02/10/2014, 00.00
INDONESIA - ISLAM
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Aceh: attivisti e società civile contro la sharia anche per i non musulmani

di Mathias Hariyadi
L’approvazione grazie a un colpo di mano di fine legislatura dei parlamentari della provincia. Essa impone a cristiani e altre minoranze il rispetto della legge islamica, come l’obbligo del velo per le donne e il divieto di consumo di bevande alcoliche. Appello al governo centrale perché intervenga e blocchi norme in contrasto con la Costituzione e i Pancasila.

Jakarta (AsiaNews) - Attivisti, membri della società civile, semplici cittadini della provincia e in tutto l'arcipelago indonesiano manifestano tutta la loro preoccupazione e contrarietà per l'estensione delle norme improntate alla sharia a tutti gli abitanti di Aceh, anche i non musulmani. La decisione è frutto di un colpo di mano del blocco parlamentare locale uscente che, a pochi giorni dalla conclusione della legislatura, il 27 settembre scorso, è riuscito a ottenere l'approvazione della norma alla Camera. I parlamentari della provincia di Aceh (Dpra) hanno vinto la battaglia, ottenendo l'introduzione delle cosiddette "Quanun Jinayat", le regole di condotta basate sulla legge islamica, per tutti gli abitanti della provincia. 

Per gli oppositori, l'estensione delle norme pro-sharia ai non musulmani di Aceh costituisce una palese violazione della Costituzione indonesiana del 1945 e degli stessi Pancasila, i principi ispiratori del moderno Stato, basati sul pluralismo e la libertà religiosa, primo fra i diritti umani. Decine di membri della Hakka Chinese Association di Aceh sono contrari a una imposizione forzata della sharia ai non musulmani, fra cui il velo obbligatorio (hijab) alle donne. 

Interpellata da AsiaNews la professoressa Siti Musda Mulia, attivista di primo piano, afferma di essere "al 100% contraria" all'applicazione della legge islamica ai non musulmani ad Aceh; qualsiasi delibera al riguardo, aggiunge, deve essere valutata "con attenzione" dalle massime autorità di tutto il Paese, ma "soprattutto dal governo centrale".

Una posizione condivisa da Sumanto Al Qurtuby, studioso del Nahdlatul Ulama (Nu), il più importante movimento musulmano moderato, secondo cui è Jakarta deve "contrastare" proposte di legge "confessionali" che "mettono in pericolo l'unità nazionale della Repubblica di Indonesia". Le norme contenute nel "Quanun Jinayat", rilancia la prof. sa Mulia, sono "molto discriminatorie e potenzialmente contraddittorie, e si prestano a numerose interpretazioni". 

Nei giorni scorsi molti studiosi, esperti e attivisti sono intervenuti nella polemica, invitando il governo a impedire il passaggio in aula della norma. Essa prevede inoltre la piena entrata in vigore di precedenti leggi e regolamenti provinciali ad Aceh, che risalgono al biennio 2002/3: fra questi le norme che vietano il consumo di alcol e altri "beni" proibiti, oltre che le disposizioni in materia di adulterio (che prevedono la fustigazione per i colpevoli). 

Fra le voci contrarie vi è anche quella degli esperti del Setara Institute, una Ong che si batte per i diritti umani e la libertà religiosa in Indonesia, che definiscono la legge "discriminatoria, intollerante e che ignora i principi di base della giustizia". 

Dalla prima apparizione una decina di anni fa, le "Quanun Jinayat" hanno subito dato adito a crescenti episodi di intolleranza e violenze, in particolare verso le donne. Secondo una ricerca elaborata da Indonesian Human Rights for Women (Komnas Perempuan), nel biennio 2011/12 vi sono stati almeno 1060 casi di attacchi contro le donne nella provincia di Aceh. Al contempo aumentano i casi di violenze domestiche, che corrispondono al 73,6% del totale. Crescono anche i conflitti di natura confessionale, con almeno otto attacchi nella prima metà del 2014. Attivisti e gruppi pro diritti umani rilanciano i principi sanciti dalla Costituzione e dai Pancasila, che anche ad Aceh devono valere più della sharia; in caso contrario, il rischio concreto è quello di una "tirannia della maggioranza sulla minoranza, coi non musulmani costretti ad adottare norme che non sono on conformità con il loro credo religioso". 

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