A Teheran non tutti seguono gli ayatollah nel criticare il papa
di Darius Mirzai

Per molti iraniani Benedetto XVI è una personalità di grande prestigio morale, per le sue critiche al legame fra religione e violenza. Ma per i cristiani c'è il rischio di maggiore emarginazione.


Teheran (AsiaNews) – Nel paese degli ayatollah non tutti sono d'accordo nel criticare il papa; per alcuni, anzi, le sue critiche al legame fra religione e violenza, gli danno un grande prestigio morale. Ma la comunità cristiana rischia di soffrire ancora più emarginazione. Ieri il ministero degli esteri ha convocato il nunzio vaticano mons. Angelo Mottola (definito "cardinale Angelo Michele" dall'agenzia ufficiale Irna) per esprimergli "la profonda ansia e obiezione verso le affermazioni anti-islamiche di Benedetto XVI".

Da giorni il mullah Ahmad Khatami moltiplica le dichiarazioni clamorose contro il Papa che "non ha neppure letto il Corano", "appoggia la politica di Bush", ecc. Ma alla manifestazione indetta ieri dalle scuole teologiche di Qom (la patria di Khomeini) hanno partecipato solo 200 persone. Segno di debolezza o magari, già effetto delle dichiarazioni del Card. Bertone, riprese in prima pagina di tutti i giornali iraniani. La stampa parla delle "scuse" del Papa ai musulmani.

Un altro segno di distacco dalla retorica anti-papa è la posizione dell'ex presidente Mohammed Khatami, che sospende il giudizio sul discorso di Benedetto XVI a Regensburg finché non avrà letto tutto il testo. Anche l'attuale presidente iraniano Ahmadinejad, con prudenza, ha chiesto un'"analisi teologica islamica" del discorso papale.

In realtà il clero sciita in Iran sta usando la polemica con il papa per una nuova ondata di vittimismo. L'anno iraniano 1384 (2005-06), cominciato poco tempo dopo la polemica sui fumetti di Maometto, è stato dedicato dalle autorità di Teheran alla figura del profeta dell'islam. Da qualche mese, il regime iraniano usa tutte le occasioni per presentarsi come vittime d'"islamofobia", in parte per non rimanere in coda nella gara per la guida dell'islamismo internazionale; in parte per far dimenticare problemi economici o politici interni.

Il papa dunque è criticato per aver messo in discussione il legame fra islam e jihad.

Ma la condanna dell'idea di "jihad" non è un insulto per la maggioranza degli Iraniani. Per le strade di Teheran vi sono grandi affreschi inneggianti alla gloria degli "shahid" (cosiddetti martiri) locali. Vi è pure quello di una madre palestinese, pronta a suicidarsi con lo slogan: "Amo il mio bambino, ma amo ancora più il martirio". Ma quasi nessuno ci crede: i passanti, un po' impacciati o disgustati, non vi prestano attenzione. Del resto, a Teheran, dopo la "divina vittoria" dello sciita Nasrallah in Libano, non vi sono state manifestazioni di gioia. Per il regime iraniano diviene sempre più difficile utilizzare le parole papali per rafforzare il proprio islamismo politico. Forse fra qualche giorno per la propaganda sarà magari più utile esagerare la portata delle "scuse della Chiesa verso i musulmani".

L'"Assemblea degli esperti", gruppo di circa 80 mollah che hanno il potere di scegliere o pure dimettere la Guida Suprema, ieri ha reso pubblica una dichiarazione apologetica per il jihad, espressione della lotta degli oppressi. L'Assemblea ha condannato le "affermazioni anti-islamiche" di Papa Ratzinger e le ha attribuite all'influsso di leader politici arroganti. Sul piano politico, l'Assemblea si è anche chiesta perché il Papa dimentica i crimini commessi dal regime sionista (Israele) e non parla dei problemi in Irak, Afghanistan, ecc.

Ma per molti iraniani, l'importante nella presente polemica, è quello che non è stato detto: l'interlocutore di Manuele II Paleologo, nella citazione contestata al discorso papale, è Ibn Hazn, un persiano. Il rifiuto del papa del nesso fra religione e violenza viene usato per rafforzare le critiche locali agli ayatollah. Nessuno dimentica, poi, che il papa tedesco è andato in pellegrinaggio ad Auschwitz e questo è un'ulteriore critica alla leadership iraniana, negatrice dell'Olocausto. Così, in diversi circoli, le parole del Papa hanno suscitato un'emozione profonda che mostra il prestigio morale del successore di Pietro nella Repubblica islamica.

Dopo anni di khomeinismo, la popolazione iraniana è in maggioranza anticlericale, ma la religiosità e il patriottismo sono vivaci. Ahmad Khatami non convincerà nessuno della propria sincerità, ma l'immagine del cristianesimo nella società iraniana potrebbe soffrire della presente polemica.

Che succederà per i cristiani in Iran? La tendenza all'esilio o alla conversione semi-forzata continuerà tramite leggi discriminatorie e di emarginazione sociale. É probabile che alcuni parlamentari cristiani saranno costretti a fare delle critiche moderate al Vaticano, un prezzo da pagare per sopravvivere in pace. Presto, tutta la polemica sarà dimenticata, eccetto che dagli estremisti, per definizione chiusi al dialogo – e, purtroppo, per le minoranze cristiani. Ieri, 200 seminaristi di Qom erano per le strade, ma alcuni fedeli cristiani, per timore, non sono andati in chiesa.