17/11/2010, 00.00
CINA - VATICANO
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“Entro la fine dell’anno” l’Assemblea dei cattolici cinesi

di Bernardo Cervellera
L’Assemblea è l’organismo sovrano e “democratico” che governa la Chiesa cinese. Nella Lettera del papa si dice che essa è “inconciliabile” con la fede cattolica e il Vaticano consiglia di non parteciparvi. Finora è stata ritardata per la resistenza di molti vescovi. Ma vari prelati cinesi temono ritorsioni contro il loro lavoro pastorale e i finanziamenti alle opere. Rischio di divisione nella Chiesa.
Roma (AsiaNews) - Voci sempre più diffuse affermano che “entro la fine dell’anno”, e forse per la fine di novembre, il governo di Pechino ha ordinato che si tenga l’ottava Assemblea dei rappresentanti cattolici cinesi, ritardata per anni grazie alla resistenza di molti vescovi. Mesi fa il Vaticano aveva chiesto ai prelati della Cina in comunione col papa di evitare la partecipazione. Benedetto XVI, nella sua Lettera ai cattolici cinesi, definisce l’organizzazione e i suoi principi come inconciliabili con la fede cattolica.
 
Fonti di AsiaNews nella capitale si dicono timorosi che questo incontro possa portare a nuove tensioni fra governo e comunità cattoliche; altre affermano che il governo è ormai costretto a fissare il raduno, ma “senza troppa convinzione”.
 
L’Assemblea nazionale dei rappresentanti cattolici è l’autorità massima che governa la Chiesa cattolica in Cina. I suoi statuti la definiscono “l’organismo sovrano”. Essa è una struttura “democratica” in cui i vescovi sono una minoranza, affiancati da amministratori laici e dai segretari delle Associazione patriottiche regionali. L’organismo ha potere di decidere la pastorale nazionale, le attività della Chiesa, le nomine episcopali e perfino questioni di teologia. La sua superiorità ai vescovi la rende inconciliabile con la dottrina della Chiesa cattolica.
 
Nei fatti, l’Assemblea è dominata dall’Associazione patriottica (Ap), che fra i suoi scopi ha quello di costruire una Chiesa cattolica “indipendente” dalla Santa Sede.
 
Da tempo l’Ap cerca di organizzare tale Assemblea per votare il nuovo presidente dell’Ap e il presidente del Consiglio dei vescovi cinesi. Le due cariche sono vacanti da anni: il vescovo patriottico Michele Fu Tieshan, eletto presidente dell’Ap nel ’98, è morto nel 2007; mons. Giuseppe Liu Yuanren, vescovo patriottico di Nanchino, eletto presidente del Consiglio dei vescovi nel 2004, è morto nel 2005.
 
In tutti questi anni, il raduno è stato sempre rimandato con motivazioni “ufficiali”: nel 2008 per il terremoto e le Olimpiadi; nel 2009 per i 60 anni della Repubblica popolare; nel 2010 per l’Expo di Shanghai. La vera ragione di tale ritardo sta invece nel fatto l’Ap voleva essere sicura che Ma Yinglin (vescovo patriottico di Kunming, Yunnan), venisse eletto presidente dell’Ap. Ma l’altro vero motivo del ritardo è il fatto che molti vescovi ufficiali non volevano partecipare all’assemblea, essendo essa “inconciliabile” con la fede cattolica. L’Ap non era dunque sicura che avrebbe avuto successo.
 
A far precipitare le cose, sembra vi sia un ordine del governo che esige la convocazione dell’assemblea “entro la fine dell’anno”. Secondo fonti di AsiaNews, l’Ap, pur di affermare il suo potere sui vescovi e convocare l’assemblea, sembra aver deciso di rinunciare alla candidatura di Ma Yinglin, disposta perfino ad accettare altri due candidati, mons. Giuseppe Li Shan, arcivescovo di Pechino, o mons. Giovanni Fang Xinyao, vescovo di Linyi (Shandong). Entrambi i prelati sono in comunione con il papa, anche se sono considerati piuttosto deboli verso il governo. L’Ap avrebbe anche programmato un viaggio all’estero dei pochi vescovi patriottici, non riconosciuti dalla Santa Sede, per evitare la loro partecipazione all’assemblea, che imbarazzerebbe gli altri prelati.
 
Alcuni mesi fa la Commissione vaticana per la Chiesa in Cina ha diffuso un comunicato in cui si chiede ai vescovi legati al pontefice di evitare “di porre gesti (quali, ad esempio, celebrazioni sacramentali, ordinazioni episcopali, partecipazione a riunioni) che contraddicono la comunione con il Papa”.
 
L’indicazione ha preso alla sprovvista alcuni vescovi abituati a mettere insieme la fedeltà interiore al papa e l’apparente fedeltà all’Ap. Essi lamentano che in tal modo si rischia di farsi accusare come “non patriottici” perché si “ama la Chiesa (e il papa)”. Lo slogan “aiguo; aijiao” (amare la patria, amare la Chiesa) è usato come un ritornello dall’Ap per esigere obbedienza ad essa, gettando il sospetto che amare la Chiesa e il papa sia di per sé un odiare il proprio Paese.
 
A quanto sembra, il 27 ottobre scorso, la Commissione vaticana per la Chiesa in Cina, ha ribadito la linea di consigliare ai vescovi cinesi di non partecipare all’assemblea.
 
Ma diversi vescovi temono che non partecipando all’incontro diverranno poi bersaglio della vendetta dell’Ap, che potrebbe penalizzare il loro lavoro pastorale, i finanziamenti alle loro opere e – per qualcuno - forse la carriera.
 
In ogni caso, la mossa dell’Ap di convocare l’assemblea rischia di creare divisione fra i vescovi che vi parteciperanno e altri che invece si rifiuteranno, indebolendo la Chiesa cinese.
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