A Gaza il 79% delle famiglie vive in povertà
Nella Striscia la disoccupazione è al 40%. Secondo un economista dell'Unctad, l'economia della zona "rischia di implodere".

Gaza (AsiaNews) - I palestinesi, secondo la Banca mondiale, stanno vivendo la peggiore crisi economica della loro storia: peggio di tutti sta il milione e 400mila abitanti della Striscia di Gaza. Qui, nell'aprile di quest'anno, il 79% delle famiglie viveva a livello di povertà e la disoccupazione era al 40%.

Ad aggravare la situazione concorrono fattori interni, come la crescita della popolazione (tra il 3 e il 5% all'anno), ed esterni, come la pratica impossibilità per gli abitanti di trovare lavoro fuori dalla Striscia, provocata dalle continue chiusure imposte dagli israeliani ai posti di frontiera, o il bombardamento della centrale elettrica, che ha privato gli abitanti del 45% della loro energia. Il tutto reso ancora più complicato dal blocco degli aiuti internazionali, deciso da Usa ed Europa dopo la vittoria elettorale di Hamas.

Sono alcuni dei dati in base ai quali Sara Roy, docente al Center for Middle Eastern Studies della Università di Harvard parla di "inarrestabile declino" e di "pauperizzazione" dell'economia di Gaza. In uno studio per il "The Palestine Center", pubblicato dal Lebanonwire, la Roy evidenzia ulteriori fattori di crisi come la voluta, strutturale e profonda dipendenza della Striscia dall'economia israeliana che è andata avanti per 30 anni. Di conseguenza, la chiusura dei confini nel 1993, e il successivo "disimpegno" dello Stato ebraico nel 2005 hanno avuto un effetto "distruttivo". "Decenni di espropriazione e deistituzionalizzazione hanno privato i palestinesi delle loro potenzialità per lo sviluppo, impedendo l'emergere di praticabili strutture economiche (e quindi politiche)".

La vittoria elettorale di Hamas e la successiva formazione del suo governo hanno poi tolto all'Anp i due fondamentali introiti dell'aiuto internazionale – che sono stati valutati dalla Banca mondiale in circa un miliardo di dollari l'anno – e delle tasse doganali che Israele preleva per conto dei palestinesi, per un importo di circa 55 milioni di dollari l'anno.

L'impatto combinato del blocco degli aiuti internazionali e dell'impossibilità per i palestinesi di lavorare fuori dalla Striscia ed anche di commerciare con il mondo esterno hanno fatto esplodere la crisi economica. Così, la disoccupazione che nel 1999 era a meno del 12%, ora è al 40%.

In queste condizioni, anche la crescita della popolazione rappresenta un problema. Con un incremento tra il 3 e il 5% annuale, per il quale la metà della popolazione ha 15 anni o meno, in campo educativo per I prossimi quattro anni mancano 1.517 insegnanti  984 aule. Se poi si volesse portare il livello scolastico di Gaza a quello della Cisgiordania, mancherebbero 7.500 docenti e 4.700 aule. In campo sanitario, poi, per mantenere gli attuali liveli di servizio mancano 425 medici, 520 infermiere e 465 posti-letto.

Secondo le Nazioni Unite, se non ci saranno cambiamenti nel 2007 la metà della forza lavoro di Gaza sarà priva di occupazione e l'economia palestinese sarà calata del 35% rispetto al 2005. Al tempo stesso, l'84% dei lavori che esistevano nel 2005 saranno andati persi. A quel punto, a giudizio di Raja Khalidi, un economista dell'Unctad, "l'economia palestinese imploderà a livelli non visti per generazioni".

Una soluzione possibile non risiede tanto nel ritorno degli aiuti internazionali, che servono solo alla sopravvivenza, quanto nella "liberazione" di Gaza dagli attuali impedimenti. La popolazione della Striscia, insomma, dovrà poter lavorare e commerciare con Israele e gli altri Paesi confinanti.