31/08/2016, 12.02
BANGLADESH
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Bangladesh, uccisa la “mente” dell’attentato a p. Parolari

di Sumon Corraya

Khaled Hasan ha organizzato il tentato omicidio del missionario italiano. P. Pietro è sopravvissuto ai colpi di pistola che gli hanno attraversato la nuca e ad una brutta caduta, che ha provocato la rottura di varie costole. Nel covo del terrorista ritrovate pistole, bombe fatte a mano e altro materiale esplosivo. I missionari del Pime vivono ancora sotto scorta.

Bogra (AsiaNews) – La polizia del Bangladesh ha ucciso ieri due militanti, tra cui la “mente” dell’attentato contro p. Piero Parolari, missionario del Pime (Pontificio Istituto Missioni Estere) da anni residente nel Paese. Il mandante del tentato omicidio del sacerdote italiano è stato identificato come Khaled Hasan, 30 anni, mentre il secondo terrorista ucciso è Ripon, alias Golam Tareque, di 29 anni. La conferma dell’uccisione è stata data dalla polizia di Bogra. Il sovrintendente Gaziur Rahman ha dichiarato: “Khaled Hasan era il comandante militare nella regione settentrionale, colui che ha architettato l’attacco contro il missionario”.

I militanti sono rimasti vittime in uno scontro a fuoco con gli agenti all’intersezione di Noluabari, nel distretto di Bogra (nel nord-ovest del Bangladesh). Nella loro abitazione i poliziotti hanno sequestrato pistole di provenienza estera, proiettili, due bombe fabbricate in casa e altro materiale esplosivo. Nel fuoco incrociato sono rimasti feriti anche due agenti, ora ricoverati in ospedale.

P. Parolari, 64 anni, è sopravvissuto ad un attentato a Dinajpur lo scorso 18 novembre.

Le autorità locali hanno subito riconosciuto la matrice islamica del tentato omicidio, confermata in seguito dall’arresto e dalla confessione di uno degli esecutori materiali. L’uomo ha dichiarato di essere membro del gruppo fondamentalista islamico Jamaat-ul-Mujiahideen, fondato nel 1998 e bandito dal governo nel 2015.

In seguito all’attentato, p. Piero è tornato in Italia per un lungo periodo di convalescenza. In Bangladesh i suoi confratelli vivono tutt’oggi sotto scorta, disposta fin dalle prime ore successive all’aggressione. Il provvedimento è stato confermato proprio nei giorni scorsi, a testimonianza di un clima di perdurante insicurezza.

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