Payao, grande festa per il ritorno di p. Bossi
di Santosh Digal
Ad accogliere il missionario del PIME cristiani e musulmani che, uniti, hanno manifestato la loro gioia. Egli ha celebrato una messa nella sua parrocchia, poi ha ringraziato quanti hanno pregato per lui durante il sequestro.

Zamboanga (AsiaNews) – Cristiani e musulmani hanno accolto oggi con un caloroso “bentornato” p. Giancarlo Bossi al suo arrivo a Payao: il missionario italiano, per 39 giorni nelle mani dei sequestratori, ha concelebrato la messa assieme a preti italiani e filippini nella parrocchia di San Paolo a Payao, addobbata a festa per accogliere il ritorno del suo pastore.

P. Bossi è arrivato a Payao alle 8.45 di questa mattina e i primi ad accoglierlo sono stati gli studenti delle scuole elementari e medie; un incontro carico di emozione per il missionario del PIME, che ha voluto salutare i fedeli che “tanto hanno pregato per me” durante i giorni di prigionia “chiedendo il mio rilascio”.

Joenery Ojas, capo della polizia di Payao, afferma che “i festeggiamenti intendono celebrare tanto la liberazione del missionario italiano”, quanto ribadire “i buoni rapporti fra le diverse comunità religiose cristiana, musulmana e subanen”. Egli ricorda che i giorni del sequestro sono stati vissuti “con ansia” da tutta la comunità, che si è  riunita senza distinzioni a pregare per chiederne liberazione. Un senso di “fratellanza e cooperazione” che, secondo Joenery Ojas, si è ripetuta ancora oggi con il ritorno a casa del missionario del PIME.

Fonti della polizia ribadiscono che i sequestratori sarebbero membri del fronte islamico di liberazione moro (MILF), confermano che non è stato pagato alcun riscatto e sottolineano che durante i negoziati sono state usate “tattiche non convenzionali”: fra queste, pare, la minaccia di mettere in stato d’arresto i parenti del leader del gruppo ribelle che ha tenuto in ostaggio p. Bossi.

Al suo arrivo a Payao p. Giancarlo è stato circondato dalla sua gente, con la quale si è intrattenuto a lungo scambiando saluti e calorosi abbracci: al termine della messa la festa è continuata a tavola, imbandita per l’occasione con piatti di spaghetti (“il suo cibo preferito”, come ricordano i parrocchiani) e il tradizionale “lechon”, un maiale arrosto intero. Per l’arrivo di “Bigfoot” – o “il padre gigante”, come viene chiamato in maniera affettuosa dalla sua gente – sono state allestite inoltre una sfilata e un simposio di pace. Egli ha ribadito il desiderio di continuare la missione nelle Filippine, possibilmente a Payao “fra la mia gente”, perché questo è “il mio lavoro” ed è ciò che “mi rende felice”. Cautela al riguardo è stata espressa dal superiore generale del PIME, padre Gian Battista Zanchi, secondo il quale p. Bossi tornerà di sicuro a Mindanao ma non è certo che la destinazione sia proprio Payao.

Il PIME intanto non condivide l'idea di far testimoniare p. Bossi contro i suoi rapitori, come ha chiesto il dipartimento di giustizia filippino: p. Gianni Sandalo ribadisce che verrà mantenuta la stessa posizione già espressa in occasione del sequestro di p. Luciano Benedetti nel 1998. “Egli decise di non denunciare i suoi rapitori – ricorda p. Sandalo – perché erano ragazzi e a quell’età non si rendevano nemmeno conto di quello che stavano facendo”. Nel caso di p. Bossi “parliamo di poveri pescatori che obbedivano a ordini superiori, sebbene non sia chiara la mente che ha architettato il sequestro”. Il caso, comunque, "passa ora nelle mani del Governo”.

Nel frattempo leader religiosi e intellettuali di Zamboanga hanno pubblicato un documento nel quale fanno appello “alla pace e alla sobrietà”: i firmatari – mons. Romulo G. Valles, arcivescovo di Zamboanga, p. Angelo Calvo, p. Sebastiano D’Ambra, Arsenio L Gonzales Jr e p. Antonio Moreno SJ  – pur esprimendo felicità per la liberazione di p. Bossi si dicono “preoccupati per il suo sequestro e l’uccisione dei marines impegnati nelle ricerche, alle cui famiglie manifestiamo il nostro cordoglio e vicinanza”. Vista la situazione di grave instabilità nell’area di Basilan, essi invitano la popolazione “a restare calma e a mantenere un comportamento sobrio al fine di non esacerbare la situazione”. “Il sogno – concludono i firmatari – è che la pace sia fondata attraverso un processo di reale sviluppo” economico e sociale.