Padre Swamy rifiuta l'ospedale: 'Posso anche morire in carcere'

In una drammatica videoconferenza davanti all'Alta Corte di Mumbai il gesuita di 84 anni in prigione da ottobre con l'accusa di terrorismo, denuncia il deterioramento della sua salute: "Otto mesi fa mangiavo da solo e camminavo, oggi non più. Il ricovero non cambierebbe nulla, voglio la libertà su cauzione per tornare dalla mia gente". 


Mumbai (AsiaNews) – Padre Stan Swamy rifiuta il ricovero in ospedale e invoca il diritto alla libertà su cauzione. Il gesuita indiano di 84 anni dallo scorso ottobre detenuto nel carcere di Taloja con l'accusa di terrorismo per il suo impegno in favore delle popolazioni tribali, lo ha sostenuto ieri in prima persona comparendo in videoconferenza di fronte all'Alta Corte di Mumbai convocata per valutare le sue condizioni di salute.

Nei giorni scorsi - dopo la denuncia da parte della sua famiglia e dei confratelli sul peggioramento del suo stato fisico già minato dal morbo di Parkinson - padre Swamy era stato condotto al JJ Hospital, un ospedale pubblico di Mumbai, per essere visitato. A preoccupare erano anche la tosse e la febbre denunciata dal religioso in un colloquio telefonico, che facevano temere il contagio da Covid-19, come già accaduto ad altri detenuti del carcere di Taloja.

L'Alta Corte avrebbe acconsentito al suo ricovero nell'ospedale ma - durante un'udienza nel quale è apparso a tutti evidente l'aggravamento delle sue condizioni di salute - è stato proprio padre Swamy a opporsi dalla prigione, dove nel frattempo è stato ricondotto. “Al JJ Hospital ci sono già stato tre volte - ha risposto il gesuita - conosco la situazione: non voglio essere ricoverato là. Potrei soffrire, forse morire anche molto presto se il peggioramento delle mie condizioni dovesse andare avanti. Ma preferisco questo piuttosto che essere portato in ospedale. L'unica cosa che chiedo al sistema giudiziario è di esaminare la domanda di libertà su cauzione: è la mia unica richiesta”.

Padre Swamy è apparso molto provato: lui stesso ha ricapitolato le conseguenze che la prigione ha provocato sul suo fisico. “Durante questi otto mesi - ha detto - c'è stata una lenta ma costante regressione di ogni funzione del mio corpo. Otto mesi fa mangiavo da solo, riuscivo a scrivere, a camminare, a fare il bagno. Tutte queste cose stanno scomparendo una dopo l'altra. Il carcere di Taloja mi ha portato a una condizione in cui non sono in grado né di scrivere né di camminare da solo. Qualcuno mi deve nutrire. Sto chiedendo di considerare il perché e le modalità attraverso cui è avvenuto questo deperimento della mia salute. Ieri sono stato portato all JJ Hospital e ho avuto l'opportunità di spiegare quanto mi danno in carcere. Il deterioramento è più forte delle loro pillole”.

La Corte aveva proposto in subordine anche il ricovero in una struttura privata, l'ospedale della Sacra Famiglia nel quartiere di Bandra, gestito dalle suore Orsoline di Maria Immacolata. Ma anche di fronte a questa possibilità padre Swamy è rimasto fermo nella richiesta della libertà su cauzione. Ha risposto: “Non penso che farebbe alcuna differenza. Qualsiasi cosa accada voglio poter stare con la mia gente”. Alla fine l'Alta Corte di Mumbai ha nuovamente rinviato al 7 giugno l'esame dell'istanza di scarcerazione, raccomandando al carcere di Taloja di fornire nel frattempo a padre Swamy tutte le cure prescritte dal JJ Hospital.