di calcio. Ad esse si sono aggiunte le proteste dei difensori della montagna Šikhan Kuštaj in Baškortostan sugli Urali (foto 4), che il governo progetta di spianare per installare impianti industriali. Anche i dimostranti baškiri hanno espresso solidarietà ai bielorussi.