02/04/2005, 00.00
VATICANO - RUSSIA
Invia ad un amico

Il papa e la Russia: il sogno e l'insuccesso

di Vladimir Rozanskij

Mosca (AsiaNews) – Il pontificato di Giovanni Paolo II è stato spesso paragonato a quello, anch'esso longevo, di Pio IX. Non si tratta solo di accostamento statistico. Sia papa Mastai Ferretti, che Wojtyla si sono trovati a governare la Chiesa in periodi di eccezionale transizione sociale, culturale e spirituale, segnando in profondità con il proprio magistero la via della cristianità intera e condizionando fortemente gli stessi avvenimenti storici a livello mondiale. Entrambi hanno suscitato speranze e ostilità negli uomini di tutto il mondo, andando al di là degli steccati confessionali e ideologici, sfuggendo alle definizioni di parte, aprendo grandi prospettive con carisma e audacia inusuali perfino per i pontefici romani, che pure hanno il grande privilegio di un'assistenza divina assai esclusiva. Soprattutto, hanno avuto entrambi un debole per il grande impero eurasiatico russo che, sia nell'Ottocento che nel Novecento, ha ricoperto un ruolo centrale nella politica e nella vita religiosa dell'Europa e dell'umanità.

L'analogia tra i due grandi papi, in realtà, si costruisce sulla ripetizione di un drammatico insuccesso: cercare di attirare la Russia nell'orbita della Chiesa Cattolica, per Pio IX mediante il "ritorno dei dissidenti nell'ovile di Pietro", per Wojtyla nella "riscoperta della radici cristiane dell'Europa" dall'Atlantico agli Urali. Alle offerte di riconciliazione e di unione delle forze per una nuova evangelizzazione, la Russia ha sdegnosamente voltato le spalle al Papa, ora come allora. Gli zar ottocenteschi sembravano sensibili al grande progetto papale, ma solo assegnando alla Russia il ruolo dominante, come conviene all'impero della "Terza Roma". Nel Novecento, dopo aver a lungo denigrato le "divisioni del Papa" nella psicosi della guerra fredda (che fu anche una guerra di atei contro credenti), ed essersi poi arresi alle divisioni polacche capitanate dal Papa slavo, i capi della nuova Russia hanno inteso riaffermare la propria vocazione ad essere nazione "anti-romana", in nome di una nuova guerra per il dominio della civiltà spirituale mondiale. E così Giovanni Paolo II e Pio IX, pur disponendo di un lungo tempo, hanno dovuto arrendersi alla sconfitta, lasciando incompiuto il grande disegno a cui si erano dedicati anima e corpo.

Il disegno evangelico e la ferita

Più che nella celebrata vittoria sul comunismo, la vera grandezza di Papa Wojtyla sta proprio in quest'ultima sconfitta. Il disegno del Papa infatti è sempre stato evangelico e cristologico, più che politico e ideologico: egli non intendeva costruire una nuova teocrazia mondiale, pur essendo attentissimo alle dimensioni della socialità storica e politica, come ben si evince dall'ultimo libro-dialogo Memoria e identità. Il disegno del Papa non può essere altro che il disegno di Colui che ha servito con la sua vita: trasformare il mondo per la gloria di Dio. Egli ha dimostrato che la Chiesa è davvero l'unico fattore di vero cambiamento del mondo, il vero bastione della difesa dell'umano, della vita e della libertà, il luogo di riparo degli oppressi e dei perseguitati, la coscienza critica di ogni progetto sociale e delle sue inevitabili contraddizioni. E tutto questo in nome di un'assoluta certezza, quella del permanere nella verità divina con l'energia sempre nuova dello Spirito; e allo stesso tempo conservando una umanissima fragilità nella scelta dei tempi, dei modi e delle prospettive con cui muoversi nelle infide strade della storia dei popoli, delle nazioni e degli stati. La libertà di sbagliare si fonda proprio sull'infallibilità del credere.

È evidente a tutti il clamoroso abbaglio che, a distanza di poco più di un secolo, ha accomunato Mastai e Wojtyla proprio nei confronti della Russia: credere che uno slancio d'apertura sarebbe stato accolto con entusiasmo e disponibilità, per poi scoprire che proprio questo slancio veniva interpretato come una dichiarazione di guerra. La storia si è ripetuta perfino in molti dettagli: gli appelli e i documenti solenni di contenuto unionistico ed ecumenico; la riscoperta del mondo slavo (ovviamente più naturale nel Papa polacco) e dei suoi apostoli; la doppiezza degli apparati ecclesiastici e diplomatici (che hanno spesso affossato i migliori tentativi intervenendo con ambiguità e disinvoltura); le accuse pretestuose o addirittura menzognere, gli omaggi formali e segnati dalla rassegnazione. Il Papa del Terzo Millennio porta con sé questo fardello denso di speranze deluse, progetti irrealizzati, miserie umane e mistiche profezie, un fardello esplosivo che ha lasciato segni di violenza sulla sua carne e ferite profonde nel suo cuore, che egli ora presenta al suo Signore con l'umiltà del "servo inutile" insieme al giusto orgoglio del missionario instancabile. Se Giovanni Paolo II si fosse limitato alle prudenti e cerimoniose pratiche che tanti nella Chiesa gli consigliavano, non cercando continuamente di scuotere l'orso russo dalla sua millenaria apatia, forse avrebbe potuto fregiarsi della medaglia commemorativa del tanto agognato viaggio tra la Piazza Rossa e il Palazzo d'Inverno; forse avrebbe potuto scambiare abbracci solenni con il Patriarca Alessio, senza farlo diventare il suo più acerrimo nemico. Non avrebbe rischiato di essere considerato un invasore e un propagandista dell'arroganza occidentale nella nuova guerra di civiltà del post-comunismo, né avrebbe mandato allo sbaraglio vescovi, sacerdoti e fedeli nella ricostruzione spirituale del grande paese devastato da tre generazioni di ateismo militante. Ma la gloria di Dio si manifesta per strade inconsuete. La grandezza di Giovanni Paolo II, come proprio i suoi ultimi anni hanno mostrato con l'evidenza di un film di Mel Gibson, sta infatti nella capacità di imitare Cristo, portando la Sua croce.

L'unità e la polvere del Golgota

La divisione dei cristiani, che si riflette nell'ostilità dei popoli e delle nazioni, è infatti una delle ferite più profonde che ancora sanguinano sul corpo di Cristo offeso e flagellato. Vincere questa divisione non può che essere una delle chiavi di volta di ogni missione papale, episcopale e semplicemente ecclesiale: una missione che richiede anzitutto di non schivare il colpo, di lasciar sanguinare la ferita, di impastare il sangue versato con la polvere del Golgota. Il vertice di questa missione è stata raggiunta da Giovanni Paolo II nell'identificazione con i martiri al Colosseo nel Duemila, con i generatori della Chiesa autentica, quella che dà la vita per Cristo ricevendola da Lui nella luce nuova della risurrezione. Senza Wojtyla, e questo è un fatto scolpito nel marmo della storia umana, non ci sarebbe stata la rinascita della fede in Russia e nell'Europa Orientale, o almeno non avrebbe avuto queste dimensioni. La sua assenza forzata dalla Russia, il calice da lui assaporato fino in fondo, è stata più decisiva di qualunque forma di presenza. Mai si è tanto parlato dei rapporti tra il Papa di Roma e la Russia, mai si è tanto parlato in Russia dell'opera di un Papa di Roma. Tra slanci ed errori, tra sogni e tentativi si è consumato uno dei rapporti più intensi della storia tra un uomo e un popolo, anzi, un crogiolo di popoli, tra un maestro e una massa di recalcitranti discepoli, tra un padre e una schiera innumerevole di figli ribelli. Perché la paternità di Papa Wojtyla è stata il dono più grande che egli ha saputo fare ad ogni uomo, dall'Atlantico agli Urali, dal Mar Bianco all'Oceano Indiano, agli uomini di ogni età, sesso, religione e stato sociale.

Un successore di Giovanni Paolo II, non importa quale, andrà certamente a visitare la Russia, con grande soddisfazione di alti prelati e devoti governanti, e senza dubbio con l'entusiasmo di tantissimi uomini di buona volontà. Sarà un viaggio atteso e trionfale, che verrà applaudito ad Occidente come ad Oriente, e getterà le fondamenta di una possibile unione dei cristiani nei secoli a venire. Verranno elevati a Dio inni di ringraziamento, accompagnati da discorsi memorabili e impegni solenni. Nelle mani che si stringeranno e nelle labbra che si baceranno scorrerà un sangue caldo, denso di fede e di passione per l'uomo: il sangue del prete polacco Karol Wojtyla, Servo dei Servi di Dio.

TAGs
Invia ad un amico
Visualizza per la stampa
CLOSE X
Vedi anche
Nuovo libro del Papa: nichilismo dell'Europa; l'aborto come un nuovo Olocausto
18/02/2005
Papa: Continuiamo la viva eredità di Giovanni Paolo II: Aprite, anzi spalancate le porte a Cristo
02/04/2006
Turchia, saluto ecumenico e interreligioso a Giovanni Paolo II
13/04/2005
In tutta l'Asia preghiera e commozione per i funerali del papa
09/04/2005
Gus Dur: Giovanni Paolo II "incessante promotore della pace"
05/04/2005


Iscriviti alle newsletter

Iscriviti alle newsletter di Asia News o modifica le tue preferenze

ISCRIVITI ORA
“L’Asia: ecco il nostro comune compito per il terzo millennio!” - Giovanni Paolo II, da “Alzatevi, andiamo”