In vista delle Olimpiadi, niente scuole per i figli di migranti
A Shanghai, chiusa una scuola per bambini migranti, gli scolari sono parcheggiati in un edificio senza lezioni e senza mensa. Le autorità non rispondono alle richieste per una sistemazione stabile. A Pechino e Shanghai decine di migliaia di piccoli senza istruzione.

Shanghai (AsiaNews/Agenzie) – Dopo la chiusura coatta di una scuola per figli di migranti, insegnanti e genitori cercano una soluzione per gli oltre 2mila studenti "illegali" nella metropoli. In vista delle Olimpiadi la Cina sta chiudendo migliaia di scuole per migranti, per abbellire le città, nascondendo le contraddizioni.

 

Yao Weijian, insegnante dell’Anhui che nel 1996 ha fondato la scuola elementare e media Jianying Hope, ha detto ieri di essersi rivolto al governo dell’Anhui “per trovare una soluzione”. La chiusura forzata della scuola  crea enormi problemi per gli studenti, figli di migranti che per l’80% provengono dall’Anhui: essi non sanno dove andare perché le altre scuole di Shanghai non li accettano, o chiedono rette troppo alte. La Jianying Hope chiede circa 1.700 yuan a trimestre (circa 170 euro); le altre scuole chiedono molto di più. Alcune arrivano a domandare fino a 10 mila yuan a trimestre. I figli di migranti non residenti non hanno diritto a frequentare le scuole pubbliche, come pure sono privi di assistenza medica.

 

Fondatore e genitori si sono anche rivolti al governo di Shanghai, che però ha rimesso il problema al distretto di Putuo dove sorge l’istituto. Ora gli studenti sono tenuti in un edificio inutilizzato presso la vicina scuola elementare Chaoyang, ma non si sa per quanto tempo e non sono state attivate lezioni. Un insegnante dice che presso questo edificio “gli studenti hanno solo pane da mangiare, perché nemmeno c’è una mensa. I genitori sono preoccupati, ma sarebbe peggio dovere rimandare [i bambini] nella città natale o lasciarli in mezzo alla strada”.

 

La scuola è stata chiusa l’8 gennaio da circa 300 poliziotti che hanno fatto irruzione durante le lezioni e hanno caricato gli studenti su pullman per portarli altrove. Un testimone riferisce al South China Morning Post che gli insegnanti e genitori presenti sono stati aggrediti e i giornalisti e fotografi sono stati portati in prigione. Le autorità negano qualsiasi violenza.

Il governo distrettuale dice che la scuola non è autorizzata, l’edificio “non è sicuro” e “i docenti non sono qualificati”. Ma Zhen Maohui, direttore della scuola, commenta che “il governo distrettuale vuole fare quanto è più vantaggioso per valorizzare” il terreno, demolendo un vicino impianto chimico e l’edificio della scuola per utilizzare il terreno per altri fini. Operai edili sono già all’opera in alcune classi. Zhen racconta che a dicembre è stato pestato da ignoti, quando si è opposto alla distribuzione agli studenti di volantini con l’invito a lasciare la scuola.

 

Nelle grandi città cinesi vivono milioni di migranti illegali, sul cui lavoro si fondano le rapide costruzioni a basso costo che hanno permesso il boom edilizio. Ma in vista delle Olimpiadi del 2008, la Cina vuole eliminare le baraccopoli e gli altri segni evidenti della presenza di migranti illegali, che contrastano con l’immagine di Paese di rapida crescita economica. Nel 2006 il governo di Pechino ha chiuso 239 scuole frequentate da oltre 95mila figli di migranti; stessa politica sta seguendo Shanghai. A dicembre Pechino ha annunciato che abolirà le tasse scolastiche per 150 milioni di studenti nelle zone rurali, per diminuire il divario economico tra le povere regioni agricole e le ricche province costiere; con evidenza, nell’annunciato beneficio non sono compresi i figli di decine di milioni di contadini migranti. (PB)