Contadini indiani al presidente: "La crisi economica è insopportabile, ci uccidiamo"

Un gruppo di braccianti del Maharashtra minaccia di togliersi la vita a causa della siccità, che rende impossibile per loro ripagare i debiti contratti nel corso dell'anno. Negli ultimi cinque anni già 3600 coltivatori hanno fatto questa scelta.


Mumbai (AsiaNews/Agenzie) – Un gruppo composto da dozzine di coltivatori di cotone indiani ha scritto al presidente del Paese per chiedere il permesso di suicidarsi, data l'impossibilità di uscire dalla crisi economica e pagare i debiti che hanno contratto. Lo denunciano oggi attivisti civili e gruppi di sostegno per i braccianti.

Secondo statistiche ufficiali, negli ultimi cinque anni circa 3600 coltivatori di cotone si sono suicidati in quattro Stati occidentali e meridionali del Paese: le loro famiglie attribuiscono il gesto alla mancanza di acqua per i campi ed al poco denaro pubblico, che li ha costretti a contrarre debiti con tassi altissimi da usurai locali. Il numero di suicidi, secondo statistiche indipendenti, invece, sale fino a 18mila.

"Preferiamo morire – scrivono i 35 contadini di Dhamangaon, nello Stato occidentale del Maharashtra al presidente Kalam – piuttosto che raccogliere perdite anno dopo anno". Buona parte dei suicidi sopra citati proviene da questo Stato, insieme all'Andhra Prasesh, il Karnataka ed il Kerala.

Questo mese, il primo ministro indiano Manmohan Singh ha promesso uno stanziamento di 400 milioni di dollari da distribuire come prestiti una tantum, la riduzione degli interessi e la ristrutturazione dei debiti, oltre ad una moratoria di un anno per ripagare i mutui contratti dai contadini. "I lavoratori – dice però un portavoce del Shetkari Sangathana, unione dei braccianti – sono stanchi dell'apatia statale. Le promesse non vengono mai mantenute".