Beirut: presto beato il patriarca Douayhi, primo storico della Chiesa maronita
di Fady Noun

Il card Beshara Raï ha firmato il rapporto dei medici, che attestano una guarigione miracolosa grazie alla sua intercessione. Una reputazione di santità iniziata da quando era in vita. Negli anni attribuiti diversi miracoli. La sua figura un richiamo alle radici e ai valori originari per la comunità maronita odierna.


Beirut (AsiaNews) - Il patriarca Estephan (Etienne) Douayhi (1630-1704), una delle glorie della Chiesa maronita, sta per essere beatificato, come ha annunciato il 16 dicembre scorso dalla sede patriarcale maronita di Bkerké il card Beshara Raï. Il porporato ha firmato in pubblico il rapporto dei medici, i quali attestano una guarigione miracolosa dovuta alla sua intercessione. 

La guarigione in questione è quella di Rosette Zakhia Karam, una donna sposata che soffriva di una poliartrite sieronegativa che le aveva fatto perdere una gran parte della propria autonomia. La sua guarigione è avvenuta in maniera istantanea, dopo una preghiera in famiglia davanti alla statua del patriarca Douaihy, che si erge sulla piazza antistante la chiesa di Ehden, e dopo aver preso un pezzetto di terra che circonda il piedistallo della statua con il suo caffè. Pressoché invalida, Rosette Karam si è subito sentita meglio tanto da coprire una grande distanza a piedi per andare a trovare sua sorella, distante due chilometri dalla chiesa. 

Il dossier relativo alla sua guarigione deve essere esaminato e autentificato dalla commissione medica della Congregazione per le cause dei santi. Secondo il postulatore della causa, p. Boulos Azzi, non è il primo miracolo attribuibile all’intercessione del patriarca Douaihy ma quest’ultimo è certo quello che ha maggiore documentazione a livello medico. 

Commentando questo avvenimento per i membri della Fondazione patriarca Estephan Douaihy presenti a Bkerké per l’occasione, il patriarca Raï ha rivelato di aver parlato di questo dossier in ottobre a papa Francesco, in occasione dell’ultima visita a Roma, durante la quale egli ha partecipato al concistoro per l’elevazione dei nuovi cardinali. “Ho detto a sua Santità - ha spiegato il porporato - che contavamo su una sua parola rivolta al card Marcello Semeraro, che presiede la Congregazione per le cause dei santi, perché l’esame del dossier del patriarca Douaihy si accelerato e la sua eventuale beatificazione coincida con le celebrazioni per il centenario del Grande Libano. La risposta non ha tardato ad arrivare e, il giorno successivo, alla messa domenicale che è seguita al concistoro il cardinale mi ha promesso che avrebbe fatto seguito alla richiesta di papa Francesco”. 

Nato il 9 agosto 1630, festa di Sant’Etienne, a Ehden (Libano-Nord), Estephan Douaihy è una figura di grande importanza per la tradizione maronita. Egli è considerato alla stregua di un “padre della storia maronita” e “pioniere del sentimento nazionale libanese”. Questo è uno degli aspetti più importanti che la sua beatificazione potrà rivestire per il Libano. 

La sua reputazione di santità è iniziata sin da quando era ancora in vita. Destinato al sacerdozio e formato sin dall’adolescenza al Collegio maronita a Roma, durante gli studi egli è stato colpito da una grave malattia agli occhi, al punto che i suoi superiori avevano pensato di rimandarlo in Libano, Tuttavia, egli ha saputo guarire in modo miracoloso in seguito a un voto fatto alla Madonna. Interrogato dalle persone a lui più vicine e agli amici, egli non ha mai voluto rivelare la natura di questo voto, sapendo custodirlo per tutto il corso della sua vita con estrema facilità. Inoltre, una volta guarito egli riacquisterà una vista paragonabile a quella di un’aquila che non gli è più venuta meno. Predicatore dotato, egli è stato anche un autore prolifico nel contesto di una vita assai movimentata. La sua opera letteraria, storica, teologica è stata consacrata per intero alla Chiesa maronita. Egli ha saputo gettare le basi di una storia della Chiesa maronita che resiste ancora oggi come un punto di riferimento incontrovertibile. 

Eletto patriarca in giovane età (40 anni), grazie anche alla sua intelligenza viva e alla pietà che lo contraddistingueva, Estephan Douaihy che in precedenza era stato vescovo maronita di Cipro, ha regnato sullo scranno di san Marone dal 1670 al 1704, anno della sua morte avvenuta a Qannoubine, nella valle santa, dove è stato sepolto all’interno della grotta di santa Marina. 

Il suo patriarcato è stato fra i più duri. Esso è stato a lungo nel mirino degli Ottomani, padroni del monte Libano per circa due secoli, e ha subito numerose persecuzioni, tanto dal pascià di Tripoli, quanto per le tirannie e le estorsioni dei governatori Hamadé. Per scappare da loro, egli ha soggiornato a tratti nel corso degli anni nelle regioni centrali del Monte-Libano (Kesrouan e Chouf), amministrando con saggezza gli affari della Chiesa maronita. Ed è stato lui che, nel 1795, negli anni della maturità, ha accolto i tre fondatori dell’Ordine libanese maronita, venuti da Aleppo - dove lui stesso aveva prestato servizio negli anni di sacerdozio - per vivere come eremiti nella valle santa. 

Oltre alle brillanti qualità intellettuali, durante la vita gli sono stati attribuiti molti miracoli: la guarigione di un bambino malato, che diventerà il futuro patriarca Philippe Gemayel, aver fermato e impedito catastrofi naturali come un incendio, piogge torrenziali e la caduta di massi.

Proclamato venerabile da papa Benedetto XVI, il Libano spera che possa essere beatificato nel 2021 prima della chiusura del centenario della creazione del Grande Libano (1 settembre 1920). 

Insieme al patriarca Elias Hoayek, il “padre fondatore del Grande Libano”, dichiarato venerabile anche da Benedetto XVI, Estephan Douaihy è il secondo patriarca maronita che potrebbe essere elevato agli onori degli altari. Forse più di quest’ultimo, egli è al centro di una serie di figure ammantate di santità nate prima del mandato francese e dell’indipendenza (1943), che bene illustrano lo spirito di fortezza cristiana di un Libano “le cui radici storiche sono di natura religiosa”, riferendosi formula elaborata da Giovanni Paolo II. Ed è senza dubbio da una migliore conoscenza e da una maggiore fedeltà a queste radici, che la comunità maronita potrebbe trarne giovamento in occasione della sua beatificazione.