Carrie Lam, la ‘marionetta’ di Xi Jinping, è una ‘predatrice della libertà di stampa’

È il duro giudizio di Reporter senza frontiere nei confronti del capo dell’esecutivo di Hong Kong. Accusata di aver spinto alla chiusura il giornale pro-democrazia Apple Daily. La leader cittadina è criticata anche dai giganti dell’hi-tech. Intimoriti dalle legge sulla sicurezza, continuano a sciogliersi i gruppi filo-democratici.


Hong Kong (AsiaNews) – Una “predatrice della libertà di stampa”. È il giudizio di Reporter senza frontiere (Rsf) nei confronti di Carrie Lam. L’organizzazione umanitaria ha inserito il capo dell’esecutivo cittadino nella lista dei 37 capi di Stato e di governo accusati di reprimere la libertà d’informazione. In questa speciale classifica annuale, Lam è in compagnia fra gli altri del presidente cinese Xi Jinping, del leader nordcoreano Kim Jong-un, dello “zar” russo Vladimir Putin, del principe ereditario saudita Mohammed bin Salman e del premier ungherese Viktor Orban.

Rsf descrive Lam come una “marionetta” di Xi, impegnata a eliminare i simboli cittadini della libertà di stampa. Il gruppo cita il congelamento dei beni e l’arresto dei vertici di Apple Daily, azioni che hanno portato alla chiusura del giornale pro-democrazia fondato dal magnate Jimmy Lai. Altra critica è quella di aver imposto un sistema di auto-censura a Rthk, la locale rete pubblica.

Lam è anche nel mirino dei giganti dell’hi-tech. Ieri un consorzio d’imprese tecnologiche ha minacciato di bloccare i propri servizi e gli investimenti a Hong Kong se l’esecutivo locale approverà una controversa legge sulla protezione dei dati personali. Società come Google, Facebook e Twitter hanno espresso preoccupazione per i loro dipendenti nella città, che rischierebbero di essere incriminati in base alle nuove regole.

La proposta di legge prevede multe fino a 1 milione di dollari HK (circa 110mila euro) e un massimo di cinque anni di prigione a chi rivela senza autorizzazione dati personali di altre persone – con l’intenzione di minacciarle o intimidirle. Lam ha risposto oggi che tutte le preoccupazioni legate al provvedimento spariranno una volta che esso entrerà in vigore, come accaduto per la legge sulla sicurezza nazionale.

La draconiana normativa voluta da Pechino per soffocare il movimento democratico continua però a mietere vittime. Nelle ultime due settimane, come riportato dalla Hong Kong Free Press, otto formazioni filo-democratiche si sono sciolte: l’ultima in ordine di tempo è stato il Progressive Lawyers Group, che non ha motivato però la decisione. Gruppi come il Neo Democrats and Community Sha Tin hanno sottolineato invece che la propria chiusura è dettata dai timori per la legge sulla sicurezza e il mutamento di clima politico a Hong Kong. Finora il caso di scioglimento più eclatante è stato quello di Demosisto, il partito pro-democrazia di Joshua Wong dissoltosi subito dopo l’adozione del provvedimento il 30 giugno 2020.