Contadini indiani: no alle nuove leggi sul commercio agricolo
di Biju Veticad

Favoriscono i grandi gruppi monopolistici, che ora potranno imporre i prezzi. I piccoli agricoltori vogliono continuare a vendere i propri prodotti tramite i depositi statali. Card. Alencherry: Non siano negati i diritti ai coltivatori. Governo: la liberalizzazione del settore creerà ricchezza. Per gli esperti, le agenzie pubblici non possono competere con le grandi aziende.


New Delhi (AsiaNews) – Montano le proteste contro le nuove leggi del governo Modi che liberalizzano il commercio agricolo. Il Senato (Rajya Sabha) ha approvato i due provvedimenti il 20 settembre; la Camera bassa (Lok Sabha) tre giorni prima. Per entrare in vigore dovranno essere firmate dal presidente della Repubblica Ram Nath Kovind. Migliaia di persone hanno inscenato proteste e organizzato blocchi stradali in Stati agricoli come Punjab (foto 1 e 2), Andhra Pradesh (foto 3), Kerala e Hariyana.

Per i piccoli agricoltori, la nuova normativa riduce il prezzo di sostegno ai loro prodotti agricoli, e limita la possibilità di stoccare la produzione nei magazzini statali, un sistema con tanti difetti ma che ha portato comunque buoni risultati, dato che gli agricoltori vengono pagati in anticipo dallo Stato. Finora i contadini potevano vendere le derrate direttamente alle agenzie pubbliche. Il timore è che con il nuovo schema il mercato finisca nelle mani di gruppi monopolistici.

Intervenendo a un webinar della Commissione Giustizia, pace e sviluppo della Conferenza episcopale del Kerala, il card. George Alencherry, arcivescovo maggiore della Chiesa siro-malabarese, chiede che “agli agricoltori non siano negati i loro diritti”. Secondo mons. Jose Pulickal, presidente della Commissione, la liberalizzazione è una minaccia permanente per i piccoli agricoltori, perché favorisce colossi come i gruppi Ambani e Adani, che ora potranno imporre i prezzi e controllare il mercato agricolo.

Tutti i partiti d’opposizione hanno protestato contro i provvedimenti. Contraria anche Harsimrat Kaur Badal, ministro per le Industrie della lavorazione del cibo, che si è dimessa il 17 settembre. Secondo Jayaram Ramesh, esponente del Congress, principale forza di opposizione, il governo aveva fretta di approvare il disegno di legge per salvare gli interessi individuali di alcune grandi compagnie che lo sostengono.

I cattolici del Punjab, che per la maggior parte sono lavoratori agricoli, si sentono minacciati dalla nuova realtà. “I contadini rischiano di non ottenere un giusto prezzo per le loro merci, e a lungo andare potrebbero indebitarsi”, spiega ad AsiaNews p. Subin Thekkedath, responsabile delle opere sociali della diocesi di Jalandhar.

L’amministrazione Modi difende l’iniziativa, affermando che porterà grandi vantaggi a tutti i contadini del Paese, perché essa promuove una maggiore circolazione dei prodotti agricoli da uno Stato all'altro e al loro interno. I sostenitori del governo osservano che la normativa non smantella il sistema d’acquisto di riso e granaglie da parte delle agenzie pubbliche, e non elimina il prezzo minimo garantito dei prodotti agricoli. Per diversi osservatori, però, i depositi statali faticheranno a competere con i grandi gruppi in un mercato concorrenziale.