01/12/2015, 00.00
THAILANDIA - ASIA
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Attivisti ed esperti alle nazioni del Sud-est asiatico: fermare la tragedia dei boat-people

L’Organizzazione internazionale per le migrazioni lancia un appello contro la tratta. I governi dell’area devono impedire che si ripeta la crisi dei mesi scorsi, che ha causato centinaia di vittime. L’auspicio di una “piena collaborazione” e di una politica improntata “all’accoglienza”. Nei prossimi giorni a Bangkok previsto un summit regionale.

Bangkok (AsiaNews/Agenzie) – Le nazioni del Sud-est asiatico devono mostrare maggiore umanità e accoglienza nel trattare i migranti che cercano riparo sulle coste dei vari Paesi, in particolare Thailandia, Indonesia e Malaysia, evitando il ripetersi di tragedie come quelle dei mesi scorsi. I governi dell’area devono intervenire in modo efficace e concreto, scongiurando le centinaia di morti in mare o nei campi di “accoglienza” sparsi nella giunga. Ad affermarlo sono gli esperti dell'Omi (Organizzazione internazionale per le migrazioni), nell’appello lanciato oggi alle nazioni della regione, in cui chiedono “piena cooperazione” per risolvere una crisi in tutto simile a quella vissuta dall’Europa con i profughi provenienti da Siria e Iraq.

Migliaia di persone, in maggioranza musulmani Rohingya dal Myanmar, insieme a lavoratori migranti del Bangladesh (i moderni boat-people), sono stati soccorsi nel mare delle Andamane e al largo delle coste di Indonesia, Malaysia e Thailandia nei mesi scorsi. Un dramma acuito dal giro di vite imposto da Bangkok - vero e proprio crocevia della tratta - sul commercio di vite umane, dopo la scoperta di una fossa comune nei pressi del confine con la Malaysia in cui erano sepolti decine di Rohingya.

La situazione è quindi precipitata con la politica dei respingimenti adottata - e sconfessata in un secondo momento, al termine di un vertice fra ministri degli Esteri - da Jakarta e Kuala Lumpur. In piena emergenza migranti,  il governo (militare) al potere in Thailandia si è attivato per cercare di risolvere la crisi, promuovendo una serie di incontri a livello di governi regionali e organizzazioni internazionali, nel tentativo di trovare una risposta comune.

Ottobre e novembre segnano l’inizio del periodo “di navigazione”, sfruttato dai trafficanti di vite umane per trasportare i migranti attraverso il mare delle Andamane e la baia del Bengala. Esso dura circa quattro mesi e coincide con il punto massimo nella tratta di profughi, lavoratori migranti e richiedenti asilo. “Chiediamo operazioni sicure in fase di sbarco e un trattamento umano” ha dichiarato Joe Lowry, portavoce Omi per l’Asia-Pacifico. Nei prossimi giorni proprio la Thailandia ospiterà un vertice regionale per fare il punto sulla situazione e predisporre gli interventi per il futuro prossimo.

Dalla fine di settembre, con la fine della stagione di monsoni e la stabilizzazione del meteo, diverse imbarcazioni hanno ripreso a solcare i mari e trafficato già oltre mille persone attraverso la baia del Bengala. Al riguardo, l’esperto Omi Joe Lowry sottolinea che i flussi migratori stanno cambiando: “La gente sempre con sempre maggior frequenza di andare direttamente in Malaysia, tagliando le fonti di profitto maggiori per i trafficanti”. 

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