Padre Jaeger: una rinnovata Conferenza di Madrid per trasformare in pace il cessate-il-fuoco
Il mondo si rallegra perché il cessate-il-fuoco in Libano sembra tenere, ma padre David-Maria A. Jaeger, presidente dell'associazione culturale 'Europe-Near East Centre' (ENEC), da decenni attento osservatore delle vicende politiche e religiose della Terra Santa, sottolinea che la cessazione delle ostilità non è pace e che lo strumento per realizzare tale obiettivo è la riattivazione della Conferenza di Madrid, unico serio sforzo compiuto dalla comunità internazionale per dare una pace globale ai popoli della regione.

Gerusalemme (AsiaNews) - E' con grande senso di sollievo che si registra il "cessazione delle ostilità in Libano e l'arrivo della forza internazionale, secondo quanto previsto dalla risoluzione 1701 del Consiglio di sicurezza dell'Onu. Sia i libanesi che gli israeliani sono già impegnati nelle riparazioni dei notevoli danni provocata dalla reciprocamente distruttiva guerra, anche se, al momento in cui scriviamo, i prigionieri non sono ancora tornati a casa e gli accordi per stabilizzare la connessa tregua non sono stati ancora completati. Non c'è alcun motivo che impedisce di ritenere che tali obiettivi saranno presto realizzati. Niente, naturalmente, restituirà la vita ai morti, renderà nuovamente sani coloro che sono stati gravemente feriti, libererà dal dolore chi è nel lutto o rimuoverà i pesanti fardelli emotivi e di altro tipo da coloro che debbono occuparsi di chi è stato ferito e mutilato. E – è la considerazione più angosciosa – nessun serio passo sembra in atto per garantire che ciò non accada di nuovo.

Una "cessazione delle ostilità", un "cessate il fuoco" e persino un "armistizio" non sono pace – neppure approssimativamente. Di fatto è difficile trovare qualcuno da entrambe le parti, che attualmente non creda che – dopo qualche tempo, che permetta ai combattenti di riprendersi, di ricostruire i loro arsenali, di affinare le loro capacità – ci sarà un altro round. E poi, forse, un altro, e un altro…

Il primo ministro israeliano ha dichiarato che "questo non è il momento" per negoziare la pace con la Siria, mentre il primo ministro libanese ha affermato che il suo Paese "sarà l'ultimo Stato arabo che farà la pace con Israele". Un po' più a sud, i territori palestinesi occupati sono sempre teatro di sparatorie, caos e miseria, e la lista delle vittime si allunga ogni giorno. Soprattutto, non c'è prospettiva di pace, nessuna del tutto, di fatto nessuna prospettiva positiva di alcun tipo. La famosa "road map" è un reperto archeologico, il ritiro unilaterale pianificato di Israele da parti della Cisgiordania è stato esso stesso – inevitabilmente – ritirato… . Peggio ancora, la comunità internazionale sta beandosi nel suo modesto risultato di ampliare la forza delle Nazioni Unite nel sud del Libano ("Unifil 2") – sebbene la missione sia ancora incompiutamente definita, e venga ridisegnata e ristretta ogni giorno – con nessuna idea per andare oltre, verso una vera pace. La fiducia in una reale possibilità di pace sembra essere stata abbandonata e, insieme ad essa, la visione, il coraggio, la lungimiranza di sforzarsi per essa.

Sembra così facile contentarsi di aspettare – per la prossima maggiore crisi, forse per "Unifil 3"…

Pace, come insegna la tradizione cattolica, è in essenza "tranquillitas ordinis"; assenza di ostilità, certo, ma questa è anche frutto dell'ordine. Ed è lungo il tempo trascorso per mettere un po' d'ordine nella enormemente disordinata situazione all'interno ed intorno alla Terra Santa. Per aiutare Israele a raggiungere la pace con ognuna delle nazioni vicine, Palestina, Siria, Libano. Non separatamente o frammentariamente – come talvolta finora tentato – ma tutti insieme.

Un mio amico ha recentemente pubblicato un suo saggio su cosa una simile pace potrebbe volere, su quali potrebbero essere i principali contenuti dei relativi trattati. Ma una delle bizzarre caratteristiche dell'attuale situazione è che i "contenuti" della futura pace sono già ben noti, sono stati sostanzialmente calcolati ed espressi per anni. La mancanza di pace non è dovuta alla difficoltà di pensare i "contenuti" – qualcuno, naturalmente, resta ancora da essere elaborato, ma sono essenzialmente solo gli ultimi dettagli. Il problema è la mancanza di un "meccanismo" per tessere insieme questi "contenuti" in un tutto senza cuciture, l'assenza insomma di decise iniziative per porre in opera un "meccanismo".

Tale "meccanismo", una volta è stato creato ed anche avviato. Era un momento di grazia nei rapporti internazionali, all'indomani della "prima guerra del Golfo", quando l'Organizzazione delle Nazioni Unite, secondo quanto prevede il suo Statuto, ha agito per cacciare l'aggressore da un piccolo Paese, che il suo più potente vicino pensava di aver definitivamente cancellato. Il "meccanismo" era la "Conferenza regionale per la pace" di Madrid, che si è riunita per la prima volta nella capitale spagnola alla fine dell'ottobre 1991. Tutte le parti interessate avevano accettato l'invito ad essere presenti e, insieme all'invito, anche i principi guida di questo ultimo serio sforzo internazionale per mettere pace tra i popoli della Terra Santa ed i loro vicini. L'allora presidente statunitense George Bush, con l'allora Unione Sovietica (che presto sarebbe divenuta la Federazione russa) guidavano l'iniziativa e le due grandi potenze presiedevano insieme la Conferenza. Ben presto, però, il tentativo fu abbandonato. Alcuni dei partecipanti pensavano di poter raggiungere migliori risultati raggirandolo. Forse qualcosa ebbero, a breve, brevissima scadenza, ma abbandonando lo sforzo di una pace veramente "regionale" – basata sia su trattati bilaterali di pace correlati, sia su accordi multilaterali riguardanti questioni comuni (l'ambiente, l'acqua, il commercio…) – alla fine non hanno aiutato l'impegno complessivo, effettivamente emarginandolo, togliendolo internazionalmente dal tavolo, con le (involontarie) deplorevoli conseguenze che, alcuni anni più tardi, sono divenute così dolorosamente evidenti.

Ora, per quanto sia dato sapere, la Conferenza di Madrid non è stata mai ufficialmente chiusa. E' lì, sullo scaffale, che aspetta di essere ripresa e rimessa in moto. E' interessante, inoltre, che il livello di formali "carte" internazionali, dal 1991 si è sviluppato in modo da poter rendere il suo lavoro più facile, le sue prospettive più chiare. Per esempio, c'è stata, fra le altre, la risoluzione 1559 (ora ribadita dalla 1701); il reciproco riconoscimento fra le Nazioni israeliana e palestinese, nel 1993; e , forse la più significativa – l'iniziativa del Vertice di Beirut della Lega araba (prima chiamata "Iniziativa saudita") del marzo 2002, che prevede pace tra Israele e tutti i Paesi membri della Lega Araba, un totale rovesciamento dei noti "Tre no" del vertice di Kartoum del 1968 della stessa Lega…

Una rinnovata Conferenza di Madrid, se i suoi due co-presidenti avessero l'audacia e la lungimiranza di riconvocarla, potrebbe lavorare anche su questi elementi, e molti altri, per edificare quell'ordine che potrebbe mettere la Terra Santa e i Paesi confinanti in una duratura "tranquillità di ordine".