Il nostro messaggio è Cristo; non siamo una ong
di Alfred Maravilla SDB

Anche nei luoghi dove non è possibile proclamare ad alta voce il nome di Gesù, la testimonianza dei cristiani deve essere così limpida da suscitare l’interesse per Gesù. Una riflessione del consigliere per le missioni dell’istituto salesiano, già missionario in Papua Nuova Guinea. La forza dei salesiani in Asia.


Roma (AsiaNews) - I missionari non sono anzitutto dei “fornitori di servizi sociali”, ma evangelizzatori che proclamano “il mistero di Gesù di Nazareth, Figlio di Dio”.  E nei luoghi dove “non possiamo nemmeno menzionare il nome di Gesù né esibire simboli cristiani”, occorre che la testimonianza sia così limpida da “suscitare l’interesse” per Gesù. È quanto afferma in questa breve riflessione don Alfred Maravilla, salesiano filippino, 57 anni, con una lunga esperienza missionaria di 21anni in Papua Nuova Guinea.  Dal marzo scorso egli è consigliere al Dicastero delle missioni del suo ordine. Quella di non ridurre la presenza cristiana a “una ong” è una preoccupazione continua di papa Francesco, fin dall’Evangelii Gaudium, e di Benedetto XVI e Giovanni Paolo II prima di lui.

I salesiani in Asia sono presenti in 21 Paesi con 4268 membri (dati di gennaio 2020). Oltre al lavoro pastorale, sostengono quasi 1000 istituti di istruzione (dalle università alle scuole d’infanzia).

 

La festa di Natale ci porta nel cuore della nostra fede cristiana. Tuttavia, quando si elimina ogni riferimento alla nascita di Cristo, non è più Natale. Infatti, non c’è Natale senza Gesù Cristo!

Siamo spesso invitati ad aprire una presenza salesiana in molti luoghi perché apprezzano la nostra pastorale per i giovani poveri e abbandonati, la formazione tecnica nei nostri centri o il nostro lavoro sociale a favore dei rifugiati, dei giovani emarginati e degli sfollati. Questa è una grande benedizione. Ma potrebbe anche diventare un rischio. Noi salesiani potremmo rischiare di concentrarci così tanto sul nostro lavoro per la promozione umana e lo sviluppo dei poveri e degli emarginati che potremmo finire meno come evangelizzatori e più come operatori sociali o fornitori di servizi sociali. Se questo accade, presto il desiderio di fare del bene si affievolirà e la gioia di evangelizzare non si sentirà più. Non c’è missione senza Cristo! Infatti, “Non c’è vera evangelizzazione se il nome, l’insegnamento, la vita, le promesse, il Regno, il mistero di Gesù di Nazareth, Figlio di Dio, non siano proclamati”! (S. Paolo VI, Evangelii Nuntiandi, 22).

Certamente, “Nessun credente in Cristo, nessuna istituzione della Chiesa può sottrarsi a questo dovere supremo: annunziare Cristo a tutti i popoli” (Redemptoris Missio, 3). Ma ci sono situazioni o contesti in cui non possiamo nemmeno menzionare il nome di Gesù né esibire simboli cristiani. In questi casi, anche se non è prudente parlare di Gesù, non dobbiamo mai perdere quel desiderio interiore e quell'intenzione intima di fare ciò che facciamo per testimoniare Gesù. La sfida è vivere in modo tale che la nostra testimonianza di vita diventi un mezzo per suscitare l’interesse a scoprire la persona di Gesù. Infatti, “all'inizio dell’essere cristiano non c’è una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva.” (Benedetto XVI, Deus Caritas Est, 1).

Vivere oggi lo spirito missionario di Don Bosco significa rinnovare ogni giorno il nostro incontro personale con Gesù Cristo non per predicare noi stessi ma per essere credibili portatori del Messaggio che portiamo: nostro Signore Gesù Cristo!