09/03/2007, 00.00
CINA
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Appello dei cattolici di Pechino: Salvateci dal saccheggio dei beni della Chiesa

Mentre al Parlamento cinesi si vara la legge sulla proprietà privata, membri del Partito e delle associazioni patriottiche si stanno impossessando delle proprietà della Chiesa. A Pechino, la signora Chen Maoju, molto vicina al vescovo patriottico. Fu Tieshan, ha creato perfino un’azienda intestata a suo nome.

Roma (AsiaNews) – “Aiutateci a salvare un edificio della Chiesa!”: un appello accorato è giunto da Pechino alla redazione di AsiaNews per domandare il rispetto dei diritti dell’arcidiocesi di Pechino e per frenare “il selvaggio saccheggio che viene operato verso le proprietà della Chiesa, proprio mentre all’Assemblea nazionale del popolo si discute una legge che protegga la proprietà privata”.

L’edificio che si vuole saccheggiare ed espropriare ingiustamente è situato al numero 81 della Chao Wai Da Jie, nel centro storico e commerciale della metropoli. L’area è definita “la zona d’oro”, perché si trova lungo la circonvallazione del “secondo anello (er huan)”  che racchiude il centro storico della capitale, dove gli edifici costano almeno 1400 euro al metro quadro.

L’edificio – molto famoso – è costituito da due villette in stile occidentale, costruite all’inizio del ‘900. Esse erano proprietà di una ricca cattolica francese. Prima di lasciare la Cina, essa lo ha donato all’arcidiocesi di Pechino.

Come tutte le proprietà ecclesiali, durante la Rivoluzione culturale era stato requisito dal governo, e poi ritornato alla Chiesa, dopo le aperture di Deng Xiaoping.

Ma la bellezza dell’edificio ha sempre fatto gola a tanti burocrati senza scrupoli. Dieci anni fa alcuni imprenditori e membri del Partito lo avevano occupato per requisirlo. Ma i sacerdoti e i seminaristi di Pechino hanno fatto per giorni un sit-in attorno alle due villette, intonando canti e il rosario in pubblico per ottenere l’intervento dello Stato.

Allora il pericolo è stato scampato, ma l’appello dice che “come dieci anni fa, oggi la storia si ripete” perchè un gruppo sta tentando di far firmare la “cessione” dell’edificio all’amministrazione della diocesi. I cattolici puntano il dito contro una donna “molto vicina” al vescovo patriottico di Pechino, la signora Chen Maoju,che per divenirne proprietaria, sta minacciando le persone incaricate con ritorsioni e perfino sequestri.

La signora Chen Maoju è molto famosa a Pechino e viene soprannominata “la mandarina grassa” (pang juzi), perché approfittando di un lungo periodo di malattia di mons. Fu ha comprato e venduto beni dell’arcidiocesi – non si sa con quale permesso – tanto che i cattolici l’accusano di aver trasformato la Chiesa in una “azienda della signora Fu”.

Espropri e requisizioni ingiustificate sono all’ordine del giorno nella Chiesa cinese.

Nel novembre 2005, 16 suore sono state picchiate da un gruppo di “teppisti” a Xian, per aver difeso una scuola della diocesi che il governo locale aveva già venduto ad alcuni imprenditori. Nel dicembre dello stesso anno a Tianjin è avvenuto un fatto simile: 50 preti delle diocesi di Yuci e di Taiyuan sono stati bastonati per aver difeso un edificio di proprietà delle due diocesi che l’Ufficio affari religiosi voleva vendere intascando il ricavato. Tutti questi beni servono alla Chiesa per sostenere le spese di sostentamento e per la missione nelle zone più povere dell’interno.

Secondo la legge cinese, dopo il sequestro avvenuto durante la Rivoluzione Culturale, chiese, scuole, ospedali, università, biblioteche, edifici dovrebbero essere restituiti alla Chiesa cattolica.

Il 1° marzo 2005, i nuovi regolamenti per gli Affari religiosi riaffermano questo principio. Al numero 30 si afferma: "la legge protegge i terreni utilizzati in modo legittimo dalla comunità religiosa e il luogo dove si pratica il culto; protegge proprietà e utilizzo legittimo di case, edifici, strutture e di tutte le proprietà e i redditi. Nessuna organizzazione o individuo può impossessarsene, ostacolare, dividere illegalmente, danneggiare oppure apporre i sigilli, sequestrare, congelare, espropriare, offendere la proprietà legittima della comunità religiosa e i luogo di culto; non si può danneggiare gli oggetti archeologici che appartengono, o che sono utilizzati dalla comunità religiosa".

Fino ad ora, però, i “controllori” della Chiesa  - Associazioni patriottiche e Uffici affari religiosi – continuano ad intestare a proprio nome le proprietà, vendendole, trasformandole in alberghi e intascando i ricavati. Secondo i dati dell’Holy Spirit Study Centre di Hong Kong, i beni ingiustamente intascati e non ritornati si aggirano sui 130 miliardi di yuan (circa 13 miliardi di euro).

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