31/10/2003, 00.00
CINA
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Tanti cambiamenti negli ultimi 30 anni

di Angelo Lazzarotto

Gli oltre cento partecipanti al Colloquio europeo sulla Chiesa cattolica in Cina sono stati unanimi nell'esprimere la loro soddisfazione. Anzitutto perché nell'organizzare il Colloquio la Ferdinand Verbiest Foundation dell'Università cattolica è riuscita a evidenziare con efficacia il tema della collaborazione con le Chiese di Cina per la formazione di ministeri ecclesiali. L'importanza e l'urgenza di questo tema sono state sottolineate dalla partecipazione di 45 cinesi (laici, suore, sacerdoti e seminaristi), che attualmente seguono corsi di formazione teologica e spirituale in varie nazioni d'Europa.

Significativa l'esperienza di fraternità maturata fin dall'inizio, grazie all'accento messo sulla missione che tutti abbiamo nelle rispettive Chiese locali. A creare questa atmosfera ha contribuito la relazione del p. Mark Fang dell'Università cattolica Fu Jen di Taipei, sulla spiritualità di unità e di riconciliazione. Personalmente, ho provato una grande commozione la mattina del 2 settembre, essendo stato invitato a presiedere la concelebrazione e commentare la grande preghiera di Gesù "che tutti siano uno" (Giov. 17,20-23). Mi veniva spontaneo considerare l'insperato progresso disposto dalla Provvidenza nei passati decenni per la Chiesa e la società cinese. Già nel gennaio 1970 mi ero trovato presso il SEDOS a Roma con un gruppo di amici che si interrogavano sul futuro dell'evangelizzazione in Cina. E a livello europeo erano presto maturati due gruppi, uno ecumenico e uno di soli cattolici che si riunivano periodicamente. Non posso dimenticare quanto diverso fosse il clima che caratterizzava quei primi incontri internazionali di riflessione sulla Cina cui partecipai, proprio a Lovanio, quasi trent'anni fa (nel 1974) e a Monaco l'anno seguente. Della Cina, che era allora sconvolta dalla Rivoluzione Culturale, non si aveva alcuna notizia diretta; molti, anche fra i cattolici nei nostri Paesi, mitizzavano Mao Zedong; non pochi giungevano fino a paragonarlo a Mosé che aveva liberato il suo popolo dalla schiavitù, giustificando l'uso della violenza come strumento per rinnovare il mondo.

Quanto poi alla Chiesa, non se ne sentiva alcuna voce… Dovettero passare ancora dieci anni per avere le prime, timide, testimonianze sulla sopravvivenza della fede in quell'immenso Paese. E solo negli anni Novanta si è cominciato ad avere degli interlocutori diretti nelle Chiese locali cinesi, che lentamente andavano riorganizzandosi, pur tra problemi ed ostacoli innumerevoli. Ora la realtà che abbiamo avuto sotto gli occhi a Lovanio nei giorni scorsi, mi è apparsa come un vero miracolo, frutto della grazia del Risorto, che ha promesso di essere sempre con i suoi.

Un fattore che ha dato al Colloquio una nuova luce di speranza e un senso di gioiosa fiducia è stata la lettera del vescovo Han Zhihai, pastore della Chiesa di Lanzhou, letta in apertura dell'incontro. Mons. Giuseppe Han, vescovo di soli 39 anni, non è stato ancora riconosciuto dal governo perché consacrato da un vescovo "clandestino" senza la previa autorizzazione dell'Associazione patriottica. Egli può ben rappresentare la nuova generazione di "ministri" della Chiesa cinese, che pure suscita giustificate preoccupazioni proprio per le inadeguatezze strutturali di cui soffre. Nella "Lettera ai miei Amici" indirizzata tre mesi fa ad un numero di confratelli nell'episcopato sia delle comunità ecclesiali ufficialmente riconosciute dal governo, sia di quelle considerate "clandestine", il giovane vescovo afferma che è tempo di accogliere il pressante invito all'unità che il Papa non si stanca di ripetere. Pur riconoscendo la posizione ambigua dell'Associazione Patriottica dei Cattolici Cinesi, il coraggioso mons. Han mette in rilievo i cambiamenti avvenuti in questi ultimi anni: "Sono molto incoraggiato dal fatto che la grande maggioranza dei nostri vescovi, sacerdoti e laici sono uniti nella stessa fede e uniti con il Papa. Per cui sento che se noi rimaniamo divisi tra comunità ecclesiali 'ufficiali' e 'non ufficiali', questo è molto deleterio per la nostra Chiesa".

Un altro motivo di gioia e di speranza è stato per me incontrare il prof. Yang Huilin, direttore dell'Istituto per lo studio della cultura cristiana nell'Università del Popolo a Pechino, uno dei numerosi accademici con i quali sono da anni in contatto. Il prof. Yang, un non cristiano che ha familiarità con opere di teologia, ha parlato delle aspettative della società cinese nei confronti della Chiesa cattolica. Egli auspica che il ruolo profetico che è nella natura della Chiesa si esprima positivamente nella società cinese concentrata sulle realtà materiali, ma che ha fame di qualcosa di più "vero". Nella Nuova Cina di Mao Zedong è bello scoprire che la cultura, monopolizzata da oltre mezzo secolo dall'ideologia materialista, sta oggi riscoprendo la dimensione spirituale dell'uomo e si apre allo studio e alla stima del cristianesimo. È anche qui lo Spirito del Risorto che ci precede e prepara una nuova stagione per l'evangelizzazione del più numeroso popolo della terra.

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