Nucleare, dopo un anno a Pechino torna il negoziatore di Kim Jong-il

Nella capitale cinese sono già presenti i rappresentanti di Stati Uniti, Russia, Corea del Sud e Giappone. Tokyo non accenna alla possibilità di dialoghi multilaterali, mentre per Washington è possibile un dialogo diretto con il regime.


Pechino (AsiaNews/Agenzie) – E' arrivato oggi nella capitale cinese il vice-ministro nordcoreano degli Esteri, che ha il compito di riprendere i colloqui a 6 sul disarmo nucleare o almeno di trovare un compromesso con i rappresentanti cinesi ed americani.

I colloqui multilaterali sono in stallo ormai da 12 mesi, dopo l'abbandono del tavolo da parte proprio del rappresentante di Pyongyang. Il test atomico annunciato dal regime stalinista il 9 ottobre scorso ha peggiorato la situazione, spingendo il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ad emettere delle sanzioni finanziarie contro la Corea del Nord.

Kim Kye-gwan – che si dice essere un "protetto" del Caro Leader nordcoreano – è l'ultimo ad arrivare nella capitale cinese: sono già a Pechino, infatti, i rappresentanti di Stati Uniti, Corea del Sud, Giappone e Russia. Proprio la presenza di Cristopher Hill, negoziatore Usa, fa sperare in un dialogo diretto fra Pyongyang e Washington.

Secondo Sean McCormack, portavoce del Dipartimento di Stato americano, questa è "un'opportunità certamente aperta", mentre lo stesso Hill sottolinea che "la questione più importante per noi è far sapere che siamo ben preparati a questi colloqui, che arriveranno molto presto a degli accordi precisi".

Kenichiro Sasae, rappresentante nipponico, ha confermato "colloqui separati con Cina e Stati Uniti", ma non ha accennato alla possibilità di "dialoghi multilaterali". Tokyo ha più volte espresso il suo disappunto per il test atomico del 9 ottobre ed è arrivato ad approvare sanzioni unilaterali contro il regime.

Pyongyang aveva accettato nel settembre 2005 di partecipare al tavolo a 6 sul disarmo nucleare in cambio di energia e benefici economici. I dialoghi si sono interrotti bruscamente due mesi dopo, quando Washington ha impedito al regime di accedere alle banche straniere ed ha accusato i nordcoreani di riciclaggio di denaro e falsificazione di dollari.