Economia post-Covid in Cina: su le industrie costiere; ferme le province interne

Bene Pechino, Shanghai e Guangdong. In grave difficoltà Tibet, Xinjiang, Gansu e Qinghai. Secondo il China Beige Book, le autorità cinesi stanno mentendo. Le piccole e medie imprese continuano ad avere difficoltà. Proteste nel settore delle costruzioni.


Pechino (AsiaNews) – I grandi gruppi industriali della costa accelerano la ripresa post-emergenza Covid-19, al contrario delle aziende delle province interne. L’economia cinese va a due velocità e le autorità stanno mentendo sul pieno recupero economico. È il risultato di uno studio del China Beige Book, una società di ricerche indipendente.

Pechino sta usando i recenti dati positivi per costruire la narrativa del successo nella lotta alla pandemia di coronavirus, e mostrarsi come il primo Paese a rimettersi in moto dopo la prima ondata del morbo polmonare. Le cifre ufficiali parlano di una crescita economica del 3,2% nel secondo trimestre dell’anno, rispetto allo stesso periodo del 2019, dopo il crollo del 6,8% tra gennaio e marzo. Per gli analisti, il Pil cinese potrebbe crescere del 5% nei terzo trimestre del 2020.

Secondo il China Beige Book, sulla base di un’indagine su 3.300 aziende, ci sono al momento due realtà economiche nel Paese. Le aree industriali di Pechino, Shanghai e Guangdong recuperano a grande velocità; il resto del Paese fatica a riprendersi. Le province interne non registreranno alcun incremento della produzione tra il secondo e il terzo trimestre dell’anno. Le imprese in Tibet, Xinjiang, Gansu e Qinghai rischiano un drastico calo delle attività.

Il divario tra la costa e le province interne è confermato anche dalle differenze nel volume dei prestiti bancari: nelle zone costiere è 2-3 volte superiore a quelle dell’interno, come spiegato da 160 banchieri intervistati dal China Beige Book.

Le contraddizioni del recupero cinese emergono in altri ambiti. Il colosso delle consulenze Nomura riporta i problemi dell’industria dei trasporti, colpita ancora oggi dal calo delle persone che si spostano nel Paese. Se le grandi compagnie danno segni di una rapida ripresa, le piccole e medie imprese continuano poi a soffrire. Da gennaio, la ristorazione ha visto un crollo dei guadagni del 28,6% ; quella dell’intrattenimento del 48,6.

L’edilizia è un altro settore in grave crisi. Il China Labour Bulletin di Hong Kong evidenzia che il numero delle proteste dei lavoratori edili è cresciuto in modo esponenziale negli ultimi quattro mesi: tra maggio e agosto sono state 151, contro le 39 registrate da gennaio ad aprile. Le dimostrazioni sono dovute al mancato pagamento degli stipendi arretrati. Le imprese di costruzione non riescono a farvi fronte a causa del calo delle attività e della conseguente riduzione delle entrate.