Alla ricerca di una collaborazione che finora non c’è stata
Esperti economici e imprenditori leader nell'isola di Hainan invitano a cercare una primaria cooperazione. La Cina rilancia l’importanza dei “valori asiatici”. Ma l’esigenza appare legata soprattutto a calcoli economici e alla necessità di contenere l’inquinamento.

Pechino (AsiaNews/Agenzie) – Imprenditori ed economisti chiamano Cina e India ad un’ampia collaborazione, che finora non c'è stata, per lo sviluppo industriale e la lotta all’inquinamento, nel nome della riscoperta dei “valori asiatici” e della reciproca utilità. E’ il coro unanime emerso dal Forum Boao, svoltosi questo fine settimana nell'isola di Hainan.

Wu Bangguo, presidente del Congresso nazionale del popolo cinese, ha sottolineato che “in Asia le diverse civiltà si sono sviluppate con influenze reciproche e una continua integrazione, formando valori comuni”. La Cina sta facendo frequente richiamo ai “valori asiatici”, quali il rispetto per l’autorità, la ricerca del successo economico, l’importanza della famiglia e della comunità sociale rispetto al singolo individuo. Analisti hanno osservato, tuttavia, che alcuni di questi valori, come il rispetto e l’importanza della famiglia, sono propri anche della cultura occidentale e che è da verificare se l’enfasi degli Stati per il successo economico - per non parlare del rispetto delle autorità - corrisponda a un reale principio di utilità sociale o non, piuttosto, a un’esigenza del potere politico e dei grandi gruppi commerciali.

La cooperazione tra i due giganti asiatici è ostacolata da vecchi rancori e perduranti diffidenze. Non è ancora dimenticata la guerra di confine dei primi anni ’60, mentre New Delhi ha sempre visto con sospetto gli stretti rapporti di Pechino con lo storico rivale Pakistan. Il commercio bilaterale è di soli 25 miliardi di dollari e i reciproci investimenti sono molto limitati. Alan Rosling, direttore esecutivo della Tata Sons, prima compagnia indiana, è giunto a dire che, considerate queste basse cifre, “non ci sono ancora veri rapporti economici” tra i due Paesi e che può esserci un notevole incremento commerciale.

Lin Yifu, economista presso l’università di Pechino, ha osservato che la Cina può continuare a crescere del 9-10% annuo e l’India del 7-8%, per cui per entrambi i Paesi è importante che la loro crescita comprenda una maggiore cooperazione. Anche considerato che entrambi sono in competizione per attirare gli investimenti esteri, soprattutto dell’Occidente.

D’accordo i presenti al Forum, che hanno evidenziato il rischio che, altrimenti, i due Paesi sviluppino sistemi economici molto differenti e non integrati: già ora, le piccole e medie imprese cinesi hanno scarso accesso ai finanziamenti del sistema bancario controllato dallo Stato seppure lo Stato si occupa di sviluppare le infrastrutture, mentre in India si vuole promuovere l’impresa privata e lo sviluppo è ostacolato dalla mancanza di adeguate infrastrutture.

La collaborazione è ritenuta fondamentale anzitutto per la tutela dell’ambiente, anche considerando che i due Paesi soo i maggiori responsabili dell'inquinamento in Asia. L’aumento della temperatura mondiale e il cambio di clima hanno già causato gravi danni in  Cina, con periodi di grande siccità e l’avanzamento delle zone desertiche, ma anche maggiori inondazioni. Un recente rapporto sulle Stime per il cambio di clima nella Nazione (lavoro di anni di esperti di decine di ministeri e agenzie) avverte che “il riscaldamento della temperatura può  avere serie conseguenze negative sia sull’ambiente che nei settori economico, agricolo e costiero”. Basti pensare che il temuto scioglimento dei ghiacciai eterni degli altopiani del Qinghai-Tibet farebbe diminuire le acque del fiume Yangtze di due terzi. Siccità e grandi piogge si teme che possano ridurre i raccolti del 10% per il 2030 e la produzione di cereali di oltre il 37% entro la seconda metà del secolo.

Si prevede che la Cina presto superi gli Stati Uniti per l’emissione di anidride carbonica da fabbriche e veicoli. Ma il rapporto sconsiglia iniziative unilaterali per la riduzione dei gas, che “limiterebbero l’energia disponibile per le industrie e diminuirebbero la competitività dei prodotti cinesi nel mercato interno e internazionale”. Per questo si auspicano accordi internazionali, anche con i Paesi ricchi.