Il nuovo porto di Colombo rischia di diventare una ‘colonia cinese’
di Kusal Perera*

Sarebbe parte di uno scambio con cui lo Sri Lanka ha ottenuto un nuovo prestito da Pechino. Nell’accordo rientrerebbe anche la gestione futura dello scalo di Hambantota, ora in mano ai cinesi. L’ambasciata della Cina invita i parlamentari srilankesi a “visitare” la nuova struttura.


Colombo (AsiaNews) – Diventerà una “colonia cinese”. È quanto pensa la classe media della capitale, compresi alcuni elettori del presidente Gotabaya Rajapaksa, del nuovo porto di Colombo, se sarà approvato dal Parlamento il progetto di legge sull’istituzione di una zona economica esclusiva nell’isolotto artificiale dove sorgerà la struttura.

Secondo diverse petizioni presentate alla Corte suprema, la creazione di una commissione – con forte influenza cinese – per la gestione del nuovo scalo rappresenta una violazione dell’integrità territoriale e della sovranità dello Sri Lanka.  

Anche gli Stati Uniti hanno mostrato fastidio per il disegno di legge. Il 10 aprile l’ambasciatrice Usa a Colombo Alaina B. Teplitz ha detto che il provvedimento deve tenere conto dell’impatto economico del nuovo porto: “Tra le conseguenze indesiderate potrebbe esserci la creazione di un rifugio per i riciclatori di denaro e altri tipi di attori scellerati”. Secondo l’inviata di Washington,  “un ambiente commerciale permissivo” rischia di favorire il proliferare di attività “illegali”.

Alcuni osservatori hanno speculato che il sostegno del governo srilankese e della sua maggioranza al provvedimento abbia favorito l’ottenimento di un nuovo prestito cinese. Lo stesso discorso vale per la rinuncia di Rajapaksa a rivedere il contratto d’affitto del porto di Hambantota, gestito da Pechino. Il 22 marzo, l’ambasciatore di Colombo in Cina ha detto al South China Morning Post che lo Sri Lanka non ha intenzione di rinegoziare l'accordo sullo scalo meridionale. Palitha Kohona ha definito “spazzatura” le notizie che sostengono il contrario.

Con la firma di un memorandum d’intesa il 12 aprile, Pechino ha concesso a Colombo un prestito di 500 milioni di dollari, seconda tranche di una linea di credito da un miliardo di dollari. Due settimane prima che il disegno di legge sul nuovo porto di Colombo approdasse in Parlamento, mentre erano in corso i negoziati per la seconda parte del prestito, l’ambasciatore dello Sri Lanka presso la sede di Ginevra delle Nazioni unite ha criticato il rapporto del relatore speciale dell’Onu sulla libertà religiosa. C.A. Chandraprema ha difeso il governo cinese sulla questione dei musulmani uiguri dello Xinjiang.

In soccorso di Pechino è arrivato anche Kohona. Egli ha affermato che nessuno ha espresso “una preoccupazione significativa per la condizione degli uiguri. Come nel caso dello Sri Lanka, ci sono alcuni Paesi che sono determinati a sollevare problemi in situazioni in cui non ci sono problemi, a creare confusione dove non vi è confusione”.

L’atteggiamento “autoritario” dell’ambasciata cinese a Colombo alimenta l’idea dello scambio di favori tra il governo dello Sri Lanka e quello di Pechino. Dopo che l’amministrazione Rajapaksa ha dato il via libera al progetto di legge sulla zona economica esclusiva, i diplomatici cinesi hanno offerto ai parlamentari locali una visita guidata al nuovo porto della capitale.

Harshana Rajakaruna, deputato dell’opposizione, ha domandato perché l'ambasciata cinese vuole portare i parlamentari srilankesi in visita allo scalo. Rajakaruna fa notare che il nuovo scalo è di proprietà del governo dello Sri Lanka, e che i membri del Parlamento non hanno bisogno dei diplomatici cinesi per visitarlo. Per tutta risposta, la sede diplomatica cinese ha dichiarato di non vedere alcun problema a organizzare il tour, sottolineando che ciò è stato già fatto per migliaia di visitatori, anche durante la pandemia.

 

(*) Giornalista e analista politico ed economico con sede a Colombo