Bao Tong: “Tenere Pechino sotto pressione, unica strada per la democrazia”
In una nota scritta per commemorare la strage di Tiananmen, Bao Tong (ex membro del Comitato centrale comunista e segretario personale ed amico dell’ex segretario Zhao Ziyang) giudica l’attuale leadership “incapace di essere riformista”. L’anniversario della repressione celebrato anche dalle Madri di Tiananmen e da un quotidiano di Chengdu.
Pechino (AsiaNews) – Il diciottesimo anniversario della strage di piazza Tiananmen è stato ricordato ieri in tutta la Cina. Da una parte vi erano coloro che hanno commemorato le vittime della sanguinosa repressione governativa; dall’altra il governo stesso, costretto ad aumentare i controlli sulla popolazione e sui media.
 
Eppure, le maglie del regime comunista sembrano essersi in qualche modo allentate rispetto agli scorsi anni: per la prima volta dal 1989, la presidente delle “Madri di Tiananmen” ha ottenuto il permesso di posare dei fiori ed accendere una candela sul luogo dove suo figlio è morto, mentre un giornale di Chengdu ha pubblicato un annuncio che salutava “con rispetto” i parenti delle vittime. Naturalmente, l’annuncio è stato eliminato quasi subito, e l’attivista che ha posato i fiori in piazza è stata pedinata per tutto il tempo da poliziotti in borghese. Inoltre, la polizia ha pattugliato per tutta la giornata il perimetro della piazza e, come confermano diversi attivisti per i diritti umani, ha costretto agli arresti domiciliari decine di oppositori politici. Queste manovre “preventive” vengono applicate dal governo in occasione di ogni data sensibile e servono per tenere a freno una temuta protesta popolare.
 
Secondo Bao Tong, ex membro del Comitato centrale comunista, segretario personale ed amico dell’ex segretario Zhao Zhiyang, “la pressione che la popolazione cinese esercita nei confronti del governo è una cosa ottima: la sua stretta d’acciaio nei confronti dei diritti umani fornisce il miglior strumento possibile per riformare uno Stato autoritario e mono-partitico”.
 
Bao, 74 anni, era uno dei principali consiglieri dell’ex capo del Partito comunista e il più importante funzionario arrestato per le proteste del 4 giugno 1989, perché insieme a Zhao si era opposto all’intervento dell’esercito con i carri armati. Prima di cadere in disgrazia, e passare sette anni in prigione, aveva lavorato a stretto contatto con l’attuale premier, Wen Jiabao.
 
In una nota scritta per commemorare la strage di Tiananmen, Bao sottolinea come in Cina “vi siano sempre persone pronte a vendersi anche l’anima, che negli ultimi diciotto anni hanno elogiato il massacro ordinato da quel macellaio [l’ex presidente cinese Deng Xiaoping ndr] e l’hanno definito una solida base per la prosperità economica, solo perché ha infranto con pugno di ferro i desideri della popolazione”. Questo presidente, continua, “ha dato ordine all’esercito di liberazione popolare di caricarsi sulle spalle i fucili d’assalto e guidare i carriarmato contro i manifestanti. I feriti erano talmente tanti che gli ospedali di Pechino non riuscivano a curarli, ed i morti impilati uno sopra l’altro. Il resto del mondo è stato testimone di questo bagno di sangue grazie ai collegamenti via satellite”.
 
Il giudizio sull’attuale leadership non è migliore di quello riservato all’ex “patriarca” Deng: “I governanti attuali sono incapaci di divenire dei veri riformisti, ma dovrebbero almeno fare una cosa sincera, se vogliono governare in maniera costituzionale: dovrebbero indicare alla Cina un sentiero da percorrere per la sua lunga marcia verso la democrazia”. Infatti, conclude, “una società completamente repressiva conduce verso una prosperità interamente corrotta. La repressione operata dal governo ha diviso la Cina nel mezzo: un paradiso per i funzionari corrotti, un purgatorio per chi non ha potere”.