05/12/2008, 00.00
RUSSIA
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Alessio II, le contraddizioni dell’ortodossia e della Russia

Il defunto patriarca ha attraversato il periodo da Stalin a Kruscev; da Gorbacev a Putin. Ha lavorato per l’espansione della Chiesa russa ortodossa, talvolta in conflitto con Costantinopoli. Ha anche ammesso periodi di “compromessi” con il potere sovietico. Il dolore di Putin e Medvedev.

Mosca (AsiaNews) - Alessio II, patriarca della Chiesa ortodossa russa per 18 anni, ha guidato la sua comunità in uno dei periodi più difficili del Paese. La sua personalità rivela tratti contraddittori.

Nato nel ’29 in una Estonia indipendente, Alexei Ridiger è stato fra i sostenitori di coloro che volevano assorbire la Chiesa di Estonia nel Patriarcato di Mosca. Nel ’47, quando Stalin cerca di usare la Chiesa ortodossa per schiacciare i cattolici, il giovane Alexei entra nel seminario di Leningrado. Nel ‘50 si sposa e diviene subito diacono (si dice per non fare il servizio militare). Anni dopo egli divorzia per intraprendere la via monastica che porta all’episcopato. Nel ’61 diviene vescovo di Tallin. La sua ordinazione episcopale avviene sotto Kruscev, assieme ad altri vescovi che – secondo studiosi dell’ortodossia – avevano il compito di portare a una “morte morbida” la Chiesa ortodossa.

Dal ’61 in poi la sua carriera cresce sempre più: vice-presidente del Dipartimento per le relazioni esterne nel ’61; arcivescovo nel ’64; nello stesso anno diviene cancelliere del patriarcato di Mosca e membro permanente del Sinodo. Dal ’63 al ’79 è pure membro della Commissione sinodale per l’unità dei cristiani e i rapporti fra le Chiese.

Quando nel ’90 è stato eletto patriarca di Mosca, è visto da molti come l’uomo della perestroika (“ricostruzione”, “riforma”), essendosi egli da tempo schierato con le aperture di Gorbacev, augurandosi che anche nella Chiesa avvenisse la stessa riforma e che si facesse chiara la distinzione fra Chiesa e stato. Dato il lungo passato come responsabile dell’ecumenismo e dei rapporti inter-cristiani, molti hanno sperato che avrebbe dato una forte spinta all’ecumenismo e all’unità fra le Chiese.Invece ciò non è avvenuto, o è avvenuto solo all’interno del mondo ortodosso di tradizione russa.

Ricucire l’ortodossia russa

Alessio II ha dovuto infatti affrontare lo sfaldamento dell’Urss con il conseguente proliferare di chiese proclamatesi autocefale nelle ex repubbliche ormai indipendenti. Per mantenere la sfera di influenza sulle comunità dei fedeli dell’odierna Comunità degli stati indipendenti (Cis), egli ha dovuto fare i conti con l’impronta nazionale (o nazionalistica) che caratterizza ogni chiesa ortodossa. Il lavoro per legare a Mosca le varie denominazioni venutesi a creare già dai primi anni ’90 ha permesso ad Alessio II di portare la chiesa della terza Roma ad essere la più importante, per numero di fedeli, tra tutte quelle ortodosse. Ma ancora oggi il risultato non è definitivo.

Il caso dell’Ucraina è quello più paradigmatico con i fedeli ortodossi oggi divisi in tre differenti chiese. Proprio nel ’90 sono sorte la Chiesa Ortodossa Ucraina, rimasta legata al Patriarcato di Mosca (Cou-Pm), e la Chiesa Ortodossa Ucraina Autocefala (Coua) e d’impronta nazionalista. Nel 1992 è poi nata la Chiesa Ortodossa Ucraina del Patriarcato di Kiev (Cou-Pk) per iniziativa del metropolita Filaret rimosso dalla guida del Cou-Pm e poi scomunicato da Mosca nel 1997.

Questa frammentazione è stato uno dei terreni di confronto tra Mosca e Costantinopoli, altro vero banco di prova della reggenza di Alessio II. Dopo gli anni dell’emarginazione patita sotto il regime sovietico, Mosca ha rialzato la testa e ha ripreso a contendersi con la seconda Roma il primato interno all’ortodossia.

Le accuse di collaborazione con il Kgb

Durante il suo governo, diverse fonti lo hanno spesso accusato di aver collaborato con il Kgb. Fra essi vi è pure il p. Gleb Yakunin, sacerdote ortodosso che ha lottato negli anni sovietici per la libertà religiosa. Il Patriarcato di Mosca ha sempre negato queste accuse. Ma lo stesso Alessio II ha una volta ammesso l’esistenza di compromessi: “per difendere una cosa, era necessario dire qualcos’altro. Vi sono state altre organizzazioni, o altre persone che avevano responsabilità per loro e per migliaia di altri destini che in quegli anni in Unione Sovietica non sono stati costretti a fare altrettanto? Comunque, davanti a queste persone che sono state ferite dal compromesso, il silenzio, la passività forzata, o la lealtà espressa permessa dai leader della Chiesa, davanti a queste persone e non solo davanti a Dio, io chiedo perdono, comprensione e preghiere” (cfr "Izvestia" No 137, 10 Giugno, 1991).

Rimane aperta la questione del rapporto con il potere ex sovietico. Alessio II cercava garanzie dallo stato – sull’educazione religiosa e il sostegno economico – ma anche una distinzione da esso. Molti analisti vedono oggi l’ortodossia russa come il “collante” (forse uno dei pochi rimasti) della società russa, e il governo di Mosca come il servo-padrone dell’ortodossia. Alessio stesso è stato uno dei principali artefici del ravvicinamento della Chiesa a Putin e oggi a Medvedev. Commentando la sua morte oggi, il presidente russo ha detto: “[Egli] era un grande cittadino della Russia, il cui destino riflette le più grandi prove del 20° secolo che hanno segnato il nostro Paese”. E Putin, da parte sua, ha detto che la morte del patriarca è un “avvenimento tragico” e una “grande perdita”.

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