30/09/2021, 10.14
IRAQ
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Baghdad, deputata cristiana: votare ‘doveroso’, cambiamento ‘marginale’

di Dario Salvi

Il10 ottobre la nazione alle urne per il rinnovo del Parlamento in un clima di sfiducia. La nuova Camera chiamata a scegliere il primo ministro e il presidente. Diverse le questioni irrisolte, dalla morte di attivisti alla corruzione diffusa. Rihan Hanna Ayoub esclude svolte radicali, ma condivide l’appello del patriarca alla partecipazione. Escluso uno scenario afghano per il Paese. 

Baghdad (AsiaNews) - Gli iracheni non guardano alle prossime elezioni politiche, in programma il 10 ottobre, come a un fattore di “cambiamento radicale”, ma “partecipare è doveroso” anche se l’apporto sarà “minimo e marginale”. È quanto spiega ad AsiaNews Rihan Hanna Ayoub, 37enne parlamentare cristiana del collegio di Kirkuk, secondo cui “il quadro rimarrà invariato” pure all’indomani del voto e non si registreranno “marcati progressi in senso positivo” nella vita quotidiana di un popolo da troppo tempo “misera”. Ancora oggi fra gli elettori non vi è grande conoscenza dei programmi dei vari partiti, mentre è evidente un clima generale di sfiducia e disinteresse verso una classe dirigente su cui pende l’accusa di incompetenza e corruzione. 

Le elezioni anticipate rispetto alla scadenza naturale della legislatura sono una risposta alle proteste divampate nell’autunno del 2019 contro caro-prezzi, disoccupazione, corruzione e crollo del servizio pubblico. Gli aventi diritto al voto sono quasi 25 milioni, chiamati a scegliere i 329 deputati del Parlamento unicamerale su 3.200 candidati sparsi in 83 collegi elettorali. Il voto, previsto in un primo momento a giugno, è poi slittato al 10 ottobre per problemi organizzativi e di sicurezza.

La maggioranza necessaria per procedere alla formazione del nuovo governo è fissata a quota 165. La neo-eletta Camera sarà poi chiamata ad eleggere il presidente e il premier. Il 25% degli scranni parlamentari è riservato alle donne, ma la rappresentatività, il peso politico e la presenza all’interno delle massime cariche dello Stato è ancora oggi molto limitata. “Purtroppo - conferma Rihan Hanna Ayoub - in Iraq le donne sono ancora oggi private della partecipazione nel processo decisionale”. A tre anni dall’ultima tornata, nel maggio 2018, restano diverse questioni irrisolte. Prima fra tutte la morte, il sequestro o le intimidazioni ad attivisti ed esponenti della società civile. Anche questo è fonte di scontento, soprattutto fra i giovani, e alimenta spaccature.  

Per quanto riguarda la comunità cristiana, secondo Ayoub “le aspettative non sono molto diverse da quelle di tutta la società irachena” che resta in attesa di un “vero cambiamento” da attuare “dall’interno del panorama politico”. Tuttavia, avverte, si tratta di un discorso più ampio e le elezioni di per sé “non produrranno un’evoluzione significativa”. Resta però fondamentale la tappa elettorale, come ha sottolineato di recente il patriarca caldeo: “Rilanciamo l’appello [del cardinale] - sottolinea la parlamentare - per una partecipazione in massa a garanzia della legittimità del voto”, che deve essere più forte “della sfiducia in una fetta della popolazione”.

La deputata cristiana è nata a Zakho, nel Kurdistan iracheno, e sta per concludere la sua prima legislatura. Laureata in Giurisprudenza all’università di Dohuk nel 2006, prima dell’ingresso in Parlamento ha svolto la professione forense praticando in tutti i rami del diritto. Potrà cambiare “una manciata di voti” rispetto alla precendete tornata, ma questo “non deve impedire di arrivare a un consenso diffuso attorno al nuovo esecutivo”, perché “se le forze politiche non saranno in grado di formare una compagine di governo solida, sarà l’Iraq a pagarne le conseguenze entrando in un tunnel lungo e buio”. Malgrado ciò, Ayoub non teme uno “scenario afghano” per l’Iraq pur dovendo mantenere alta l’allerta sui movimenti estremisti: “Possiamo contare su elementi di grande potere e forza - sottolinea - grazie ai quali possiamo affermare che il Paese non perderà la sua anima, l’essere iracheno nel profondo. Ciò detto, una ritirata delle truppe internazionali avrà un impatto negativo, perché permetterà a gruppi e organizzazioni fuorilegge di acquistare maggiore potere di coercizione, se non vi saranno forze in campo sufficienti per contrastarli”.

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