04/09/2006, 00.00
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Islam sull'orlo dell'abisso, fra violenza e riforma

di Samir Khalil Samir, sj

Il mondo musulmano fa sempre più parlare di sé; l'Islam guerriero in Iran, Iraq, Afghanistan, Libano si confronta in modi via via più aspri con l'occidente; in Europa le comunità musulmane aumentano di numero e di conversioni. Proprio questi aspetti di apparente rinascita sono in realtà segni di una crisi profonda della religione del profeta Maometto. P. Samir Khalil Samir, gesuita, esperto di islam e professore a Beirut, ci offre un'analisi a tutto campo sulle piaghe dell'Islam contemporaneo e sul modo in cui musulmani radicali e progressisti cercano di guarirle. Pubblichiamo oggi in esclusiva per AsiaNews il suo primo intervento di una serie.

Beirut (AsiaNews) - L'osservatore occidentale è sconvolto di fronte al mondo islamico. Esso appare come una forza, una potenza straordinaria, che si muove e che nessuno può fermare. Questo sentimento – che fa paura a molti occidentali - corrisponde a ciò che molti musulmani chiamano la Sahwah, il Risveglio. In realtà questa potenza soffre di una crisi profonda, percepita da tutti i musulmani: l'incapacità di adeguarsi al mondo moderno, di assimilare la modernità.

In effetti l'Islam sta vivendo una crisi profondissima. É un fatto evidente non solo ad osservatori estranei. Ormai non c'è musulmano, pensatore, stampa araba o islamica che non discuta di questo fatto: l'Islam è in crisi.

Vi è una differenza. Per gli islamismi radicali – che perseguono un progetto di islam politico – la "colpa" di tale crisi ricade sull'occidente e la sua aggressività. Alcuni fanno risalire questa crisi addirittura alle Crociate; altri alla recente colonizzazione; altri alla creazione dello Stato d'Israele; altri ancora si fermano alle aggressioni americane in Afghanistan e Iraq. In ogni caso, il male dell'Islam viene dal di fuori di esso, dall'altro-da-sé.

Vi è però un altro gruppo, sempre più numeroso, il quale afferma che il male è dentro l'Islam. Questa posizione si trova di solito in personalità liberali, negli intellettuali. Anche questi non giungono a dire che il male è proprio dentro il Corano: secondo loro il male è nell'interpretazione che si dà del Corano, dell'Islam come sistema religioso, politico, sociale e culturale. Quantificando a partire dagli interventi che appaiono sulla stampa nei paesi islamici, possiamo dire che le posizioni dell'islamismo radicale sono un buon 20%; la tendenza liberale abbraccia il 10-20%.

Tutti sono comunque d'accordo che è ormai necessaria una riforma dell'islam.

A. LE RADICI STORICHE

1. Il sonno dell'Islam

Un tema ricorrente in tali dibattiti è quello del "sonno dell'Islam". I radicali attribuiscono questo "sonno" ai 4 secoli di dominazione ottomana, che avrebbero frenato lo sviluppo di questa religione. I liberali affermano invece che il "sonno" è cominciato già nel XII secolo e forse ancora prima. Ad ogni modo tutti sono d'accordo che questo sonno ha creato una "chiusura dello squarcio dell'interpretazione", in arabo (letteralmente) si definisce "la chiusura della porta dell'ijtihād". In questo contesto di riforma, l'ijtihād è una parola chiave. Questa parola ha la stessa radice di "jihād", la guerra santa. Essa esprime uno sforzo che nella jihād è orientato alla violenza, alla lotta armata sul cammino di Dio. L'ijtihād è lo sforzo morale e intellettuale di riforma, "l'interpretazione", appunto.

Una formula ripetuta di continuo nel mondo islamico è che "si è chiusa la porta dell'ijtihād", si è ridotto lo spazio per l'interpretazione, ossificandola, anchilosandola. È un discorso presente nel mondo arabo dalla seconda metà dell'800 in poi. Per decenni si è parlato della "chiusura della porta" per definire l'urgenza di una riforma dell'Islam. Per molti liberali di allora, compresi i grandi capi religiosi tale il tunisino Khair ad-Dīn Al-Tūnisi (1810-1899), il persiano Jamāl ad-Dīn al-Afghāni (1838-1897), il siriano Abd al-Rahmān al-Kawākibi (1854-1902) e soprattutto l'egiziano Sheikh al-Azhar Muhammad 'Abdoh (1849-1905), la riforma doveva venire assorbendo elementi della cultura occidentale e realizzando un'unità armonica tra mondo islamico e mondo occidentale.

La prima guerra mondiale e il crollo dell'impero ottomano hanno poi portato alla secolarizzazione della Turchia e all'abolizione del califfato (1923-4), oltre al controllo di alcune nazioni arabe dall'Occidente, Inghilterra e Francia. Tutto questo segna il grande crollo religioso-politico dell'Islam che d'un tratto si è trovato diviso in nazioni, senza califfo, né capi, né guide.

2. Il radicalismo dei Fratelli Musulmani

In questa situazione di crisi sono nati i Fratelli Musulmani, visti come la soluzione autentica, in opposizione a quella dei riformisti che volevano imitare l'Occidente. L'argomento del fondatore, Hassan al-Banna (1906-1949) era semplice: i nostri grandi riformatori hanno voluto riformare l'islam prendendo l'Europa come modello, e proprio l'Europa ha smantellato il mondo islamico e ci ha ingannato. In questa riflessione egli era appoggiato dal discepolo più caro dell'imam Muhammad 'Abduh, dallo Sheikh Rashid Rida, originario di Tripoli di Siria (oggi Libano) e diventato egiziano. Ha enunciato in principio semplice: L'Islam è la soluzione a tutti i problemi della società (al-Islām huwa al-hall); non c'è bisogno di ricorrere a niente al di fuori dell'Islam. Basta tornare alle radici dell'Islam, cioè al Corano e alla Tradizione del Profeta, presi alla lettera.

 Nel tentativo di uscire dalla crisi, tale posizione non cerca di innovare, ma di ritornare all'Islam "primitivo", prendendo come modello l'Islam delle origini. Quando si dice l'islam "delle origini", s'intende l'Islam conquistatore. Infatti, questa visione si appoggia anzitutto alla seconda fase nella vita di Maometto, la fase di Medina (622-632), quando l'Islam si è organizzato politicamente. E poi all'epoca dei primi califfi detti "ben guidati" che hanno conquistato il Medio Oriente e il Mediterraneo (632-660). Tale periodo è visto come quello del vero islam, capace di conquistare il mondo. Il ritorno a queste origini dovrebbe permettere ai musulmani di ampliare le loro conquiste mondiali.

Da allora, questa tendenza è divenuta sempre più radicale, dando vita a tutti quei movimenti che chiamiamo "islamisti" o "fondamentalisti".

Come si vede, in questa posizione, dalla crisi si passa subito alla soluzione senza fare un'analisi approfondita sui motivi di tale crisi. Se uno domanda: Perché l'Islam è rimasto indietro (nella scienza, nella tecnologia, nella cultura, nell'arte, nella diffusione di idee a livello mondiale, nel dominio,…)? La risposta è ovvia: perché è stato aggredito, bloccato, reso prigioniero… La colpa della crisi è nell'altro.

3. I liberali e la crisi dell'interpretazione

La posizione liberale, invece, attribuisce il maggior peso nella crisi al modo sbagliato con cui i musulmani hanno interpretato il Corano; l'averne fatto un manuale di politica, aver proiettato sul Corano le concezioni sociologiche e culturali tipiche di un'epoca: il dominio del maschio sulla femmina, il desiderio di violenza, l'ignoranza, ecc. In quest'ultimo periodo, quello che stiamo vivendo, i liberali denunciano l'ignoranza della gente, l'autoritarismo (la non democrazia) dei loro governi, e soprattutto la cattiva formazione degli imām, che ha generato ormai un islam popolare fatto da ignoranti e per ignoranti.

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