11/08/2017, 15.53
HONG KONG - CINA
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Attivista di Hong Kong ‘torturato’ da ‘agenti della Cina’: spediva una cartolina di Lionel Messi a Liu Xia

Howard Lam è stato rapito e picchiato. Le sue gambe infilzate con graffette. L’episodio ricorda i rapimenti dei cinque editori e librai di Hong Kong, tenuti per mesi sotto custodia di poliziotti in Cina. Il Partito democratico continua la sua campagna per liberare Liu Xia, la moglie di Lui Xiaobo, lasciato morire circa un mese fa dalle autorità cinesi.

Hong Kong (AsiaNews/Agenzie) - Un attivista del Partito democratico, Howard Lam Tsz-kin, ha rivelato stamane che egli è stato rapito ieri a Yau Ma Tei da alcune persone cinesi del continente, poi bendato, picchiato, torturato con l’inserimento di graffette sulle gambe e infine lasciato incosciente su una spiaggia di Sai Kung.

L’attivista sostiene che egli ha subito tale sorte per aver voluto spedire una cartolina firmata dal giocatore Lionel Messi a Liu Xia, la moglie del grande dissidente Liu Xiaobo lasciato morire di cancro in carcere il 13 luglio scorso. Per Liu Xiaobo, Lionel Messi era il più grande giocatore di calcio.

Ad una conferenza stampa tenuta stamane, egli ha spiegato di aver parlato del suo progetto con un suo conoscente della Cina e questi lo ha avvertito di non farlo. I suoi rapitori gli avrebbero detto: “Devi pagare per aver ignorato l’avvertimento”.

Il gesto sembra opera di teppisti, anche se motivato politicamente. Molti gruppi democratici ad Hong Kong continuano una campagna perché venga liberata Liu Xia, della quale si è persa ogni traccia dopo la morte di suo marito.

La tortura di Lam pare essere una minaccia per diffondere la paura nel territorio. Il fatto ricorda da vicino i rapimenti dei cinque editori e librai che nel recente passato sono stati rapiti e tenuti in custodia della polizia in Cina per mesi, per aver osato pubblicare libri critici della leadership cinese.

L’attivista detto che i suoi rapitori lo hanno accusato di “non amare la patria” e ha mostrato ai giornalisti le gambe con le 20 graffette infilzate nella pelle, tutte a forma di croce perché, ha detto, “volevano darmi la croce, dato che sono cristiano”.

Gli atri membri del Partito democratico ad Hong Kong suppongono che la paternità dell’episodio sia da attribuire a qualche “potente autorità della Cina” (forse anche nemica di Xi Jinping, che ha visitato Hong Kong lo scorso 1° luglio) e si sono ripromessi di continuare a domandare la libertà per Liu Xia. Altri partiti puntano il dito all’incapacità della polizia di Hong Kong di garantire la sicurezza dei loro cittadini, mentre sembrerebbe che i servizi segreti della Cina possano agire indisturbati nel territorio un tempo garantito dal principio “una nazione, due sistemi”.

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