05/05/2017, 10.13
SIRIA
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Aleppo, sposi in guerra: la fede in Cristo e la Chiesa più forte della tentazione di emigrare

La parrocchia latina su iniziativa di p. Ibrahim ha lanciato un progetto di aiuto alle giovani coppie cristiane. Il desiderio di pace e la ricerca di un lavoro per contribuire allo sviluppo del Paese. La paura di restare senza risorse per la sopravvivenza. AsiaNews ne ha incontrate due e ha raccolto la loro testimonianza.

 

Aleppo (AsiaNews) - La fine della guerra e la ricerca di un lavoro che permetta di “contribuire allo sviluppo” del Paese martoriato da anni di violenza e terrore; e ancora, il sostegno derivante da una fede “che è cresciuta” in tutto questo tempo e la “tentazione” sempre presente al fondo di emigrare se dovessero venire a mancare le risorse di base per sopravvivere, finora garantite “dall’aiuto prezioso della Chiesa”. È quanto raccontano due giovani famiglie cristiane di Aleppo, che ad AsiaNews hanno raccontato il dramma di un conflitto entrato ormai nel settimo anno, le prospettive di pace ancora lontane e lo sforzo dei leader cattolici locali a sostegno più poveri e disagiati. Entrambe sono parte del programma di aiuti alle giovani coppie di sposi, lanciato nei mesi scorsi da p. Ibrahim Alsabagh, 44enne francescano, guardiano e parroco della comunità latina.

Come ha spiegato p. Ibrahim presentando l’iniziativa, sostenuta anche da papa Francesco con una donazione di 100mila euro durante il ritiro spirituale in preparazione alla Pasqua, la famiglia rappresenta “il futuro di una società”; anche e soprattutto “in un contesto di guerra”. Da qui la volontà di sostenere sul piano “materiale e spirituale” le giovani coppie di quella che un tempo era la metropoli del nord della Siria.

Nelle scorse settimane circa 740 famiglie, formatesi dopo il 2012, hanno ricevuto “aiuti fra cui cibo, medicine e fornitura di corrente elettrica”. Parte delle donazioni sono confluite anche a musulmani bisognosi, in un contesto di carità che abbraccia tutti a prescindere dalla fede religiosa professata. “Dentro questo progetto - avverte il parroco di Aleppo - vi è il tentativo di promuovere incontri di formazione permanente” per contribuire al sostegno della coppia “anche dopo il matrimonio”.

La prima delle due famiglie incontrate da AsiaNews è formata da Bassam Salloum, 31 anni e dalla 29enne Miryam Mahaj, entrambi con studi universitari in Lingua e letteratura francese alle spalle. La coppia si è sposata il 22 agosto 2015 e ha una figlia, di nome Tiya, che sta per compiere un anno.

Bassam e Miryam si sono conosciuti nel 2014, durante il periodo forse più buio della città di Aleppo. I due giovani hanno pensati a lungo di emigrare e sposarsi all’estero, ma la Chiesa locale li ha sempre sostenuti - a livello finanziario e spirituale - lungo il cammino e per questo hanno deciso di restare. Da un paio di anni la parrocchia contribuisce al pagamento dell’affitto dell’appartamento, all’acquisto di generi alimentari e alla fornitura di energia elettrica. “La nostra speranza, per il futuro - raccontano - è che la guerra finisca e possiamo vivere del nostro lavoro e contribuire allo sviluppo del nostro Paese”. Tuttavia, resta forte “il timore” che il conflitto possa “durare ancora a lungo” e che la Chiesa “finisca le risorse: come potremo sopravvivere - aggiungono - senza il suo aiuto?”. In questi anni di guerra e violenze “la nostra fede è cresciuta: ci siamo sposati - raccontano - in pieno conflitto, senza conoscere nessuno che ci potesse aiutare. Abbiamo contato solo sulla protezione di Dio”. In un momento di particolare crisi si sono presentati alla parrocchia, spiegando la loro situazione economica e familiare. Non conoscevano padre Ibrahim, ma fin da subito “il sacerdote ci ha sostenuto e incoraggiato”. Per poter rispondere ai fabbisogni della famiglia, Bassam ha due impieghi: a scuola, come insegnante, e nella parrocchia, dove è attivo nel sociale. Ogni giorno lavora sino a 12 ore, o anche più se necessario. I soldi di un mese, confessa, “bastano a sopravvivere per tre settimane”. Resta, forte, la “tentazione” di fuggire all’estero perché “tutta la nostra famiglia” è già emigrata, ma “la fede in Dio, la Provvidenza e il sostegno della Chiesa ci consentono di restare ad Aleppo”.

Una infanzia difficile, con la perdita precoce del padre, accomuna la seconda coppia: Khalil Mstrih, 32 anni, studi superiori, che oggi gestisce una pasticceria e la 25enne Diala Dib, laureata in economia e oggi impiegata alla reception della parrocchia. I due giovani si sono sposati il 24 luglio 2016. “Ci amiamo molto - raccontano - e pur non vedendo la fine della guerra, abbiamo deciso di sposarci . Ci manca tutto, partendo dalla casa: abitiamo in un appartamento lasciato libero da una famiglia che è emigrata. Ma se un giorno volessero tornare? Cosa facciamo? E dove andiamo? In questa casa niente è nostro… Usiamo i loro oggetti”.

Prima della guerra Khalil lavorava in una pasticceria, dove ha imparato l’arte del realizzare i dolciumi; con il denaro risparmiato, ha aperto un’attività propria e oggi ne parla con grande orgoglio. “A causa della morte di mio padre - ricorda - ho dovuto abbandonare presto gli studi. Sono riuscito nella mia attività senza particolari aiuti. Poi è iniziata la guerra e tutto si è perduto”. Avrebbe voluto emigrare all’estero, ma l’idea di lasciare la madre sola alle spalle lo ha bloccato e, per questo, ha deciso di restare. “Abbiamo grande fiducia in Dio - sottolineano Khalil e Diala - e se non avessimo avuto una fede salda non ci saremmo mai sposati. Avevo solo un dollaro quando l’ho conosciuta, non sapevo come avrei fatto a costruire una famiglia. È Dio che ci ha aiutato e ci ha guidato in questo cammino”. Il pensiero dell’emigrazione, della fuga non è ancora del tutto abbandonato perché “non saremmo più costretti a mendicare, ma potremmo vivere del nostro lavoro”.

Grazie all’aiuto di p. Ibrahim, Khalil ha trovato alcuni sostenitori con i quali riaprire una nuova pasticceria, anche se i guadagni sono limitati. Il costo dell’affitto è elevato e ogni mese vi è il pericolo di non accumulare denaro sufficiente per far fronte alle spese. Non potendo assumere personale per non gravare ancor più sul bilancio, la moglie ha deciso di aiutare il coniuge nell’attività. “Soffriamo molto - conclude la coppia - e l’aiuto della Chiesa è di vitale importanza in questo contesto. Speriamo solo che la guerra possa finire presto”. (DS)

 

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