Era una dea vivente, reclama il diritto ad una vita normale
di Kalpit Parajuli

Una delle ex Kumari indù parla della sua infanzia di reclusione, privata di amicizie, famiglia ed istruzione. Tornata mortale, dopo la sua deposizione, ora si è diplomata e giura di sfidare “l’inumana superstizione” che la vorrebbe nubile per tutta la vita.


Kathmandu (AsiaNews) - Nascono comuni mortali, membri delle caste basse, per poi essere elevate a divinità viventi; costrette a vivere in isolamento fin dall’infanzia, senza amicizie ed istruzione, al primo ciclo mestruale o malattia tornano drasticamente esseri umani con tutte le difficoltà di riadattarsi alla quotidianità. Sono le Kumari, le divinità viventi degli indù, che ora iniziano a ribellarsi a “superstizioni disumane” che in Nepal le costringono ad una vita solitaria, priva di affetti e con la credenza che chiunque sposeranno morirà entro pochi mesi.

 

Rashmila Shakya, nata a Kwahiti, è stata Kumari dal 1984 al 1991. Ora ha 24 anni e si sta per diplomare in Informatica. A 4 anni è stata strappata alla sua famiglia per diventare una divinità. “Durante la mia infanzia – racconta – ho vissuto confinata nel Kumari Ghar (il tempio dedicato alle dee viventi, ndr), ora che sono tornata normale e che sono ancora giovane perché non posso sposarmi?”. La ragazza ricorda: “Non ho mai ricevuto un’istruzione adeguata, veniva a trovarmi un tutore che mi faceva lezione solo per un’ora al giorno”. Rashmila ha iniziato così a studiare in modo sistematico solo all’età di 12 anni, quando è stata sostituita da una nuova Kumari. Ora reclama il suo diritto ad una vita normale e definisce “inumana pratica superstiziosa” quella che le imporrebbe di rimanere nubile per sempre. Si ritiene che un uomo che sposa una ex Kumari è condannato a morire entro sei mesi, tossendo sangue.

 

Il culto della Kumari (che significa “vergine”) ha sede in Nepal; è l’incarnazione della Dea Taleju Bhawani, meglio conosciuta in India come Durga. La Kumari viene scelta tra le bambine buddiste della casta Newar Shakya, residenti a Kathmandu da almeno tre generazioni; la casta è la stessa cui apparteneva il Buddha. Anche se scelta tra i buddisti è ugualmente venerata dagli indù. La sua festa annuale, in cui le è concesso di uscire in pubblico su un carro, è la Kumari Jiatra.

 

Poiché viene considerata onnisciente la Kumari non riceve alcuna istruzione. Più di recente, in ogni caso, le è stato assegnato un tutore, una modernizzazione che si è vista necessaria perché fosse in grado di reintrodursi nella vita normale.