09/03/2009, 00.00
LIBANO
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Ancora polemiche sulla “Carta dell’azione politica” dei cristiani libanesi

Il documento affronta l’etica dell’esercizio del potere politico e il rapporto di tale potere con la Chiesa, misura gli apazi di collaborazione, afferma il principio della laicità dello Statao, sottolineando la reciproca indipendenza ed evidenzia i rapporti tra l’azione politica e la dignità dell’uomo, i diritti umani e il bene comune.
Beirut (AsiaNews) – Non cessa di suscitare reazioni, soprattutto negli ambienti cristiani, la “Carta dell’azione politica”, pubblicata il 6 marzo dalla Chiesa maronita, d’accordo con le altre cofessioni cristiane libanesi. Ancora ieri, l’ex presidente Amin Gemayel ne ha difeso valore e significato di fronte alle reazioni negative di ambienti che, a suo avviso, mirano a “sradicare” le fondamenta del Paese, attaccando il Patriarcato così come l’esercito e le istituzioni statali.
 
La Carta, in realtà, vista nella prospettiva delle elezioni di giugno, trae origine dalle raccomandazioni sia del sinodo della Chiesa maronita, sia da quelle della sessione comune delle Chiese cattoliche, ortodosse ed evangeliche del marzo 2008. Essa affronta l’etica dell’esercizio del potere politico e il rapporto di tale potere con la Chiesa, misura gli apazi di collaborazione, afferma il principio della laicità dello Stato, sottolineando la reciproca indipendenza ed evidenzia i rapporti tra l’azione politica e la dignità dell’uomo, i diritti umani e il bene comune.
 
Notando che la vita politica ha “deviato” dalla retta via, e che è necessario correggere tale rotta, essa mira a mettere gli uomini politici di fronte alle loro responsabilità e a definire i criteri – ed è questa la parte che ha sollevato maggiori contestazioni - che dovrebbero orientare i cittadini a scegliere i loro rappresentanti politici, per controllare la loro gestione e per chiederne conto.
 
Nella prima parte, la Carta definisce i principi relativi alla politica, , considerata come “una nobile arte al servizio dell’uomo e del bene comune”, al rapporto tra Chiesa e Stato, alla partecipazione dei cittadini alla vita politica. La seconda parte è dedicata al Libano, come patria con la sua specificità e i suoi valori, la sua formula di coesistenza, la responsabilità comune nella costruzione di uno Stato civile e democratico. Nella terza parte, infine, essa elabora i principi affermati in precedenza ed enumera le regole dell’azione politica.
 
Vi si afferma, tra l’altro, che “esistono principi sui quali si fonda la pratica democratica. Sono: la verità, dalla quale discende il rapporto tra i governanti e i cittadini; la trasparenza e l’imparizalità nell’amministrazione pubblica; il rispetto dei diritti degli avversari politici; la protezione dei diritti degli imputati vittime di condanne arbitrarie; il giusto uso dei fondi pubblici; il rifiuto di mezzi equivoci e illeciti per conquistare, conservare e accrecere a tutti i costi il proprio potere, a detrimento del bene comune”.
 
C’è poi una specificazione che riguarda la “specificità” del Libano che è “una repubblica democratica parlamentare, fondat sul rispetto delle libertà pubbliche, in cima alle quali c’è la libertà di opinione e di coscienza, sulla giustizia sociale e sull’eguaglianza dei diritti e dei doveri fra tutti i cittadini, senza distinzioni né preferenze”. “Nessuna legittimità è riconosciuta a una autorità che contraddice il patt di vita comune. Il carattere definitivo dell’entità libanese mette tutti i libanesi che vi hanno una presenza fondante davanti a un sacro dovere che è quello di difenderne l’indipendenza, la piena sovranità, la libertà dei suoi figli di prendere le proprie decisioni fondamentali e di fare fronte a ogni tentativo di occupazoione del suo territorio e di attentato alla sua sovranità”. (PD)
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