29/04/2008, 00.00
CINA - TIBET
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Anche condanne all’ergastolo per i monaci "responsabili" delle proteste in Tibet

Dure pene per le prime 17 persone, almeno 6 monaci condannati da 15 anni all’ergastolo. Intanto Pechino riapre uno dei monasteri chiusi per le proteste. La torcia olimpica, dopo le contestazioni pro-Tibet in tutto il mondo, riceve grandi feste nel comunista Vietnam.

Pechino (AsiaNews/Agenzie) – Nel Tibet ancora chiuso ai giornalisti e ai visitatori esteri, 17 persone hanno ricevuto oggi condanne da tre anni all’ergastolo per le proteste di marzo nella capitale Lhasa. Tra i condannati all’ergastolo c’è il monaco Basang, accusato di avere guidato una decina di persone, tra cui 5 altri monaci - per loro condanne tra 15 e 20 anni - nella devastazione di uffici pubblici e negozi e nell’aggressione di un poliziotto. La Cina non ha indicato quanti altri tibetani siano in attesa di processo, mentre gli esuli del Paese parlano di centinaia di detenuti.

Sempre oggi è stato riaperto il monastero Sera a Lhasa, chiuso insieme ad altri dall’epoca delle proteste. Nelle regione è in corso una campagna educativa, che chiede ai monaci una formale abiura contro il Dalai Lama e l’accettazione del Panchen Lama “scelto” da Pechino (quello indicato secondo la tradizione dal Dalai Lama è “scomparso” dal 1995).

Per la repressione in Tibet ci sono state proteste in tutto il mondo al passaggio della torcia olimpica di Pechino, che oggi è a Ho Chi Minh City (Vietnam). Circa 60 tedofori la porteranno dalla Opera Hall fino a uno stadio militare, per  un percorso non rivelato. Anche se due persone sono state arrestate, non si aspettano proteste nel Paese comunista, come non ce ne sono state ieri nella repressiva Corea del Nord.

Le proteste inTibet erano iniziate il 10 marzo, guidate da monaci buddisti, e sono esplose a seguito dell’intervento violento delle forze dell’ordine. Pechino ammette almeno 18 civili e un poliziotto morti, per colpa dei dimostranti, oltre a 382 feriti civili e 241 poliziotti; mentre i gruppi pro-Tibet indicano oltre 140 persone uccise dalla polizia. A seguito delle diffuse critiche internazionali, nei giorni scorsi Pechino ha annunciato prossimi colloqui con rappresentanti del Dalai Lama, leader spirtiruale tibetano, per alleviare la tensione nella regione. Ma in seguito i media cinesi hanno proseguito le accuse contro la “cricca” del Dalai Lama, raffigurato come pericoloso terrorista e separatista.

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