Le nuove installazioni di vescovi non sono tutto frutto dell’Accordo sino-vaticano
di Sergio Ticozzi

A differenza di quanto alcuni giornalisti affermano, le ultime cinque ufficializzazioni di vescovi hanno a che fare più con problematiche interne alla diocesi o di rapporti con il governo locale. L’analisi di p. Sergio Ticozzi, missionario Pime, esperto sinologo.


Hong Kong (AsiaNews) – Ieri, 18 agosto, mons. Francesco Saverio Jin Yangke (1958-) è stato installato ufficialmente come vescovo ordinario della diocesi di Ningbo (Zhejiang),  dopo due anni dalla morte dell’anziano vescovo mons. Matteo Hu Xiande, avvenuta nel 2017. Costui, avvicinandosi agli 80anni e sentendosi indebolire, si era sentito in dovere di ordinarlo suo vescovo coadiutore e lo aveva fatto un po’ alla chetichella il 28 novembre 2012. Alla sua morte, mons. Jin gli era succeduto tranquillamente, non solo come capo della diocesi, ma anche dell’Associazione patriottica locale.

Il Consiglio dei vescovi cinesi ha finalmente dato il consenso alla sua installazione e lo stesso presidente del Consiglio, mons. Giuseppe Ma Yinglin, ha presieduto alla cerimonia con la partecipazione di tutto il clero diocesano e di circa 200 fedeli.

Questa di ieri è la quinta installazione ufficiale a vescovi ordinari di diocesi, da quando Vaticano e Cina hanno firmato l’Accordo provvisorio, il 22 settembre 2018. Ci sono state anche due ordinazioni episcopali in comunità ufficiali. Ma per evitare equivoci occorre fare alcune precisazioni al riguardo.

Le ordinazioni episcopali di mons. Antonio Yao Shun (1965-) di Jining (Mongolia interna), il 26 agosto 2019, e di mons. Stefano Xu Hongwei (1975-) di Hanzhong (Shaanxi), il 28 agosto 2019, non sono il risultato dell’Accordo: le due ordinazioni erano in gestione da parecchi anni e l’iniziativa è partita rispettivamente dalla comunità e dall’anziano vescovo  locale.

Anche per le cinque installazioni occorre considerare le diverse circostanze e motivazioni. La prima è stata quella di mons. Pietro Jin Lugang (1956-) di Nanyang (Henan), il 30 gennaio 2019: era in trattativa da più di quattro anni ed inserita nel processo lento e faticoso degli otto sacerdoti non ufficiali di Nanyang, che si trovavano nel dilemma di registrarsi o di essere mandati via lasciando le loro chiese senza clero. Sono riusciti a trovare da soli, nonostante vari appelli, una soluzione pratica, tra cui l’ufficializzazione di mons. Jin.

Due sono state vere ufficializzazioni di vescovi clandestini: mons. Pietro Lin Jiashan (1934-) di Fuzhou (Fujian) e mons. Paolo Ma Cunguo (1971-) di Shuozhou (Shanxi). Mons. Lin già da tanto tempo auspicava di essere riconosciuto ufficialmente come “metropolita”, ma tergiversava e chiedeva l’autorizzazione da Roma. Alla fine, ormai 86enne e debole, forse spinto da alcuni sacerdoti con ulteriori motivi, ha accettato (9 giugno 2020). Mons. Paolo Ma ha fatto le cose con calma il 9 luglio 2020, con la cooperazione delle autorità locali, per evitare ulteriori difficoltà al ministero pastorale.

Le altre due installazioni, quella di mons. Pietro Li Huiyuan (1965-), ordinato vescovo nel 2014 da mons. Luca Li Jingfeng e succedutogli nel 2017) di Fengxiang, in Shaanxi (il 22 giugno 2020) e l’ultima di mons. Jin Yangke di Ningbo sono di vescovi già ufficiali, che dopo la morte del vescovo ordinario sono diventati loro successori, ma senza essere ufficialmente installati, perché la Conferenza episcopali per vari motivi ha tardato a dare il consenso. Il probabile motivo è che forse erano stati ordinati vescovi dai loro anziani predecessori in un modo ritenuto non troppo ossequiente alle regole. Alla fine hanno ricevuto il permesso e hanno fatto il passo senza perplessità perché erano già legati all’Associazione patriottica.

Come si vede, ogni avvenimento deve essere esaminato nei suoi particolari, che a volte sono difficili da discernere. Purtroppo alcuni giornalisti raggruppano tutti i recenti eventi in chiave “Accordo Sino-Vaticano” e danno interpretazioni che risultano per lo meno ambigue, se non false.