Il “Gesù di Nazaret” di Ratzinger-Benedetto XVI
di Franco Pisano
“Frutto di un lungo cammino interiore” il libro del Papa, “non magisteriale” vuole proporre il Gesù “storico”, a partire dai Vangeli, superando le letture che ne hanno fatto un rivoluzionario o un mistico. E’ la prima parte di un’opera che si occuperà di tutta la vita terrena di Cristo, e vuole “favorire nel lettore la crescita di un vivo rapporto con Lui”.

Città del Vaticano (AsiaNews) - Il cristianesimo non è una teoria, ma l’incontro con una Persona. Questo principio, tante volte enunciato da Benedetto XVI, è in fondo all’origine del “Gesù di Nazaret”, il libro nel quale egli cerca di raccontare, scrive, “la mia ricerca personale del ‘volto del Signore’”, con il proposito di “favorire nel lettore la crescita di un vivo rapporto con Lui”.

Presentato oggi in Vaticano e da lunedì 16 aprile – giorno dell’ottantesimo compleanno di Joseph Ratzinger – in 22 edizioni linguistiche in tutto il mondo, il volume – di 448 pagine, edito da Rizzoli al costo di 19,50 euro – è “frutto di un lungo cammino interiore” del quale rappresenta la prima parte, “i primi dieci capitoli che vanno dal battesimo nel Giordano alla confessione di Pietro ed alla trasfigurazione”, mentre la futura seconda parte si occuperà dell’infanzia di Gesù. L’opera, “non è in alcun modo un atto magisteriale”, per cui “ognuno è libero di contraddirmi”.

L’oggetto dell’indagine del papa-teologo è, dunque, Gesù. Ma, si chiede, quale Gesù? Dagli anni ’50, rileva l’autore, “i progressi della ricerca storico-critica condussero a distinzioni sempre più sottili tra i diversi strati della tradizione”, offuscando l’immagine sulla quale poggia la fede: si è andati dal “rivoluzionario antiromano” al “mite moralista”. Sono, commenta il teologo Ratzinger, “molto più fotografie degli autori e dei loro ideali che non la messa a nudo di una icona fattasi sbiadita”.

Ma proprio i “fatti storici” della vita di Gesù e la imprevedibile diffusione che solo a pochi anni dalla sua vicenda terrena aveva il cristianesimo indicano l’assoluta straordinarietà della sua figura. Che non si può capire se non a partire dal dato “veramente storico: l’essere relativo a Dio di Gesù e la sua unione con Lui”. “Questo è anche il punto di appoggio su cui si basa questo mio libro: considera Gesù a partire dalla sua comunione con il Padre. Questo è il vero centro della sua personalità. Senza questa comunione non si può capire niente e partendo da essa Egli si fa presente a noi anche oggi”.

Il Gesù dei Vangeli è quello “storico”

E poiché si parla di una persona, il metodo storico è irrinunciabile: la fede “si fonda sulla storia che è accaduta sulla superficie di questa terra”. Altrimenti “la fede cristiana viene eliminata e trasformata in un’altra religione”.

Il Gesù del libro è dunque il Gesù dei Vangeli: “’Gesù storico’ in senso vero e proprio. Io – scrive Benedetto XVI - sono convinto, e spero che se ne possa rendere conto anche il lettore, che questa figura è molto più logica e dal punto di vista storico anche più comprensibile delle ricostruzioni” offerte negli ultimi decenni.

Questo Gesù è quindi anche “l’ultimo profeta” preannunciato dall’Antico Testamento e precisamente il “nuovo Mosè”, che porterà la “vera liberazione” del suo popolo. Ma, più di Mosè che “come un amico”, aveva “parlato faccia a faccia” con Dio, ma non aveva avuto la facoltà di vederlo, Gesù “vive al cospetto di Dio, non solo come amico, ma come Figlio; vive in profonda unità con il Padre”. E’ da qui che viene la risposta alla domanda “dove Gesù abbia attinto la sua dottrina, dove sia la chiave per la spiegazione del suo comportamento”. Se ne avrà evidente conferma con le beatitudini. Del “discorso della montagna”, Benedetto XVI evidenzia numerosi particolari. A partire dalla “montagna”, che non viene geograficamente indicata dai Vangeli, “ma per il fatto che è il luogo del discorso di Gesù, è semplicemente ‘la montagna’, il nuovo Sinai” ed arrivando alla folla raccoltasi, che è di Galilea, “una striscia di terra che era considerata per metà pagana” , ed “è in realtà la prova della sua missione divina”, rivolta quindi a tutte le genti. Così, soprattutto per il discorso, “la nuova Torah, portata da Gesù”, che “riprende i comandamenti della Seconda tavola e li approfondisce, non li abolisce”. A ben guardare, poi, nei “paradossi” presentati da Gesù nelle beatitudini – beati i poveri, i piangenti, odiati e perseguitati – si esprime “ciò che significa discepolato”. Il significato delle Beatitudini “non può essere spiegato solo in modo teorico: viene proclamato nella vita, nella sofferenza e nella misteriosa gioia del discepolo che si è donato interamente al seguito del Signore”.

Ma, ricorda il Papa, l’attività pubblica di Gesù – alla quale è dedicato questo volume – ha inizio col suo battesimo. Numerose, anche in questo iniziale capitolo, le sottolineature. A partire dalla possibilità - evocata da Benedetto XVI anche nel corso dell’ultima messa “in coena Domini” – che “Giovanni il Battista e forse anche Gesù e la sua famiglia” fossero “vicini” alla comunità degli esseni, fino al fatto che, nel suo battesimo da parte del Battista, c’è “l’accettazione della piena volontà divina”, il prendere il posto dei peccatori, l’anticipazione della morte sulla croce.

Le sfide di Gesù per l’oggi

“Gesù di Nazaret”, però, non è solo una profonda meditazione sulla figura e la vicenda del fondatore del cristianesimo, è anche una riflessione pastorale e quindi uno sguardo sull’oggi. Si va dall’accenno alla “terra purtroppo così tormentata” quando parla della Palestina, alla critica all’”egoismo” dell’uomo di Nietzsche, a quella – radicale - ai mali provocati dal “prescindere da Dio” da parte della società contemporanea. Così, quando ricorda le “tentazioni” di Gesù, a proposito della prima, “trasforma le pietre in pane”, chiede: “il problema dell’alimentazione del mondo – e, più in generale, i problemi sociali – non sono forse il primo e autentico criterio al quale deve essere commisurata la redenzione?”. “Il marxismo ha fatto  proprio di questo ideale – in modo comprensibilissimo – il cuore della sua promessa di salvezza: avrebbe fatto sì che ogni fame fosse placata”. E’ la sfida che anche oggi si pone alla Chiesa: “preoccupati anzitutto del pane del mondo”. Il racconto evangelico mostra che “Gesù non è indifferente di fronte alla fame degli uomini e ai loro bisogni, ma li colloca nel loro giusto contesto e dà loro il giusto ordine”. Che è quanto non si fa oggi. Neppure quando si vuole aiutare. “Gli aiuti dell’Occidente ai Paesi in via di sviluppo, basati su principi  puramente tecnico-materiali, che non solo hanno lasciato da parte Dio, ma hanno anche allontanato gli uomini da Lui con l’orgoglio della loro saccenteria, hanno fatto del Terzo Mondo il Terzo Mondo in senso moderno. Tali aiuti hanno messo da parte le strutture religiose, morali e sociali esistenti e introdotto la loro mentalità tecnicistica nel vuoto. Credevano di poter trasformare le pietre in pane, ma hanno dato pietre al posto del pane. E’ in gioco il primato di Dio. Si tratta di riconoscerlo come realtà, una realtà senza la quale nient’altro può essere buono. Non si può governare la storia con mere strutture materiali, prescindendo da Dio. Se il cuore dell’uomo non è buono, allora nessun’altra cosa può diventare buona. E la bontà di cuore può venire solo da Colui che è Egli stesso la Bontà, il Bene”.