Seoul ripensa l'unificazione, Pyongyang ruba i beni umanitari
di Joseph Yun Li-sun

Il ministro sudcoreano dell'Unificazione ha rassegnato oggi le sue dimissioni. Nel frattempo, infuria la polemica sulla politica di dialogo incondizionato che Seoul mantiene con Pyongyang e sull'invio di beni umanitari, che finiscono solo sui tavoli dell'esercito o nel programma bellico nordcoreano.


Seoul (AsiaNews) – Il ministro sudcoreano dell'Unificazione ha presentato oggi al presidente Roh le sue dimissioni "dopo il test nucleare effettuato da Pyongyang, che dimostra come i miei sforzi per una pacificazione della penisola siano finiti in fumo". Le sue dimissioni entrano nel grande dibattito che anima la Corea del Sud, sempre più scontenta del "dialogo incondizionato" di Seoul con la parte nord della penisola.

Il ministro, Lee Jong-seok, non sconfessa questa politica: "Credo solo che sia necessaria, per un posto come questo, una persona con capacità migliori delle mie. Tuttavia, non vedo grandi errori nella politica di dialogo con la Corea del Nord e sono sicuro che questa verrà portata avanti dal mio successore". Parlando ai cronisti, Lee ha aggiunto che "il presidente Roh non contesterà la mia scelta".

La decisione del ministro è stata invece letta dei media coreani come una conferma ai dubbi della popolazione e dei partiti di opposizione sudcoreani, che sempre di più si interrogano sull'utilità di continuare a mantenere una linea dialogica con il regime stalinista guidato da Kim Jong-il.

In questa controversia, un punto fondamentale è rappresentato dagli aiuti umanitari inviati al Nord dalla comunità internazionale, in particolar modo da Cina e Corea del Sud.

A Seoul si sono svolte diverse manifestazioni spontanee di protesta contro la decisione del governo di "non interrompere, ma ridurre, l'invio di beni al Nord" e molti hanno accusato Kim Jong-il di utilizzare i mezzi ed in fondi destinati alla popolazione per uso bellico.

Questa accusa trova molte conferme: agli inizi di settembre è stato reso pubblico un filmato di 3 ore - girato da un rifugiato che è riuscito a varcare il confine meridionale del Paese – che mostra l'esercito nordcoreano mentre si appropria dei beni alimentari destinati alla popolazione.

In quell'occasione, Ho Hye-il - che lavorava come guardia di sicurezza per il regime guidato da Kim Jong-il ed è poi scappato - ha confermato ai media sudcoreani che le immagini "mostrano solo la verità. Solo il 30 % delle razioni inviate dalla Corea del Sud viene distribuito alla popolazione. Il resto, appena scaricato, viene preso con la forza dai militari, che se lo tengono".

Un'altra denuncia viene da un lungo articolo, pubblicato oggi da un giornale di opposizione, che prende di mira il Complesso industriale inter-coreano di Gaesong, più volte definito "il capolavoro della sunshine policy", la politica lanciata dall'ex presidente Kim Dae-jung che predica una diplomazia basata sulla collaborazione incondizionata con Pyongyang. Nel Complesso operano aziende sudcoreane con impiegati nordcoreani e viceversa.

Secondo le stime del giornale, anche i nordcoreani che lavorano lì vengono truffati dal regime di Pyongyang con "il colpevole silenzio di Seoul". Un operaio del complesso guadagna 57,5 dollari americani al mese, ma "alla fine del mese se ne trova in tasca solo 1,8". Questo perché "il regime trattiene in automatico 22,5 dollari per l'assicurazione sul lavoro e le spese sanitarie; inoltre, costringe gli operai a cambiare la valuta straniera in won nordcoreani al tasso, deciso da loro, di 143 contro 1". Al mercato nero, un dollaro può arrivare a valere 5mila won.

I beni e gli aiuti del Sud non vengono però solo rubati alla popolazione che muore di fame. Secondo la denuncia di un'organizzazione cinese che lavora a favore della Corea del Nord di Dandong, nel Liaoning, "fra il 70 e l'80 % dei beni inviati alla Corea del Nord dopo il disastro di Yongchon del 2004 sono stati requisiti dal regime che li ha poi rivenduti, a prezzi maggiorati, ai cittadini".

I cinesi accusano inoltre Pyongyang di "gonfiare le cifre ed i dati relativi ad ogni catastrofe nazionale, per ottenere sempre più beni anche di tipo non umanitario". I beni rubati ed immessi sul mercato vengono poi "venduti a prezzo maggiorato perché 'merce di importazione'".

Questa operazione, concludono i cinesi, "non è inusuale: è ciò che succede a tutto ciò che regaliamo alla Corea del Nord".