31/10/2003, 00.00
PAKISTAN
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Infiltrati di Al Qaeda nell'esercito

Islamabad - Terrore e fondamentalismo continuano a scuotere il Paese, fino a minare la stabilità degli stessi pilastri del potere. A metà settembre un uomo che pretendeva essere il braccio destro di Osama Bin Laden, Ayman al-Zawahri, ha lanciato un messaggio attraverso Al Jazeera perché tutti i musulmani pakistani si impegnino a far cadere il presidente Musharraf, reo di "aver venduto il sangue musulmano… agli americani", appoggiando la presenza Usa in Afghanistan ed Iraq. Finora la sicurezza di Musharraf era basata sulla neutralità religiosa della burocrazia e dell'esercito, ma ormai la pressione dei fondamentalisti sta minando anche queste strutture. Alla fine di agosto 20 ufficiali militari sono stati arrestati in Pakistan; sette di loro, compreso un colonnello, sono accusati di aver legami diretti con Al-Qaeda; gli altri sono stati messi sotto custodia per aver intrattenuto legami con gruppi islamici in Afghanistan. Giorni prima il governo afghano aveva chiesto ufficialmente al Pakistan di vigilare per bloccare infiltrazioni militari nel proprio territorio. Anche l'India continua da anni a chiedere di interrompere le infiltrazioni di estremisti musulmani nel Kashmir. Islamabad ha sempre negato di sostenere sconfinamenti in "territorio nemico" e accusa l'India di fomentare rivolte in Pakistan. D'altra parte, secondo le autorità indiane, gli attacchi terroristici di Mumbai lo scorso 25 agosto, che hanno fatto 52 morti, sono da attribuire a radicali islamici legati al Pakistan.

Insicurezza e intolleranza fra confessioni religiose diventano sempre più comuni. Lo scorso 4 luglio, nella moschea di Quetta - una città al confine con l'Iran e l'Afghanistan - un terrorista suicida si è fatto esplodere uccidendo 53 sciiti durante la preghiera del venerdì. Il giorno dopo è stato assassinato un prete cattolico, p. George Ibrahim. In un comunicato della Conferenza episcopale pakistana, riunitasi il 22 luglio scorso, essi affermano che "[i cristiani] temono per la loro incolumità e sicurezza. E ci dispiace che nessun ministro, né rappresentante ufficiale del governo abbia espresso pubblicamente le sue condoglianze e partecipazione. Questo fatto accresce il senso di tensione e insicurezza nelle comunità minoritarie".

L'insicurezza è diffusa anche in prigione. Lo scorso primo settembre, la Commissione nazionale di Giustizia e Pace ha diramato un comunicato in cui si condanna l'alto numero di uccisioni all'interno delle prigioni da parte del personale di polizia carceraria. In particolare, un giovane cristiano, Samuel Sunil, è stato ucciso il 19 agosto. Secondo statistiche fornite da Giustizia e Pace, il 10 per cento degli uccisi in prigione sono cristiani. (FK)

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