17/11/2003, 00.00
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Il muro, la sicurezza, la pace

di Bernardo Cervellera

Intervista a p. David Jaeger, francescano di Terrasanta

Gerusalemme (AsiaNews) - La guerra più lunga della storia, quella fra Israele e Palestina, continua a avvolgersi in se stessa rendendo aggrovigliata ogni prospettiva. Ad ogni attentato kamikaze palestinese corrisponde una mossa pesante da parte israeliana, ma nessuno  percepisce una via d'uscita. L'ultimo tentativo di soluzione era la proposta del muro che dividesse israeliani e palestinesi. Israele vede in questo uno strumento di sicurezza; i palestinesi vi vedono una conferma di razzismo. AsiaNews ha posto alcune domande sul problema del muro e sulla pace a p. David Jaeger, israeliano, francescano di Terrasanta, esperto di questioni mediorientali. L'intervista è stata condotta per telefono.

P. Jaeger, l'idea e la costruzione del muro sta creando "due  muri" contrapposti di accuse e critiche…

Il muro, all'origine, è stato proposto dalla sinistra israeliana, il campo più pacifista e più vicino ai palestinesi. L'idea rispondeva alle esigenze di sicurezza in Israele, per fermare gli attentatori. Nello stesso tempo il muro doveva demarcare la frontiera fra Israele e Palestina e doveva passare sulla cosiddetta linea-verde. Esso quindi doveva dividere il territorio israeliano da quello dei Territori occupati, creando sicurezza per Israele, ma anche sicurezza per i palestinesi, affermando che quella terra oltre il muro è territorio palestinese.

All'inizio la proposta era avversata dalla destra israeliana perché la frontiera segnata dal muro sarebbe un'ammissione di intoccabilità del territorio palestinese. Sarebbe un'ammissione che le colonie oltre il muro non sono parte di Israele.

Col moltiplicarsi dell'Intifada e degli attentati, è cresciuta irresistibile la domanda popolare di costruire questo muro. E così la destra è stata costretta ad assumersene la costruzione.

Il governo israeliano ha deciso di fare il muro, ma ne ha cambiato la natura: il muro non passa più lungo la frontiera, ma nel profondo del territorio palestinese. Il problema non è dunque il muro, ma la traccia su cui il muro va costruito.

Quindi molti territori rischiano di essere staccati e isolati….

Il nuovo principio con cui il muro è costruito è : lasciare al di qua – nella zona israeliana - il massimo del territorio e il minimo numero di palestinesi. Non rispettando le frontiere, è successo di tutto: vi sono decine di migliaia di palestinesi separati dai loro campi;  famiglie dai loro terreni agricoli; villaggi che vivono al di qua del muro, ma i loro ulivi, frutteti  e orti rimangono al di là del muro. In altri casi i villaggi palestinesi sono fra il territorio israeliano e il muro. In tal modo quei poveretti non possono andare da nessuna parte: la frontiera è bloccata e il muro li chiude. Alcuni villaggi – come la cittadina di Qalqilya  - sono circondati da ogni lato dal filo spinato e isolati.  Gli abitanti possono uscire solo dietro insistenti preghiere, ore di attesa, superamento di infinite barriere…Ma il problema più grande è a Gerusalemme, dove il muro taglia in due  alcuni quartieri palestinesi: taglia i gruppi familiari, i genitori dai figli; gli adulti dal proprio posto di lavoro; i bambini dalla scuola. E vi è anche il problema di alcuni conventi cattolici – a Betfage e a Betania – che sono divisi: l'edificio è separato dal terreno. Il muro poi, rischia di tagliare l'accesso dei pellegrini al santuario cattolico di san Lazzaro a Betania.

Un muro attorno alla propria frontiera, sebbene sia una cosa triste, si può rispettare: ogni paese ha diritto ad auto-isolarsi. Il punto è che questo paese non può costruire il muro nel territorio del vicino.

La costruzione del muro aumenta le possibilità della pace?

Fermare i sintomi del conflitto non è sufficiente È imperativo mettere fine al conflitto e quindi condurre Israele e Palestina al dialogo di pace. É importante che il Quartetto (USA, Russia, Europa, Onu) costringa le due parti a dialogare.

Ma c'è ascolto da parte degli interlocutori? Certe volte si ha l'impressione che ogni passo per la pace cada nel vuoto….

Tutti i sondaggi di opinione indicano che una solida maggioranza in Israele e in Palestina sono a favore di un trattato di pace . Vi sono anche tante personalità che hanno lanciato 2 grandi iniziative di pace.  Ami Ayalon, ex capo della polizia segreta israeliana ed ex capo della marina Militare, insieme al professor Sari Nusseba, presidente dell'università palestinese di Gerusalemme hanno stilato un manifesto per un trattato di pace e invitano la gente a firmarlo. Yossi Beilin, ex Ministro di Giustizia israeliano  eYasser Abed Rabu notissimo politico palestinese, hanno stilato una bozza per il trattato di pace e cercano il sostegno dei rispettivi popoli. Purtroppo la situazione politica al vertice di Israele e Palestina è tale che questa voglia di pace non riesce a tradursi in azione. A meno che non siano indotti dall'esterno. Per questo è irrinunciabile il ruolo della comunità internazionale, soprattutto quello dell'Europa, che si vanta – anche giustamente – di essere un soggetto attivo nella politica internazionale. (BN)

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