Appello di un parroco dello Sri Lanka per il rispetto dei civili
di Danielle Vella

Il sacerdote descrive ad AsiaNews il massacro di 13 tamil avvenuto nella piccola isola di Katys. "Le persone vengono uccise da chi dovrebbe proteggerli".


Colombo (AsiaNews) - Appello di padre Amalathas Anthonypillai, parroco nella piccola isola di Kayts al largo della città di Jaffna, per la sicurezza della popolazione, dopo che 13 civili tamil sono stati massacrati all'inizio di questo mese ed oggi è stata la volta di 12 lavoratori edili, che erano impegnati in un progetto statale in un villaggio nei pressi di Batticaloa. Fra le vittime, uccise il 13 maggio a colpi di arma da fuoco, si contano 2 bambini. Principali indiziati come colpevoli del delitto i ribelli separatisti del Liberation Tigers of Tamil Eelam (Ltte, Tigri Tamil) e i componenti dello Sri Lankan Navy (Sln), forza militare che controlla l'isola. I 13 civili sono stati uccisi in due diversi attentati a Allaipiddy e Velanai, parte nord del Paese, zona di guerra fra il Ltte e le forze di sicurezza.

In una dichiarazione ad AsiaNews padre Amalathas, parroco di Allaipiddy, si appella alla comunità internazionale: "La priorità è tutelare la popolazione civile. I diritti della gente andrebbero salvaguardati, invece queste persone subiscono la più grave delle violenze, vengono assassinati. Questo non è accettabile, soprattutto perché sono le forze di sicurezza ad uccidere le persone che dovrebbero proteggere. Il popolo tamil non merita queste sofferenze, le ha già provate per troppo tempo. Dobbiamo fare in modo che si rispettino i diritti umani nella nostra terra".

L'appello di padre Amalathas, rivolto alle forze di sicurezza, coincide con la decisione dell'Unione europea (Ue) di contrastare il Ltte. Infatti ieri, 29 maggio, l'Ue ha deciso di aggiungere le Tigri Tamil alla sua lista di organizzazioni terroristiche ricercate. Questo significa che tutte le proprietà dei ribelli nei paesi Ue sono congelati. Le Tigri Tamil, che ricevono fondi da alcuni connazionali emigrati in Europa, sostengono che la mossa non farà altro che aumentare le "presupposti per una guerra".

Questa dichiarazione suona come una minaccia per i civili. Gli omicidi di  Kayts sono solo un terribile esempio di tutte le vittime dalla guerra civile in Sri Lanka. Anche oggi, per i 12 lavoratori Sinhalesi uccisi nella parte est del Paese, l'esercito accusa i ribelli, ma le Tigri Tamil negano il proprio coinvolgimento. Dall'inizio di aprile 2006 l'aumento delle violenze ha provocato circa 300 vittime. Il massacro di Kayts si distingue dagli altri solo per il particolare scioccante di un bambino di 4 anni ed uno di 4 mesi uccisi nel sonno insieme ai genitori.

Fra le vittime del 13 maggio la famiglia Ketheeswaran ed altre 4 persone che vivevano vicino alla parrocchia di San Filippo Neri a Allaipiddy. Padre Amalathas ricorda quella notte: "alle 8.20 ho sentito degli spari, e ho visto la gente che si rifugiava in chiesa". Padre Amalathas è stato il primo a correre al luogo, dove ha trovato i corpi senza vita e altre tre persone ferite. All'inizio il personale della marina Sln si è opposto alla richiesta del sacerdote di accompagnare i feriti all'ospedale di Jaffna. L'autorizzazione è arrivata solo in un secondo momento, dopo aver contattato il giudice del distretto. Uno dei feriti, un uomo, è morto più tardi in ospedale. Nello stesso momento, nelle vicine Velanai e Vangalady, una banda di giovani armati e mascherati, che parlavano Sinhala e Tamil, hanno ucciso altre 4 persone.

La marina e le Tigri Tamil si accusano l'un l'altra per gli omicidi, ma padre Amalathas è d'accordo con i residenti, che accusano dei delitti la Sln. "Ho chiesto al padrone della casa attaccata a Allaipiddy e alla moglie di una delle vittime – dichiara il sacerdote – sono entrambi testimoni oculari. Si dicono convinti che tre dei quattro assalitori di Allaipiddy sono uomini dell'Sln già conosciuti in precedenza. Il padrone della casa ha un piccolo negozio e gli uomini della Sln vanno a comperare sigarette e altre cose. I sopravvissuti dichiarano che loro possono fornire istruzioni per un identikit".

Padre Amalathas aggiunge di aver informato la Sln di queste accuse, ma questi non hanno fatto nessuna indagine, nonostante controllano l'isola. Al contrario, negano ogni responsabilità e insistono a dire che sono in grado di assicurare la sicurezza nell'isola, affermazione nella quale non crede né padre Amalathas né la gente del posto.

A causa di queste dichiarazioni, il sacerdote ha lasciato Allaipiddy insieme a molta della sua gente. "I capi della Sln hanno tenuto un incontro per la popolazione dove affermano che sono in grado di garantire la sicurezza e che anche io, sacerdote di una parrocchia, sarei stato incaricato in prima persona a lavorare per la pace. Ho rifiutato, non sono credibili. Non torneremo fino a che non ci saranno negoziati tra le due parti, e non ci garantiranno entrambi la sicurezza".

Mahinda Rajapakse, presidente dello Sri Lanka, annuncia che saranno svolte  indagini per trovare i colpevoli. Intanto Amnesty International sottolinea in una dichiarazione sugli omicidi che "siamo di fronte ad un ennesimo esempio di indagini incomplete o non efficaci da parte del governo. Il risultato è che chi è responsabile di tali atti rimane il più delle volte impunito".

Anche i civili, che da due decadi devono affrontare il peso delle ostilità, non hanno fiducia nelle indagini. "So che la gente ha sofferto molto e per molto tempo", aggiunge padre Amalathas. "Nel 1990 – continua - 84 giovani sono stati arrestati nelle isole minori quando le forze di sicurezza hanno iniziato la cosiddetta Operazione di forza. Da allora non abbiamo più notizie di questi ragazzi. Ora, dopo 16 anni, ancora un grave atto di violenza che terrorizza il villaggio. La gente supplica, non devono più subire queste violenze".