04/06/2011, 00.00
LIBANO
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A Bkerke il Patriarca cerca di unire i “fratelli nemici”

di Fady Noun
Deputati e personalità politiche hanno partecipato alle assise maronite “allargate” imperniate su due temi centrali: la vendita a non-cristiani delle proprietà terriere cristiane, e la presenza nell’Amministrazione dello Stato.
Beirut (AsiaNews) – Dopo aver riunito i quattro principali capi politici della comunità maronita, il patriarca Béchara Raï ha presieduto il 2 giugno le assise maronite allargate, a cui hanno assistito deputati e personalità provenienti da tutti i diversi punti di vista politici.

Il patriarca ha cercato di unire i “fratelli nemici” su temi non conflittuali, ma vitali, che riguardano tutti i maroniti e tutti i cristiani del Libano al di là delle differenze che segnano la vita politica libanese e le legittime diverse prese di posizione. Ha ricordato che è bene attento a non mescolare religione e politica, e ha giustificato la riunione di Bkerke con la situazione eccezionale che il Libano e il Medio oriente stanno vivendo, in cui la Chiesa deve giocare un ruolo di catalizzatore.

Ieri sono stati toccati due grandi dossiers. La vendita massiccia di proprietà cristiane a non cristiani, e quello della presenza cristiana nell’Amministrazione e nei servizi pubblici. Il Centro di ricerca e documentazione della Chiesa maronita (Cmdr), presieduto da Camille Zeidan e l’associazione Labora hanno preparato due studi sui temi in questione. Camille Zeidan è stato a lungo responsabile del Segretariato per le scuole cattoliche. L’associazione Labora, presieduta da Tony Khadra, sacerdote dell’ordine degli Antonini, è relativamente giovane e aspira al ruolo di Agenzia d’impiego per i cristiani.

La vendita delle proprietà è stata evocata più volte nel corso di questi anni in Libano e in seno alla Chiesa. Se ne è parlato anche durante il Sinodo sul Medio oriente organizzato a Roma nell’ottobre del 2010. Il bilancio stilato durante la riunione di Bkerke non sembra così catastrofico come si poteva temere: di fronte alle cifre, le paure diffuse si sono dissipate.

Resta però il fatto che grandi quantità di terreni sono stati acquistati da non cristiani durante gli ultimi decenni, e in particolare nella regione di Jezzine, nel sud del Paese, dove una sola persona ha acquistato più di tre milioni di metri quadrati. In un Paese piccolo come il Libano (10.452 km quadrati) è molto, per un uomo solo.

Ci si ricorda che nel corso degli anni ’90, gli Hezbollah sono stati accusati di acquisto massiccio di terreni nella regione di Jezzine; alcuni deputati cristiani e drusi hanno accusato questo partito islamico vicino all’Iran di volerne fare una zona di popolazione sciita, per legare, demograficamente, il Libano meridionale alla Bekaa; due zone a predominanza sciita.

Ma gli acquisti massicci di terreno non si limitano al Libano meridionale, hanno constatato le personalità riunite a Bkerke. Si estendono anche alla regione di Koura e di Zghorta, vicine alla città a prevalenza sunnita di Tripoli, nel Libano del nord. Questi acquisti suscitano anche là l’inquietudine della popolazione, che teme una colonizzazione progressiva e l’estensione della presenza musulmana sunnita in regioni a predominanza cristiana.

La Costituzione libanese ha riaffermato il diritto di residenza per ogni libanese in ogni punto del territorio. Questo è accaduto come reazione alla guerra del 1975-1990, e a un piano che voleva ridistribuire la popolazione libanese in cantoni su base confessionale.

La preoccupazione del patriarca maronita e di alcuni deputati libanesi, come Boutros Harb, non è legata al fatto che i libanesi possano mescolarsi;  ma piuttosto alla necessità che ciò accada in maniera spontanea e naturale. Ci si oppone a una pianificazione comunitaria dei luoghi di residenza a fini ideologici o politici. E questo in nome e a causa dei principi enunciati dalla Costituzione.

Per esempio, a Beirut, quartieri a maggioranza sciita cominciano a premere su altri a prevalenza cristiana. In alcuni casi si sono fatte pressioni politiche e militari sui cristiani affinché cedessero le loro proprietà; e in altri casi è stato necessario fare pressione su musulmani che occupavano illegalmente proprietà cristiane affinché se ne andassero. Questo tema può dunque trasformarsi da personale a fonte di preoccupazioni comunitarie.

Nel Monte Libano sono in corso trattative affinché gli Hezbollah restituiscano una superficie di tre milioni di metri quadri occupata illegalmente, e appartenente al Patriarcato maronita. Ai deputati maroniti che assistevano alla riunione, così come ai sindaci e ai responsabili di comunità di tutto il Paese è stato chiesto di essere vigilanti su questo punto, e di coordinare le loro azioni preventivamente con il Patriarcato.  Si è parlato anche, ancora un volta, della creazione di un fondo finanziario, sotto la supervisione del Patriarcato maronita, destinato ad acquistare le proprietà messe in vendita da cristiani per una ragione o un’altra; e soprattutto se la vendita è motivata dal bisogno.

Il secondo dossier riguardava la presenza cristiana nell’Amministrazione. Alcune campagne tese a incoraggiare i cristiani a entrare nei servizi pubblici, e in particolare nelle forze dell’ordine, hanno portato buon frutto. Nel momento di più forte disaffezione verso lo Stato da parte dei cristiani si era al 15% di presenza nell’Amministrazione; ora si è al 24%.  Non è una cifra negativa, per una comunità che rappresenta circa un terzo della popolazione totale del Libano. Tanto più che la regole di parità islamo-cristiana, obbligatoria in parlamento e fra gli alti funzionari non si applica in questo campo. E’ vero che c’è chi chiede che la legge sulla parità sia applicata in tutti i gradi dell’amministrazione; ma ci sono poche possibilità che la proposta venga accolta.

Alcune forze politiche hanno chiesto che la prossima volta le assise maronite di Bkerke si amplino fino a diventare assise cristiane. Non c’è una data per il prossimo incontro, che sarà preparato da una commissione guidata da un vescovo.

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