18/08/2014, 00.00
IRAQ
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Baghdad: ripresa la diga di Mosul, gli islamisti smentiscono. Appello della Chiesa caldea pro sfollati

I peshmerga e le truppe dell'esercito, con il sostegno dei raid Usa, avrebbero riconquistato il mega-impianto, strategico per i rifornimenti nel nord. Le milizie dello Stato islamico affermano di aver respinto l’offensiva. Dall’area giungono voci di nuovi combattimenti. Berlino contraria alla creazione di un Kurdistan indipendente. Il Patriarca Sako e il card Filoni incontrano i rifugiati.

Erbil (AsiaNews) - I Peshmerga curdi e le truppe dell'esercito irakeno avrebbero riconquistato il controllo della diga di Mosul, sottraendola alle milizie dello Stato islamico (Is) che l'avevano catturata il 7 agosto scorso. Il portavoce militare di Baghdad Qassim Atta riferisce che la centrale, la più importante del Paese, sarebbe tornata nelle mani delle autorità irakene nelle prime ore di oggi. A favorire l'avanzata delle truppe di terra, aggiunge l'alto ufficiale dell'esercito, una serie di raid dell'aviazione; egli non intende però chiarire l'eventuale partecipazione di caccia statunitensi durante l'operazione. Se confermata, sarebbe la sconfitta più importante inflitta alle milizie islamiste dal giugno scorso, quando è iniziata l'offensiva per la conquista del nord dell'Iraq. 

Tuttavia, a dispetto dei proclami governativi dalla zona giungono notizie di combattimenti ancora in corso e i ribelli jihadisti starebbero ancora controllando l'ingresso principale della struttura. Una dichiarazione ufficiale dei vertici del Califfato vuole smentire le rivendicazioni militari, sottolineando di aver respinto i combattenti curdi e di aver inflitto pesanti perdite. 

La diga di Mosul riveste un'importanza strategica per l'Iraq: essa sorge sul fiume Tigri, circa 50 km a nord della seconda città per importanza del Paese e prima a cadere nelle mani dei miliziani islamisti. Costruita negli anni '80, essa controlla le risorse idriche e l'erogazione di energia elettrica di una vasta area nel nord della nazione; il cedimento della struttura, o una sua distruzione da parte dell'Is, avrebbe esiti "catastrofici" che colpirebbero anche la capitale, Baghdad. 

Il presidente Usa Barack Obama ha confermato il via libera a una serie di raid aerei "limitati", finalizzati alla riconquista della diga e alla protezione degli interessi strategici di Washington nell'area. Essi sono iniziati il 15 agosto scorso, dietro richiesta del governo irakeno, e sarebbero finalizzati solo alla "riconquista" della diga di Mosul, un sito dall'importanza strategica anche per gli Stati Uniti.

Nell'ultimo periodo la Casa Bianca ha rafforzato il suo sostegno al governo autonomo della regione curda, alimentando peraltro le mire indipendentiste delle autorità locali che fin dall'inizio dell'offensiva degli islamisti hanno prospettato la divisione in tre parti dell'Iraq. Diversa la posizione di alcuni governi europei, in testa la Germania, che si oppone con forza alla formazione di uno Stato indipendente curdo. Per il ministro tedesco degli Esteri Frank-Walter Steinmeier esso "destabilizzerebbe" l'intera regine e sarebbe fonte di "nuove tensioni", per questo è essenziale "preservare l'integrità territoriale dell'Iraq". 

Mentre a Baghdad si gioca la lotta per il potere e la comunità internazionale si divide sulle sorti del Paese arabo, nel nord continua a consumarsi il dramma dei profughi in fuga dagli islamisti e la carneficina di quanti finiscono nelle loro mani. Nel fine settimana almeno 80 uomini della minoranza Yazidi sarebbero stati uccisi; le donne e i bambini imprigionati o venduti nei mercati, in condizioni di schiavitù. Le violenze hanno sinora causato circa 1,2 milioni di sfollati nel solo Iraq, mentre nelle ultime due settimane nella provincia siriana di Deir Ezzor i miliziani sunniti avrebbero ucciso oltre 700 tribali che si opponevano al loro dominio. 

Intanto la Chiesa caldea irakena lancia un nuovo appello alla comunità internazionale, perché intervenga in aiuto alle famiglie di sfollati in fuga da Mosul, dalla piana di Ninive e da Sinjar. L'inviato personale di Papa Francesco in Iraq, il card Fernando Filoni, e il Patriarca di Baghdad Mar Louis Raphael I Sako hanno diffuso un comunicato congiunto in tre punti, in cui chiedono: interventi immediati per portare aiuti di prima necessità, fra cui acqua e cibo; la liberazione dei luoghi occupati e il rientro dei profughi; la protezione internazionale dei villaggi, per garantire pace e sicurezza. Nel fine settimana Mar Sako e il porporato hanno anche incontrato i leader politici curdi e visitato i rifugiati cristiani e Yazidi nelle province di Duhok e Erbil.

 

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