25/01/2020, 18.33
VATICANO
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​Papa: superare i retaggi del passato per avvicinare l’unità dei cristiani

A conclusione della 53ma Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, Francesco invita a “non dedicarci esclusivamente alle nostre comunità, ma ad aprirci al bene di tutti, allo sguardo universale di Dio, che si è incarnato per abbracciare l’intero genere umano, ed è morto e risorto per la salvezza di tutti”.

Città del Vaticano (AsiaNews) – Superare “i retaggi del passato” per accogliere i doni che ogni confessione porta avvicinerà l’obiettivo di quella piena unità dei cristiani che “Dio ardentemente desidera”, così come lo farà promuovere l’ospitalità tra fratelli di fede e verso chi ha bisogno. L’accoglienza offerta dagli abitanti di Malta a san Paolo scampato dal naufragio nel suo viaggio verso Roma è il testo preparato proprio dai cristiani di Malta e Gozo per l’attuale Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani ed è stato lo spunto preso da papa Francesco per la sua riflessione nella celebrazione dei Secondi vespri della solennità della conversione di San Paolo Apostolo, che hanno concluso l’attuale 53ma Settimana.

Rito che per tradizione si svolge nella basilica di san Paolo fuori le mura al quale partecipano anche esponenti di altre confessioni cristiane. Così, oggi, erano presenti, tra gli altri, il metropolita Gennadios, rappresentante del Patriarcato ecumenico, e Ian Ernest, rappresentante personale a Roma dell’Arcivescovo di Canterbury, che Francesco ha ringraziato.

La vicenda del naufragio a Malta e dell’accoglienza data ai naufraghi, nelle parole di Francesco “parla anche al nostro viaggio ecumenico, diretto verso quell’unità che Dio ardentemente desidera. In primo luogo, ci dice che quanti sono deboli e vulnerabili, quanti hanno materialmente poco da offrire ma fondano in Dio la propria ricchezza possono donare messaggi preziosi per il bene di tutti. Pensiamo alle comunità cristiane: anche quelle più ridotte e meno rilevanti agli occhi del mondo, se fanno esperienza dello Spirito Santo, se vivono l’amore a Dio e al prossimo, hanno un messaggio da offrire all’intera famiglia cristiana. Pensiamo alle comunità cristiane emarginate e perseguitate. Come nel racconto del naufragio di Paolo, sono spesso i più deboli a portare il messaggio di salvezza più importante. Perché a Dio è piaciuto così: salvarci non con la forza del mondo, ma con la debolezza della croce (cfr 1 Cor 1,20-25). In quanto discepoli di Gesù, dobbiamo perciò stare attenti a non farci attirare da logiche mondane, ma metterci piuttosto in ascolto dei piccoli e dei poveri, perché Dio ama mandare i suoi messaggi per mezzo di loro, che più somigliano al suo Figlio fattosi uomo”.

“Il racconto degli Atti ci ricorda un secondo aspetto: la priorità di Dio è la salvezza di tutti. Come dice l’angelo a Paolo: ‘Dio ha voluto conservarti tutti i tuoi compagni di navigazione’. È il punto su cui Paolo insiste. Anche noi abbiamo bisogno di ripetercelo: è nostro dovere attuare il desiderio prioritario di Dio, il quale, come scrive lo stesso Paolo, «vuole che tutti gli uomini siano salvati» (1 Tm 2,4). È un invito a non dedicarci esclusivamente alle nostre comunità, ma ad aprirci al bene di tutti, allo sguardo universale di Dio, che si è incarnato per abbracciare l’intero genere umano, ed è morto e risorto per la salvezza di tutti. Se, con la sua grazia, assimiliamo la sua visione, possiamo superare le nostre divisioni”. “Più guardiamo al di là degli interessi di parte e superiamo i retaggi del passato nel desiderio di avanzare verso l’approdo comune, più ci verrà spontaneo riconoscere, accogliere e condividere questi doni”.

“E veniamo al un terzo aspetto, che è stato al centro di questa Settimana di preghiera: l’ospitalità. San Luca, nell’ultimo capitolo degli Atti degli Apostoli, dice a proposito degli abitanti di Malta: «Ci trattarono con gentilezza», oppure: «con rara umanità» (v. 2)”.

“Da questa Settimana di preghiera vorremmo imparare ad essere più ospitali, prima di tutto tra di noi cristiani, anche tra fratelli di diverse confessioni. L’ospitalità appartiene alla tradizione delle comunità e delle famiglie cristiane. I nostri vecchi ci hanno insegnato con l’esempio che alla tavola di una casa cristiana c’è sempre un piatto di minestra per l’amico di passaggio o il bisognoso che bussa. E nei monasteri l’ospite è trattato con grande riguardo. Non perdiamo, anzi, ravviviamo queste usanze che sanno di Vangelo!”. (FP)

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