28/11/2019, 11.04
THAILANDIA
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Suor Eudoxie e la Casa degli Angeli: evangelizzare attraverso la carità (Parte II)

di Paolo Fossati

La religiosa saveriana racconta la sua esperienza missionaria in Thailandia. Suor Eudoxie dirige una struttura medico-assistenziale per disabili gravi e le loro mamme, è nata nel 2008 grazie a suor Maria Angela Bertelli. “In Thailandia, la disabilità è considerata un castigo dovuto a colpe commesse in vite precedenti. Perciò, è motivo di discriminazione e disprezzo”.

Pak Kret (AsiaNews) – Suor Eudoxie Colette Ngongo Banunu racconta ad AsiaNews il percorso di fede che cinque anni fa l’ha portata a lavorare tra i poveri e gli emarginati in Thailandia, a quasi 9mila chilometri di distanza dal suo Paese d’origine – la Repubblica Democratica del Congo. Insieme ai bambini disabili che assiste nella Casa degli Angeli a Pak Kret, nei giorni scorsi la religiosa ha preso parte ai principali eventi della storica visita apostolica di papa Francesco nel Paese del Sud-est asiatico. Proponiamo la seconda parte della sua testimonianza. Per la prima, vedere qui.

Evangelizzare attraverso la carità: è l’obiettivo di un centro d’assistenza per disabili gravi diretto da suor Eudoxie, missionaria saveriana in Thailandia, dove il disagio è uno stigma, la conversione un tradimento e la cultura non aiuta a vivere la fede. Dopo un’infanzia trascorsa in una missione in Congo, aver scoperto la fede ed essersi consacrata alla vita religiosa, suor Eudoxie giunge in Asia del Sud-est nel 2014.

La Thailandia, spiega suor Eudoxie, è un Paese aperto a tutte le religioni che parlano di bene, pace e armonia. “Nella nostra opera di missionari – dichiara – non abbiamo impedimenti, a patto che il lavoro resti nei confini delle concessioni governative e fuori dalla politica. Rendiamo grazie a Dio per questo. Il carisma delle saveriane è l’annuncio della Buona Notizia a quanto non conoscono ancora Gesù, quindi tutte le attività che ci vedono impegnate sono finalizzate a questo. Ogni incontro offre la possibilità di parlare di Nostro Signore e dell’identità cristiana”. Nel 2017, suor Euxodie diventa responsabile di una realtà assistenziale nata grazie alla pioniera della presenza saveriana in Thailandia, suor Maria Angela Bertelli. Arrivata nel Sud-est asiatico nel 2000, la religiosa vive tra gli ultimi nelle baraccopoli di Bangkok; grazie alla sua formazione da fisioterapista, comincia a visitare e prendersi cura di disabili ed emarginati. Su iniziativa di alcuni volontari giunti in Thailandia ad aiutarla, e grazie alle donazioni della Caritas di Venezia, nel 2008 a Ban Mai apre la Casa degli Angeli (foto). La struttura ospita bambini con gravi disabilità, consentendo alle mamme di partecipare alle terapie. Essa è concepita per offrire ai giovani pazienti un sostegno di tipo medico-assistenziale e allo stesso tempo formativo. Dopo averla avviata, il 29 gennaio 2020 le suore saveriane affideranno la gestione della Casa degli Angeli alla Comunità papa Giovanni XXIII, ma continueranno a lavorarvi nel campo della formazione spirituale.

“In questo Paese – dichiara suor Eudoxie – la disabilità è considerata un castigo, dovuto a colpe commesse dai genitori o dai bambini stessi nelle vite precedenti. Per questo motivo, essa è motivo di discriminazione e disprezzo. L’obiettivo perseguito nella Casa degli Angeli è l’evangelizzazione attraverso la carità. Ogni mattino, dal lunedì al sabato la giornata comincia attraverso la condivisione della Parola di Dio. La domenica invece pazienti e volontari partecipano alla messa nella vicina parrocchia di Maria Madre della Misericordia, affidata ai sacerdoti del Pontificio Istituto Missioni Estere (Pime), con cui collaboriamo anche nella catechesi. Alla funzione prendono parte tutti: cattolici, buddisti e chi non crede. Chiunque è accolto nella Casa degli Angeli, a prescindere dalla religione di appartenenza. Presso la struttura non si fa proselitismo, ma nel corso degli anni la convivenza e la vita ha portato tante mamme a chiedere il battesimo. Dall’incontro nasce il dialogo; e attraverso quest’ultimo si scopre chi è il Dio misericordioso di cui parliamo, che ci perdona in quanto Padre nostro”.

In un contesto culturale come quello thai non lascia indifferenti l’impegno ed il lavoro svolto dalle suore nel centro di Ban Mai e nelle baraccopoli, dove offrono programmi di formazione sociale ed umana ispirati al Vangelo. Suor Eudoxie racconta: “Vi è chi reagisce con ammirazione e chiede i motivi del nostro interessamento a persone che vivono situazioni di così grande disagio. Questo ci offre la possibilità di parlare di noi e suscitare interesse verso la Chiesa. Altri leggono la nostra testimonianza in chiave buddista: ‘Per prendersi cura di questi bambini, forse hanno un karma davvero negativo da dover scontare!’, pensano”. In questa tradizione, la gratuità e la misericordia non esistono: vige il ‘fai del bene per riceverlo a tua volta’. Aiutando le persone si acquisiscono i meriti. Allo stesso tempo, hai sbagliato? Devi scontare le tue colpe”.

Ma quanto è difficile parlare di Cristo in Thailandia? “Un buddista – spiega la missionaria – non ha tante difficoltà a credere che Dio si sia fatto uomo: nella sua tradizione, vi sono tante figure che sono figlie di divinità. Il nocciolo del problema è concepire che qualcuno offra la propria vita per il prossimo; che Gesù sia morto per nostri peccati, per liberarci da essi e riscattarci alla vita divina. Per il buddista, tutto ciò è inconcepibile: ciascuno è chiamato a salvare sé stesso, elargendo offerte ed acquisendo meriti. Quando parlo di Cristo, parto sempre dal concetto che Egli è amore. Spiego che Gesù è venuto al mondo per ricondurci alla casa di un Padre che ci aspetta sempre, nonostante le cose negative che possiamo aver compiuto. Usiamo parole povere per spiegare argomenti difficili, ma contiamo sulla Grazia affinché la gente li capisca. A volte però i discorsi non servono: la cosa più immediata è testimoniare la fede ogni giorno attraverso la nostra vita e le attività che ci impegnano. I momenti difficili non mancano, ma il Signore ci fa strada e ci sostiene, è Lui che porta avanti la missione”.

“Viviamo in un contesto dove cultura e tradizione buddista non aiutano a vivere la fede”, conclude la religiosa saveriana. “Essere cristiani qui richiede tanta forza: la conversione è vista come un tradimento. Essa comporta l’esclusione da tutta una serie di riti e cerimonie che scandiscono la vita quotidiana di ogni thai. Ma i nostri fratelli e sorelle della Thailandia lottano, ad immagine di chi in oltre 350 anni ha passato loro il bastone della fede. Se nel Paese la Chiesa cattolica è ancora presente, è merito di queste persone che hanno saputo resistere con coraggio. Alla luce di tutto questo, sono sicura che la visita apostolica di papa Francesco rilancerà la missione in Thailandia. Nei giorni scorsi, tra i cristiani era visibile un rinnovato fervore. Era come se la comunità di Bangkok fosse tornata ai primi anni della Chiesa, quando le piccole chiese lontane si preparavano ad una visita di Pietro o Paolo. I cattolici thai hanno voglia di uscire dall’anonimato, affermare la propria identità e verbalizzare la fede. Il Santo Padre ha portato un vento di fraternità con tutta la Chiesa universale. Questo viaggio darà molti frutti”.

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