07/05/2004, 00.00
CINA – EUROPA
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Potenza della Cina, debolezza dell'Europa

di Xiao Xi

Il viaggio di Wen Jiabao in Europa svela una Cina divenuta un attore politico mondiale, con un'Europa che manca di fantasia e di identità AsiaNews ospita l'opinione di un esperto cinese per incrementare il dialogo con il mondo cinese, anche se non tutti i giudizi che l'articolo esprime sono condivisi dall'Agenzia.

Pechino (AsiaNews)  L'arrivo del primo ministro cinese Wen Jiabao in Europa in questi giorni – e domani in Italia – avviene in un quadro del tutto diverso da tutte quelle  del passato. Le prime uscite all'estero di questo o quel leader volevano dimostrare l'allontanamento del paese dal suo passato maoista. Oppure c'erano contenuti solo materiali e si contava il numero di miliardi di contratti firmati. Oggi non e' ne' l'uno ne' l'altro. Il 2 maggio sul New York Times Thomas Friedman invitava il mondo a pregare per  la stabilità della Cina, che ormai è l'unico saldo motore di crescita economica del globo, dove tutte le altre grandi economie sono malaticce e precarie. I cinesi gongolano per questo riconoscimento.

In Italia, in Europa e ovunque in generale, ormai i cinesi sono corteggiati ovunque, nella speranza che trasformino qualche spicciolo dei loro 400 miliardi di dollari e più di riserve valutarie in investimenti all'estero. I cinesi sono stupiti, ma anche timorosi per questo cambiamento di clima. E' una rivoluzione copernicana rispetto al passato quando sembrava che i cinesi venissero con il piattino in mano a cercare la carità di fondi e investimenti dal ricco occidente.

Questo nuovo status economico ha pure un riflesso politico: la Cina è un'ancora di stabilità sia per il Centro Asia, percorso da venti fondamentalisti, sia per il Sudest asiatico, dove pure i fondamentalisti islamici sono forti nelle Filippine e in Indonesia e recentemente hanno toccato il sud della Thailandia. Sulla spinosa questione di Taiwan nell'ultimo anno le posizioni si sono rovesciate. É l'isola, guidata da Chen Shuibian, che tenta di incrinare l'equilibrio esistente spingendo verso una riforma costituzionale che dichiarerebbe l'indipendenza formale dal continente cinese. Per questo gli Usa premono su Taiwan  perché stia calma e non crei irritazione nella regione. Infine vi è la Nord Corea, la perla nella corona cinese. Mentre gli Stati Uniti sono impelagati in una guerra sempre più violenta, costosa e complicata in Iraq, Pechino sta riportando Pyongyang alla ragione, in modo lento, ma pacifico, e quasi a prezzo zero. Senza l'impegno cinese, gli Stati Uniti si troverebbero con una patata bollente in più, capace di destabilizzare Sud Corea e Giappone e senza soluzioni reali proponibili.

Questo nuovo status economico rende la Cina estremamente forte, e questo spinge l'opinione pubblica internazionale a trascurare i problemi di Hong Kong, dove per il 2007 la scelta del Chief Executive non avverrà per elezione diretta. In altri tempi questo annuncio avrebbe sollevato cori di proteste dall'opinione pubblica internazionale, oggi increspa appena la superficie dell'acqua. La forza della Cina di oggi è questa e Wen arriva domani in Italia come uno dei grandi potenti del mondo, capace di portare investimenti, influenzare la stabilità globale.

All'Europa, invece, manca una strategia e una politica complessa verso la Cina, inesistente sia nel  Vecchio continente nel suo insieme, sia nei singoli Paesi. In America questa politica c'è e va crescendo. È una politica articolata, che tiene conto delle sfaccettature della realtà cinese e che influenza la stessa politica interna americana. In Italia problemi complessi quali i rapporti tra diversi sistemi politici - come quelli tra Europa e Cina - sono semplificati, mentre le sfide che pone la Cina in campo economico richiedono un profondo esame di coscienza sul nostro attuale sistema produttivo. E' un problema italiano, non cinese,. Così i dazi sono un palliativo, che fa male,  non una cura.

Lo stesso dicasi per la questione dei diritti umani. Il problema è quello delle istituzioni, anche giuridiche che la Cina deve darsi per tenere testa al suo sviluppo, non la questione se si arresta Tizio o Caio.  Se la mettiamo astrattamente sui diritti umani non ne usciamo più: è una palude, in cui loro ne arrestano tre,   tu protesti e loro ne rilasciano due per arrestarne poi quattro. E lo stesso è per la filosofia dei diritti umani. Ciò  non significa che non dobbiamo chiedere la liberazione di Tizio e Caio, ma che la questione è  molto più profonda e articolata e noi non abbiamo nemmeno cominciato a pensarci, restando solo alla superficie, come se si trattasse solo con di alcuni generali cattivi e non del rapporto con  un'altra civiltà, che ha sue regole profonde.

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