12/04/2007, 00.00
IRAN
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Ahmadinejad all’attacco della Fiera del libro di Teheran

di Dariush Mirzai
Le forze che fanno capo al presidente della Repubblica mirano a limitare la manifestazione culturale più importante del Paese, che era anche tradizionale occasione di contatti con l’estero. Ancora in crescita la morsa della censura.
Teheran (AsiaNews) – La strategia di isolamento portata avanti dal gruppo che fa capo al presidente Mahmoud Ahmadinejad ha preso di mira la Fiera internazionale del Libro di Teheran. Si tratta della manifestazione culturale più importante dell’Iran e offre anche, tradizionalmente, per la società, un’aria di relativa libertà e di contatti tra giovani e con l’estero. Nel suo ambito, è anche una delle Fiere più importanti del Medio Oriente e dell’intera Asia.
 
La ventesima edizione, prevista dal 2 al 11 maggio, è sotto attacco da parte dal governo Ahmadinejad: per mantenere la purezza “islamica” della cultura iraniana, non basta la censura, serve anche limitare i contatti internazionali! Perciò, il Ministero della cultura e dell’orientamento islamico ha deciso di dividere la Fiera su due siti, uno per gli editori iraniani (sul cantiere di una mega-moschea in costruzione da anni) e l’altro per gli stranieri (sul sito degli anni passati). Il motivo ufficiale di questa decisione è ecologico: limitare il traffico automobilistico legato alla mostra, che attira milioni di visitatori. In realtà, la decisione appare dovuta alla volontà di controllare meglio chi visita la mostra internazionale e di rendere più difficili i contatti tra editori ed autori iraniani da una parte e stranieri dall’altra.
Per scoraggiare ancora un po’ di più i partecipanti stranieri, le tariffe di partecipazione sono state aumentate drasticamente per loro (e solo per loro) e l’organizzazione è ancora più caotica ed imprevedibile degli anni passati. “Adesso, basta!” è la reazione di molti partecipanti stranieri – reazione logica, comprensibile; ed è proprio la reazione sperata dal team Ahmadinejad!
 
“Basta”, perché l’Iran è già il Paese dove il copyright è probabilmente il meno rispettato nel mondo, perché la censura delle opere tradotte rallenta, tradisce (con modifiche assurde) se non impedisce senza ragione chiara la pubblicazione di molti libri stranieri. E’ proibito tutto quello che va contro la “moralità”, “i valori islamici”, “gli interessi della Repubblica islamica d’Iran” (tra l’altro, scrivere “Golfo Arabo-Persico”) e tutto quello che incoraggia “animosità, razzismo, sionismo, superstizione”. Di mira, non solo l’Occidente: pochi giorni fa, 16 libri provenienti dall’Egitto, dalla Giordania e dal Libano sono stati proibiti dalle autorità iraniane: non potranno essere presentati nella sezione internazionale della Fiera.
L’isolamento culturale dell’Iran, una società giovane e tradizionalmente aperta al mondo, sta crescendo. E non solo per colpa delle sanzioni dell’Onu. Le proteste degli editori internazionali e quelle, più prudenti, degli iraniani, non fanno molta impressione sugli  ideologi islamisti e sugli affaristi che controllano il potere nella patria di Avicenna, di Saadi e di Hafez.
 
Accanto al Corano, il culto dei cosiddetti “martiri” e la glorificazione del nucleare sono diventati le priorità “culturali” dell’Iran. L’unica alternativa per molti giovani: video-clips e feuilleton, spesso debilitanti, sulle reti satellitari in Farsi, messe in onda da Los Angeles.
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