06/14/2016, 16.38
梵蒂冈
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教会运动团体和圣统制的和谐“共存”

圣座信理部于今天发表《青春焕发的教会》。主要问题是“认出”“真正的”神恩恩典、认出的“标准”

梵蒂冈城(亚洲新闻)—教会运动团体和圣统制在肩负福传基本任务的教会生活中是“共存的”,也就是说有必要做到和谐共存,避免对立或者不可能的平行主义。为了成效显著的和睦共存——二者都是天主的恩典——审视此类现状以及标准,圣座信理部按照教宗方济各的要求于今天发表了《青春焕发的教会Iuvenescit Ecclesia》。圣座信理部长路德维奇·穆勒枢机、秘书长路易斯·拉达里亚总主教在信上签字。

        在梵蒂冈举行的新闻发布会上,穆勒枢机发表讲话全面介绍了《青春焕发的教会》。讲话全文如下:

Un antico mito - di cui troviamo un’eco nei Salmi (Sal 103, 5) e in Sant’Ambrogio (Esamerone, V, 18) - accenna alla capacità che hanno le aquile di rinnovarsi, di ringiovanire, e così di vivere a lungo, sfidando l’usura del tempo.

Il Salmo 103 dice espressamente che l’uomo, quando segue Dio, “rinnova come aquila la sua giovinezza”. Sant’Ambrogio identifica invece questo volatile maestoso - che sarebbe capace di rigenerarsi da sé - con Gesù Cristo, “il quale rinnova la sua gioventù risorgendo dalla morte”.

Da sempre l’uomo, infatti, davanti alla constatazione che tutto è destinato irrimediabilmente a invecchiare e finire, ha cercato qualcosa o qualcuno che lo aiutasse a rimanere giovane. È questa anche la sfida che deve affrontare ogni istituzione che vuole permanere nella storia: rimanere giovani col passare del tempo, cioè rinnovarsi, rimanendo sé stessi, senza cambiare identità e adulterarsi.

Proprio questa capacità di sfidare l’usura del tempo e la morte appartiene al fascino originario con cui il Vangelo ha saputo attrarre a sé, fin dall’inizio, migliaia e migliaia di uomini.

A questo proposito, un noto Padre della Chiesa, Ireneo di Lione, ci invita a conservare con cura “la fede che abbiamo ricevuto dalla Chiesa”, perché essa, se custodita integra, “sotto l’azione dello Spirito di Dio, come un deposito di grande valore, chiuso in un vaso prezioso, continuamente ringiovanisce e fa ringiovanire anche il vaso che la contiene” (Advesus Haereses, 3, 24, 1).

Anche il Vangelo accenna, a questo proposito, ad un “vino nuovo”, che va portato “in otri nuovi” (cf. Mc 2, 22). La fede cristiana - quando è realmente accolta e custodita - grazie all’azione dello Spirito Santo, ha questa capacità unica di portare novità umana e di far ringiovanire.

Anche il Santo Padre Francesco, molte volte ci ha ricordato che “la novità del Vangelo, è una novità nella stessa legge insita nella storia della salvezza. E si tratta di una novità che va oltre le nostre persone e rinnova le strutture” (Omelia nella Cappella della Domus S. Marthae, 6 luglio 2013).

È questa la prospettiva adeguata per comprendere la Lettera ai Vescovi della Chiesa cattolica Iuvenescit Ecclesia (IE), sulla relazione fra doni gerarchici e carismatici, i quali sono costitutivamente posti al servizio della vita e della missione ecclesiale.

Il titolo stesso, che riprende l’incipit del documento, ci parla di questa capacità che lo Spirito Santo ha di far ringiovanire la Chiesa e, insieme ad essa, tutte le persone, le relazioni e i luoghi che accettano di accoglierlo.

È il Concilio Vaticano II, che ci ha riproposto questa bella verità: “Lo Spirito introduce la Chiesa nella pienezza della verità (cfr. Gv 16,13), la unifica nella comunione e nel ministero, la provvede e dirige con diversi doni gerarchici e carismatici, la abbellisce dei suoi frutti (cfr. Ef 4,11-12; 1 Cor 12,4; Gal 5,22). Con la forza del Vangelo la fa ringiovanire, continuamente la rinnova e la conduce alla perfetta unione col suo Sposo” (Lumen gentium, 4).

Il sorgere di tante nuove aggregazioni, associazioni e movimenti ecclesiali, così come di tanti nuovi Istituti di vita consacrata, dopo il Concilio Vaticano II, ci ha fatto riscoprire concretamente la portata ecclesiale di questa affermazione conciliare. In particolare, abbiamo potuto constatare come “la forte capacità aggregativa di tali realtà rappresenta una significativa testimonianza di come la Chiesa non cresca per proselitismo ma per attrazione” (IE, 2). Ora, per tutte queste aggregazioni ecclesiali, si è ormai aperto il tempo della «maturità ecclesiale» (IE, 2).

A questo proposito occorre dire che, se “il sorgere dei differenti carismi non è mai venuto meno nel corso della secolare storia ecclesiale” (IE, 9), nella stagione post-conciliare abbiamo assistito ad un fiorire inatteso e dirompente di tante di queste realtà, favorendo anche il diffondersi di una riflessione sui carismi, come mai vi è stata prima nella storia della Chiesa.

Il presente testo, giunto ormai ad una sua fisionomia definitiva dopo tanti anni di rielaborazione - lo studio iniziò nell’anno 2000 - intende infatti inserirsi all’interno di tale considerazione dei carismi, come momento autorevole che traccia alcune linee fondamentali, per rilanciarne in modo corretto ed adeguato la riflessione.

In particolare, è parso necessario offrire ai Pastori ed ai fedeli una sicura ed incoraggiante considerazione della relazione fra questi doni, che ha vivacizzato la vita della Chiesa, specialmente con il sorgere, nel passato recente, dei “movimenti” e delle nuove comunità ecclesiali.

La Lettera, come richiamato esplicitamente nell’Introduzione, intende rilevare “gli elementi teologici ed ecclesiologici che possono favorire un’ordinata partecipazione delle nuove aggregazioni alla comunione ecclesiale per un pieno impegno missionario di tutta la Chiesa”.

Scopo del presente documento è quello di favorire - attraverso una approfondita consapevolezza degli elementi essenziali relativi a doni gerarchici e carismatici, e al di là di ogni sterile contrapposizione o giustapposizione - una loro ordinata comunione, relazione e sinergia, in vista di un rinnovato slancio missionario ecclesiale e di quella “conversione pastorale” a cui in continuazione ci chiama Papa Francesco (cf. Evangelii gaudium, n. 25).

In tal senso, il testo concentra la sua attenzione sulle problematiche teologiche di fondo, senza voler entrare troppo nelle numerose questioni pastorali e pratiche che spesso sono sorte. Esso vorrebbe presentare uno sguardo d’insieme, offrendo nel contempo dei criteri di fondo per affrontare le suddette questioni ed, in particolare, per favorire un “discernimento delle nuove aggregazioni ecclesiali” in vista del loro “riconoscimento ecclesiale” (IE, 17).

Diretto quadro ispiratore del progetto in esame - come richiamato sopra - è il brano conciliare di Lumen gentium, al n. 4, dove si afferma che lo Spirito, il quale dimora nel corpo ecclesiale e nei cuori dei fedeli come in un tempio, introduce la Chiesa nella pienezza della verità, unificandola nella comunione e nel ministero, provvedendola e dirigendola con diversi doni gerarchici e carismatici, nonché abbellendola coi suoi frutti, così che la stessa Chiesa si configuri come “un popolo che deriva la sua unità dall'unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo” - secondo la nota espressione di Cipriano di Cartagine (De oratione dominica, 23).

Fra i punti centrali del documento vi è senz’altro l’affermazione della coessenzialità fra doni gerarchici e carismatici, una coessenzialità che appartiene “alla costituzione divina della Chiesa fondata da Gesù” (IE, 10). D’altronde “nella Chiesa anche le istituzioni essenziali sono carismatiche e, d’altra parte, i carismi devono in un modo o nell’altro istituzionalizzarsi per avere coerenza e continuità. Così, ambedue le dimensioni, originate dallo stesso Spirito Santo per lo stesso Corpo di Cristo, concorrono insieme a rendere presente il mistero e l’opera salvifica di Cristo nel mondo” (IE, 10)

Tale coessenzialità trova la sua radice ultima nella relazione inscindibile tra il Logos divino incarnato e lo Spirito Santo (cf. IE, 11), e testimonia come, nella stessa prospettiva rivelata dai piani di Dio, non sia lecito contrapporre una “Chiesa dello Spirito” ad una “Chiesa dell’Istituzione”, perché doni gerarchici e carismatici sono sempre gli uni implicati negli altri e sempre reciprocamente, benché in modo gerarchico, relazionati. Ciò non toglie che, a motivo della nativa fragilità umana - e delle inevitabili infedeltà ai piani di Dio che ne seguono - di fatto la naturale tensione dialogica fra questi doni, si sia spesso trasformata, e possa sempre trasformarsi, in dialettica.

Ad ogni modo, nella parte quinta del testo si accenna anche alla Pratica ecclesiale della relazione tra doni gerarchici e carismatici. Qui, dopo aver richiamato la necessità di un fattivo inserimento delle realtà carismatiche nella vita pastorale delle singole Chiese, viene rilevata la pratica della “buona relazione fra i diversi doni nella Chiesa” (IE, 20) anzitutto nella sua collocazione all’interno dei rapporti fra Chiesa universale e Chiese particolari, valorizzando quel peculiare principio d’unità ecclesiale che è il ministero petrino.

D’altronde, come non rilevare a questo proposito che, nella feconda stagione ecclesiale seguita al Concilio Vaticano II, nei fatti è stato proprio il Successore di Pietro a favorire una comunicazione e comunione fra doni gerarchici e carismatici a livello della Chiesa universale, valorizzando la diffusione missionaria dei movimenti e delle nuove comunità ecclesiali all’interno delle diverse Chiese particolari, specialmente in quelle che necessitavano di una nuova evangelizzazione.

Questo fatto potrebbe profeticamente illuminarci anche sulla prospettiva e sulle modalità con cui attuare - dalle periferie al centro e viceversa - il tanto auspicato rinnovamento sinodale verso cui in continuazione ci invita Papa Francesco. Quanto già sperimentato in tal senso costituisce una ricchezza di patrimonio ecclesiale che può offrire sicuri ed utili orientamenti in tal senso.

Vorrei concludere questo mio breve intervento facendo riferimento ad uno dei brani con cui si conclude il Vangelo di Marco (cf. Mc 16, 5ss). L’Evangelista annota che il primo giorno dopo il sabato, un giovane con una veste bianca, posto davanti alla tomba vuota di Gesù, invita le pie donne a non aver paura ed a portare ai discepoli il buon annuncio che “il Crocifisso è risorto!”.

In questa figura di giovane, mi piace intravedere il volto più vero della Chiesa, capace di rinnovarsi e ringiovanire sempre, pur in mezzo alle prove e alle intemperie della storia, per annunciare a tutti gli uomini la buona notizia - Gesù è risorto! - ed invitarli così a non aver paura, perché Lui è più forte del male e della morte.

Questa è la testimonianza che, attraverso la loro fattiva comunione, sono chiamati ad offrire oggi, per la vita della Chiesa ed il bene del mondo, doni gerarchici e carismatici. Questa è la testimonianza che, con umiltà e coraggio, vorremmo offrire, poveri come siamo, anche tutti noi. Grazie!

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