19/06/2019, 13.17
ARABIA SAUDITA
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A dispetto delle ‘riforme’, Riyadh concede nuovi poteri alla polizia religiosa

Le autorità hanno approvato una norma sulla “pubblica decenza” che colpisce l’abbigliamento contrario “al decoro” o i graffiti. Incertezza sui tempi di entrata in vigore. Secondo i critici si presta a interpretazioni e applicazioni arbitrarie, che favoriscono la repressione. Polemiche e proteste sui social. 

 

Riyadh (AsiaNews/Agenzie) - Un disegno di legge in fase di approvazione in Arabia Saudita, incentrato sul decoro nei luoghi pubblici, ha già sollevato feroci polemiche per il suo contenuto repressivo. Secondo i critici, infatti, esso significherebbe restituire nuovi poteri in materia repressiva alla polizia religiosa che, nell’ultimo periodo, aveva visto limitare i propri poteri e le materie di intervento in seguito a un timido programma di riforme. 

In origine la norma sulla “pubblica decenza” - approvata dal governo ad aprile - doveva entrare in vigore a partire dal 25 maggio scorso; tuttavia, ad oggi non vi sono notizie certe sulla sua applicazione. Con l’intento di salvaguardare “i valori e i principi” dell’Arabia Saudita, culla dell’islam, essa prende di mira l’abbigliamento che “offende il decoro”, compresi i pantaloni corti per gli uomini, e i “graffiti” o altre forme di arte pittorica “da strada”. 

I trasgressori rischiano pene pecuniarie che variano fino a 5mila riyals, poco più di 1300 dollari. 

Secondo i critici la legge, per come è formulata, assume dei connotati sin troppo vaghi e si presta all’interpretazione del singolo; questo comporta che, in fase di applicazione, potrebbe determinare punizioni arbitrarie e sproporzionate. Da qui la reazione sui social e in rete, contro “il ritorno” della polizia religiosa (haia) “senza barba” come ha scritto su twitter lo studioso Sultan al-Amer. 

In passato non era difficile incontrare le guardie barbute della polizia religiosa intente a pattugliare strade e centri commerciali delle principali città del Paese; fra i loro compiti quello di castigare le donne che indossavano smalti brillanti o scoperte alla guida, quando era ancora vietato. A loro era preposto il compito di far rispettare in modo rigido la segregazione fra i sessi. Tuttavia, negli ultimi anni in seguito al programma di riforme voluto dal principe ereditario Mohammed bin Salman (Mbs) hanno visto ridursi - e di molto - il loro potere di intervento.

Fra i social nel mondo arabo si moltiplicano i messaggi con l’hashtag “i pantaloncini non offendono la morale pubblica”, assieme a meme di uomini che sudano correndo su tapis roulant in abiti tradizionali larghi. Per molti analisti ed esperti questa confusione è frutto “dell’incontro fra Arabia Saudita e Singapore”. “La leadership saudita - afferma Kristin Diwan, dell’Arab Gulf States Institute di Washington - vuole minare la base islamica del potere sociale, pur mantenendo il controllo politico assoluto e l’ordine pubblico”. 

“Questa [legge] è uno sforzo - osserva Ali Shihabi, fondatore del think-tank saudita Arabia Foundation - per bilanciare la pressione degli elementi conservatori della società, che accusano [il governo] di lasciare che le cose vadano fuori controllo”. Del resto le trasformazioni sociali vengono viste con “risentimento” nei quartieri conservatori e radicali, i quali invocano un maggiore controllo dello Stato nella vita pubblica (di uomini e donne).

Nel regno saudita vige una monarchia assoluta sunnita, retta da una visione wahhabita e fondamentalista dell’islam. Le riforme introdotte negli ultimi due anni da Mbs hanno toccato la sfera sociale e i diritti, fra cui il via libera per la guida alle donne e l’accesso (controllato e in apposti settori) agli stadi. Tuttavia, gli arresti di alti funzionati e imprenditori, la repressione di attivisti e voci critiche e, in ultimo, la vicenda Khashoggi gettano un’ombra sul cambiamento.

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