Darkhan, Krzysztof Gniazdowski, salesiano da 25 anni

Dal 2007 è missionario in Mongolia. Dopo aver lavorato nella scuola tecnica della capitale, ora è impegnato nel centro giovanile a Darkhan. La parrocchia ha 250 fedeli, tutti locali. La povertà della popolazione e dei giovani.


Ulanbaatar (AsiaNews/Bosco Link) – Fratel Krzysztof Gniazdowski, unico salesiano polacco in Mongolia, ha celebrato da poco i suoi 25 anni di consacrazione come laico missionario. Ha preso i voti il 22 agosto 1995 e nel 2007 è stato inviato in Mongolia. Qui, con i suoi confratelli salesiani, egli è implicato nell’educazione dei giovani. Dapprima ha lavorato nella scuola tecnica che i salesiani hanno aperto nella capitale; ora fr. Krzysztof lavora a Darkhan, nell’estremo nord del Paese, nel centro giovanile legato alla parrocchia di Maria Aiuto dei cristiani. “Questa – dice in un’intervista a un giornale polacco – è l’unica parrocchia in Mongolia dove tutti i 250 fedeli sono locali. Nella capitale si possono anche trovare coreani, filippini e cattolici di altre nazioni”.

La Chiesa in Mongolia ha celebrato nel 2017 i 25 anni della sua rinascita, con circa un migliaio di fedeli su una popolazione di oltre tre milioni.

Fr Krzysztof spiega il suo impegno, che è soprattutto fare amicizia e compagnia a anziani, giovani e bambini. Nel fine settimana vi sono il catechismo per i catecumeni e le celebrazioni liturgiche. Il carattere iniziale di questa evangelizzazione si vede dal fatto che in tutto il Paese non vi sono famiglie interamente cristiane: i convertiti sono distribuiti qua e là, uno per famiglia, a seconda dei loro incontri.

La Mongolia, il “Paese dal cielo blu”, affascina per i suoi paesaggi, le sue tradizioni culturali e religiose. La maggioranza dei mongoli segue un credo sciamanico e un’influenza buddista (tibetana); meno dello 0,3% è cattolico.

Fr. Krzysztof è colpito dalla profonda povertà degli abitanti. E racconta: “Alcune famiglie in Mongolia vivono in estrema povertà, alle periferie della città, vicino alle discariche di rifiuti. La loro vita dipende da quanto riescono a recuperare dai rifiuti. Un giorno stavo per buttare via delle scarpe Adidas, molto consumate. In quel momento si avvicina un ragazzo e mi chiede di dare a lui quelle scarpe così consunte. Lo stesso giorno, l’ho visto all’oratorio che giocava felice indossando quelle vecchie scarpe. Il mio pensiero è semplice: Io ho fatto la professione di povertà, ma questi giovani la vivono! La semplicità e l’umiltà di questi mongoli colpiscono il mio cuore. Sto imparando molto dai giovani mongoli e dalle loro famiglie”.