20/03/2018, 09.02
SIRIA - TURCHIA
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Afrin, milizie ribelli saccheggiano la città. Centinaia di migliaia di civili in fuga

Negozi, abitazioni, strutture militari e governative oggetto di raid ed espropri. Il presidente turco annuncia la prosecuzione dell’offensiva, obiettivo finale Kobane. Almeno 200mila civili hanno lasciato l’area in queste settimane; quasi 300 le vittime, di cui 43 bambini. Il silenzio di Stati Uniti ed Europa. 

 

Damasco (AsiaNews/Agenzie) - I gruppi ribelli siriani - al cui interno operano movimenti radicali islamici - che hanno sostenuto l’esercito turco nella conquista di Afrin [enclave curda nel nord della Siria caduta il 17 marzo] perpetrano saccheggi e furti ai danni della popolazione dell’area. Secondo fonti locali negozi, abitazioni, strutture militari e governative sono stati oggetto di raid ed espropri. Intanto prosegue l’offensiva di Ankara nella regione: il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha affermato che la campagna militare verrà estesa a tutte le zone di confine nel settore orientale del Paese. 

In un discorso tenuto ieri nella capitale per celebrare la “vittoria”, il leader turco ha sottolineato che “l’operazione militare [ribattezzata Ramoscello d’ulivo] andrà avanti fino a che sarà spazzato via il corridoio [curdo] che collega Manbij, Kobane, Tal Abyad, Ras al-Ain, Qamishli”. Per Erdogan la caduta di Afrin è la pietra miliare nella lotta contro le milizie curde Ypg (Unità di Protezione Popolare), che egli considera collegate ai gruppi “terroristi” curdi del Pkk (Partito curdo dei lavoratori), protagonisti di una decennale lotta per l’indipendenza. 

I leader dell’Ypg negano ogni contatto a livello dirigenziale e organizzativo con il Pkk. E in questi anni, assieme ai gruppi combattenti arabi, si sono rivelati una pedina fondamentale nello scacchiere siriano - soprattutto per gli Stati Uniti - nella lotta contro lo Stato islamico (SI, ex Isis). Fonti locali riferiscono che la maggior parte dei combattenti curdi avrebbero lasciato l’area, assieme alla maggioranza dei 220mila civili che vivevano in città prima della sua caduta. 

Testimoni oculari ad Afrin raccontano che, in queste ore, gruppi combattenti hanno fatto irruzione in negozi, ristoranti e case, rubando cibo, equipaggiamenti elettronici, coperte e altri beni di prima necessità. Il materiale trafugato è stato trasportato al di fuori della città. “La distruzione della statua di Kawa Haddad - afferma un curdo dell’area - i furti nei negozi e nelle case è deprecabile a livello morale”. 

Analisti ed esperti affermano che la Turchia ha attaccato con l’intenzione di operare un cambiamento demografico nella zona, mettendo i curdi in minoranza. Ankara respinge questa accusa, ma restano i timori sul futuro della regione legati alla presenza permanente di arabi e turchi che i curdi non saranno certo disposti ad accettare. 

Le Nazioni Unite riferiscono che al momento vi sarebbero ancora 100mila persone circa nella regione di Afrin, in netto calo rispetto ai 323mila di novembre. Almeno 98mila sono registrati come sfollati nei centri di accoglienza nei territori controllati dal governo siriano. Nella battaglia di Afrin  sarebbero morti almeno 289 civili, di cui 43 bambini. 

L’assalto e la presa della città curda si è consumata nel silenzio e nel disinteresse della comunità internazionale, in particolare dell’Europa e della Nato, a guida statunitense. Analisti ed esperti ricordano come i curdi siano stati sfruttati a lungo in chiave anti-Isis, per essere poi abbandonati. Bruxelles sarebbe più interessata alla sicurezza dei confini e vede in Erdogan un “alleato” chiave nel contenimento del fenomeno migratorio e in un discorso più ampio di geopolitica internazionale. E pure gli Stati Uniti, che hanno a lungo armato i curdi, in questo frangente non hanno fatto nulla per impedire l’avanzata dei turchi. Commentando il saccheggio di Afrin, il governo Usa ha espresso un generico sentimento di “profonda preoccupazione”. (DS)

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