30/06/2015, 00.00
INDONESIA
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Accademica indonesiana: con l’enciclica del papa, l’ambiente diventa una “questione globale”

di Mathias Hariyadi
Maria Ratnaningsih, docente universitaria cattolica, apprezza il papa sulla cura della “Casa Comune”. La studiosa sottolinea le differenze fra Paesi sviluppati e nazioni del Terzo mondo. L’attenzione della Chiesa è “un passo in avanti significativo” in tema di ambiente. Necessario guardare al “bene comune” di tutti e sostenere le comunità emarginate.

Jakarta (AsiaNews) - In un mondo in cui aumentano i pericoli legati all’uso di inquinanti, in cui si amplificano le differenze fra Paesi industrializzati e nazioni in via di sviluppo, le parole del pontefice chiariscono che il problema ambientale è una “questione globale” e non una “preoccupazione secondaria”. È quanto sottolinea ad AsiaNews Maria Ratnaningsih, studiosa ed esperta di ambiente dell’Università di Indonesia (UI) a Jakarta, commentando l’enciclica di papa Francesco “Laudato sì”. Da un lato, sottolinea la docente, vi sono Paesi sviluppati che hanno già promosso “comportamenti civili” in tema di ambiente; di contro, vi sono nazioni ancora “inconsapevoli” del problema ambientale, che abusano delle risorse naturali e inquinano senza pensare agli effetti presenti e sulle generazioni future. 

“Parlando in tutta franchezza” afferma la professoressa Ratnaningsih, “oggi le condizioni del nostro ambiente sono in serio pericolo e tutti dovremmo sentirci coinvolti da questa situazione. Questo è ancor più vero, se pensiamo ai frequenti disastri naturali che capitano ogni giorno: alluvioni, smottamento, slavine, cambiamenti estremi del clima e via discorrendo…”.

Si tratta, avverte, di un problema che non può essere affrontato a livello di individui, ma richiede l’intervento di tutte le parti in causa, governi, stati, imprese e cittadini. “Per questo ciò che la Chiesa cattolica sta promuovendo oggi attraverso l’enciclica del papa - aggiunge - è un passo in avanti significativo. La Chiesa ha una visione chiara di quanto il problema ambientale sia una questione globale e non solo una preoccupazione secondaria”.

Il papa con la sua enciclica, commenta la docente, ha dimostrato come “questo problema globale deve essere affrontato da tutta la comunità umana”. La studiosa aggiunge che i danni ambientali possono essere calcolati con precisione ed è chiaro, oggi, come i cambiamenti climatici e l’inquinamento possano costituire una grave minaccia “per le nostre vite”. Ecco dunque che diventa sempre più “urgente” promuovere l’interesse comune dei cittadini sulle tematiche inerenti la sostenibilità ambientale, favorendo il bene comune sull’interesse di pochi privati o di alcune nazioni a discapito di altre. 

“Le nazioni moderne e sviluppate - prosegue Maria Ratnaningsih - dovrebbero capire l’importanza del condividere le migliori ‘pratiche’ in tema di gestione dell’ambiente, mettendo a disposizione le loro conoscenze e la tecnologia ai Paesi ancora in via di sviluppo”. Una politica di sviluppo e strategie di lungo termine, aggiunge, sono le “chiavi della conoscenza” che permetteranno di affrontare tutti i problemi, dai danni ambientali agli agenti inquinanti. 

Per raggiungere l’obiettivo, la studiosa e docente sull'ambiente elenca alcune linee guida da seguire per preservare il pianeta e curare quella che papa Francesco definisce la nostra “Casa Comune”. “Bisogna iniziare” avverte “dalle piccole cose, diventando pionieri in tema di ambiente, promuovendo uno stile di vita compatibile” che superi il “modello consumista”. Per questo “bisogna essere prudenti nell’uso di acqua, energia e gestione rifiuti”. 

Come dimostra l’enciclica, la Chiesa può giocare un ruolo di primo piano nel promuovere stili di vita eco-compatibili fra i fedeli, favorendo affari e impresi “all’insegna della sostenibilità” e che guardano, prima di tutto, “al bene comune di tutte le persone”. Seguendo le direttive di papa Francesco vanno respinti i proventi “derivanti da affari illeciti” come riciclaggio di denaro sporco o corruzione. “La Chiesa deve agire con le persone ultime e abbandonate - conclude la studiosa - perché così facendo le comunità emarginate possano ritrovare la loro dignità. E promuovere progetti, politiche e attività verdi che siano attente all’ambiente”. 

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